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fatti & commenti<br />

Il ministro Rotondi<br />

contro la pausa<br />

pranzo: secondo<br />

lui, fa male<br />

“L<br />

a pausa pranzo è un danno per<br />

il lavoro, ma anche per l'armonia<br />

della giornata. Non mi è mai piaciuta<br />

questa ritualità che blocca tutta<br />

l'Italia”: lo ha detto Gianfranco<br />

Rotondi, ministro per l'Attuazione del<br />

programma di governo, intervistato<br />

da Klaus Davi su YouTube. Per Rotondi,<br />

la pausa dedicata al pranzo coincide<br />

proprio con le “ore più produttive”.<br />

Casomai sarebbe meglio distribuirla<br />

in modo diverso, come avviene<br />

negli altri Paesi. In Germania, ad<br />

esempio, per incentivare la produttività<br />

la pausa pranzo in alcuni posti di<br />

lavoro dura mezz'ora, mentre si estende<br />

a 45 minuti per chi lavora oltre le 9<br />

ore. Tuttavia, secondo un recente sondaggio,<br />

un quarto dei tedeschi trascorre<br />

la propria pausa pranzo lavorando.<br />

Anche in Inghilterra molti<br />

dipendenti vi rinunciano o la riducono,<br />

sia nei minuti che nel numero di<br />

pause nel corso dell'intera settimana.<br />

Negli ultimi due anni, infatti, si è scesi<br />

da una media di 3,5 pause a settimana<br />

del 2006 a 3,3 nel 2008. Addirittura<br />

meno di 3 per le donne. In Francia lo<br />

statuto dei lavoratori riconosce 20<br />

minuti ogni 6 ore, mentre in America<br />

la pausa pranzo non è proprio prevista<br />

dalla legge federale ed è regolamentata<br />

autonomamente dai singoli<br />

Stati, mentre in Canada e Svezia si<br />

pranza davanti alla scrivania».Pagliarini<br />

(Pdci): ma Rotondi ha mai lavorato?<br />

«Ma Rotondi ha mai lavorato? - attacca<br />

Gianni Pagliarini, responsabile<br />

Lavoro del Pdci - A furia di frequentare<br />

gli amici degli imprenditori anche<br />

Rotondi adesso ragiona come loro. Il<br />

Pdl ha così poca considerazione dei<br />

lavoratori che tutto ciò che è un loro<br />

diritto diventa un fastidio. Rotondi<br />

capisca che chi blocca l'Italia è il suo<br />

governo e non la pausa pranzo dei<br />

lavoratori».<br />

L'<br />

Il caffè espresso chiede<br />

la protezione dell'IGP<br />

Indicazione Geografica<br />

Protetta è l'unico strumento<br />

di tutela efficace per<br />

difendere l'espresso italiano<br />

perché lo lega al suo territorio.<br />

Il consiglio di amministrazione<br />

dell'Istituto Nazionale Espresso<br />

Italiano ha deliberato di procedere<br />

alla richiesta dell'Indicazione<br />

Geografica Protetta (IGP)<br />

per l'espresso italiano in sede<br />

comunitaria. Con questa decisione<br />

l'Istituto intende rafforzare<br />

la tutela del prodotto, che<br />

già attua da oltre dieci anni con<br />

una certificazione sensoriale.<br />

"L'IGP è l'unica strada percorribile<br />

per una seria ed efficace<br />

azione di protezione dell'italianità<br />

dell'espresso - ha affermato<br />

Gianluigi Sora, presidente<br />

dell'Istituto Nazionale Espresso<br />

Italiano - L'IGP prevede infatti<br />

uno stretto legame tra la filiera<br />

e il territorio di origine del prodotto.<br />

A differenza di altre<br />

forme di tutela stabilite dalla<br />

CE, l'IGP garantirà al consumatore<br />

che l'espresso che berrà sia<br />

stato realizzato con miscele di<br />

caffè solo italiane e con attrezzature<br />

professionali solo made<br />

in Italy".<br />

"Il caffè è la seconda commodity<br />

a livello mondiale e l'espresso,<br />

soprattutto negli ultimi<br />

anni, ha conosciuto una<br />

forte crescita su tutti i mercati<br />

internazionali - ha proseguito<br />

Sora - Ma quando si parla di<br />

espresso italiano le sue caratteristiche<br />

sono ben specifiche e<br />

già tutelate dal nostro disciplinare<br />

tecnico. Riteniamo sia arrivato<br />

il momento di rafforzare<br />

questa tutela proprio avvalendoci<br />

dell'IGP".<br />

La produzione di carne<br />

inquina l'ambiente?<br />

impatto ambientale del<br />

L' consumo di carne è<br />

molto più devastante di quanto<br />

non si sia pensato fino ad ora.<br />

Lo affermano gli scienziati americani<br />

Robert Goodland e Jeff<br />

Anhang, co-autori di Livestock<br />

and Climate Change, uno studio<br />

pubblicato sull'ultimo numero<br />

dell'autorevole World Watch<br />

magazine dove affermano che<br />

oltre metà dei gas serra (o GHG)<br />

prodotti oggi dall'uomo sono<br />

emessi dagli allevamenti industriali<br />

di bestiame.<br />

Già nel suo dossier del 2006<br />

Livestock's long shadow (La<br />

lunga ombra del bestiame) la<br />

Fao aveva attestato come il settore<br />

della produzione di carne<br />

sia causa del 18% delle emissioni<br />

totali di gas serra dovute alle<br />

attività umane: una percentuale<br />

simile a quella dell'industria e<br />

molto maggiore di quella dell'intero<br />

settore di trasporti (che<br />

ammonta a un 13,5%).<br />

Ma secondo le più recenti rilevazioni<br />

effettuate da Goodland<br />

e Anhang il bestiame e i suoi<br />

sottoprodotti immettono nell'atmosfera<br />

oltre 32.6 miliardi di<br />

tonnellate di biossido di carbonio<br />

all'anno, ovvero il 51 %<br />

delle emissioni di GHG prodotte<br />

annualmente nell'intero pianeta.<br />

La conclusione dei due ricercatori<br />

è drastica quanto inevitabile:<br />

“Per invertire il devastante<br />

trend che sta inesorabilmente<br />

modificando il clima del pianeta<br />

Terra basterebbe sostituire i<br />

prodotti animali con quelli a<br />

base di soia o di altre colture<br />

vegetali. “Questo approccio<br />

avrebbe effetti molto più rapidi<br />

sulle emissioni di GHG e sull'effetto<br />

serra di qualsiasi altra iniziativa<br />

per rimpiazzare i combustibili<br />

fossili con energia rinnovabile”,<br />

affermano i due esperti.<br />

GiG IX

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