11.04.2018 Views

FuoriAsse_n_22

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

dell’autore, che diventano perciò Luoghi<br />

di silenzio, poesia che chiude la raccolta.<br />

Il silenzio di Amedeo Anelli è infatti il<br />

silenzio di pianura delle sue terre (delle<br />

nostre, dovrei dire), il silenzio della campagna<br />

e della neve che si fa “poltiglia e<br />

gelo” (Notturno, il secondo), degli “alberi<br />

scuri rosso mattone” e di quelli “color antracite”<br />

(Villa Barni) o di quelli-ocra che<br />

fuggono nella nebbia (Melegnanello). Ed è<br />

il silenzio della nebbia, dunque, della<br />

“densa nebbia nella luce che cala e annotta”<br />

o del “pioppeto a specchio sulla<br />

curva che disegna un limite alle parole e<br />

allo sguardo” (Tessuto i corpi), dei “campi<br />

prima allagati nella coltre di neve dove<br />

ora spuntano stoppie” (Versi in treno).<br />

E se nella silloge il silenzio campeggia<br />

quasi ossessivo in ben 36 occorrenze, la<br />

forza di questa poesia deriva proprio dalla<br />

forza evocativa di un silenzio che si fa<br />

parola, esatto preciso misurato connubio<br />

di silenzio e pensiero: parola appunto,<br />

“cosa della mente” (Nella luce delle parole,<br />

nell’ombra del mondo – Variazione I),<br />

e dunque forma: “silenzio fatto forma dal<br />

silenzio” (Anima), “silenzio come forma<br />

disegno” (ancora Nella luce delle parole –<br />

Nella forma del mondo – Variazione I).<br />

Così, attraverso il paradosso del silenzio,<br />

la silloge diventa testimonianza della<br />

forza temeraria della parola, della sua<br />

capacità di dire fermando l’ineffabile nell’istante<br />

in cui si manifesta nel “fiato<br />

intenso della sosta” mentre si guarda “il<br />

velo di nebbia sui campi” (ancora Villa<br />

Barni).<br />

È, del resto, quello che già semplicemente,<br />

ma con una densità che si fa<br />

intensità, ricchezza, potenza della parola,<br />

esprime il titolo stesso della silloge,<br />

Neve pensata, dove il participio suona<br />

quasi come il tentativo di fermare nel<br />

fotogramma del pensiero il trascorrere<br />

della neve, il suo discorrere. Il sintagma<br />

infatti è lì, sospeso nel bianco della<br />

pagina, a testimoniare il suo compito<br />

FUOR ASSE 114<br />

impossibile, quello di fermare neve e pensiero,<br />

la neve nel pensiero, il pensiero<br />

nell’attimo in cui pensa il suo oggetto,<br />

la neve, e per un attimo lo ferma (come<br />

un fiocco su una mano diremmo ancora<br />

con l’autore), nel flusso del suo ac-cadere,<br />

del suo sciogliersi, del suo trascorrere<br />

in altro.<br />

Per questo, forse, in molti luoghi della<br />

raccolta questa «parola-neve-pensiero»<br />

manifesta anche l’esigenza del contatto<br />

con i corpi, ad esempio laddove “la parola<br />

si è sciolta e vedi precipita” (Solo visione,<br />

solo tempo), o perché “spunteranno nuove<br />

foglie e la densità del silenzio crescerà<br />

come un corpo” (Notenbuchlein) e perché,<br />

ancora, “se le idee sono le porte, il Corpo<br />

è più forte” (Per le cinque dita – Cinque<br />

sentenze in forma arcaica). Ma non si<br />

tratta solo di quel contatto astratto attraverso<br />

le immagini che le parole sanno<br />

evocare, “da corpi – immagine a corpi –<br />

immagine” (Controtempi su Beslan), quan -<br />

to piuttosto di un contatto fisico, materiale<br />

appunto, dove “nell’inestinguibile di<br />

nebbia-neve-gelo la verità accade come<br />

Le recensioni di<br />

Cooperativa Letteraria

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!