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Ma la fame è<br />
peggio ancora<br />
di Roberto Barbolini<br />
Non ci dovete mica credere, ve’, che<br />
sono morto tra aspri duoli per non poter<br />
mangiar rape e fagioli! Il vecchio Bertoldo,<br />
scarpe grosse e cervello fino, è più<br />
arzillo che mai. È vero, mi ero stufato<br />
degli stufati, svicolavo carponi davanti<br />
alle carpe in carpione e auguravo<br />
“crepa!” alle crêpes. Sfido io: il re Alboino<br />
me ne aveva fatte mangiare a crepapancia<br />
e sentivo un po’ di nostalgia per la<br />
tavola contadina, quei bei piatti genuini<br />
cucinati alla buona che mi preparava la<br />
Marcolfa quando tornavo dai campi affamato<br />
come un lupo. Ma da qui ad andarmene<br />
all’altro mondo solo perché non<br />
potevo gustare una dieta a base di pan<br />
raffermo, cipolle e lattuga, oltre ai fagioli<br />
e alle rape (che fra l’altro non mi sono<br />
mai piaciute) vi assicuro che ce ne corre.<br />
Nessuno mi convincerà mai del contrario.<br />
Neppure quello strano cavaliere magro<br />
come una saracca, capitato un<br />
giorno a corte a cavallo d’un ronzino<br />
scalcagnato. Magro? È dire poco. Sosteneva<br />
d’aver combattuto maghi e giganti<br />
per amore d’una donzella, ma secondo<br />
me farneticava: certe diete vegane possono<br />
fare di questi effetti. Di punto in<br />
bianco mi propose di diventare il suo<br />
scudiero. Sul momento la cosa mi era<br />
sembrata fascinosa. A corte da un po’ di<br />
tempo mi annoiavo. Sedevo svogliato<br />
accanto al re dispensando consigli, motti<br />
e logore facezie. E la cosa cominciava a<br />
dare nell’occhio.<br />
©Makoto Saito<br />
«Non c’avrai mica la depressione?» mi<br />
chiese un bel giorno la Marcolfa, che da<br />
quando è a corte si tiene aggiornata<br />
sulle malattie di moda. Che ne so? Oltre<br />
al gozzo, al caghetto e alla pellagra, a noi<br />
villani al massimo ci viene la peste come<br />
ai maiali. La depressione non so neanche<br />
cosa sia, forse una specie di buca<br />
sdrucciolevole che quando ci finisci dentro<br />
non riesci più a venir fuori. E se fosse<br />
capitato a me di scivolare in quella buca?<br />
I grossi scranni su cui siedono i<br />
potenti non s’adattavano al mio culo plebeo.<br />
Le natiche mi pizzicavano come per<br />
dirmi: «Bertoldo, ascoltaci, è ora di mettersi<br />
in viaggio!». M’ero già deciso a partire<br />
alla ventura con quel cavaliere un<br />
po’ pazzo che andava in giro per il mondo<br />
a compiere eroiche imprese per amore<br />
della sua donzella, quand’ecco che mi<br />
torna in mente il motto che ripete<br />
sempre il mio amico Sandrone, un villano<br />
saggio quasi come me che abita dalle<br />
parti del Bosco di Sotto: «Ricordati, caro<br />
Bertoldo, che l’amore è una bella cosa,<br />
ma la fame è peggio ancora».<br />
FUOR ASSE<br />
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Il principio dell’iceberg