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FuoriAsse_n_22

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Ma la fame è<br />

peggio ancora<br />

di Roberto Barbolini<br />

Non ci dovete mica credere, ve’, che<br />

sono morto tra aspri duoli per non poter<br />

mangiar rape e fagioli! Il vecchio Bertoldo,<br />

scarpe grosse e cervello fino, è più<br />

arzillo che mai. È vero, mi ero stufato<br />

degli stufati, svicolavo carponi davanti<br />

alle carpe in carpione e auguravo<br />

“crepa!” alle crêpes. Sfido io: il re Alboino<br />

me ne aveva fatte mangiare a crepapancia<br />

e sentivo un po’ di nostalgia per la<br />

tavola contadina, quei bei piatti genuini<br />

cucinati alla buona che mi preparava la<br />

Marcolfa quando tornavo dai campi affamato<br />

come un lupo. Ma da qui ad andarmene<br />

all’altro mondo solo perché non<br />

potevo gustare una dieta a base di pan<br />

raffermo, cipolle e lattuga, oltre ai fagioli<br />

e alle rape (che fra l’altro non mi sono<br />

mai piaciute) vi assicuro che ce ne corre.<br />

Nessuno mi convincerà mai del contrario.<br />

Neppure quello strano cavaliere magro<br />

come una saracca, capitato un<br />

giorno a corte a cavallo d’un ronzino<br />

scalcagnato. Magro? È dire poco. Sosteneva<br />

d’aver combattuto maghi e giganti<br />

per amore d’una donzella, ma secondo<br />

me farneticava: certe diete vegane possono<br />

fare di questi effetti. Di punto in<br />

bianco mi propose di diventare il suo<br />

scudiero. Sul momento la cosa mi era<br />

sembrata fascinosa. A corte da un po’ di<br />

tempo mi annoiavo. Sedevo svogliato<br />

accanto al re dispensando consigli, motti<br />

e logore facezie. E la cosa cominciava a<br />

dare nell’occhio.<br />

©Makoto Saito<br />

«Non c’avrai mica la depressione?» mi<br />

chiese un bel giorno la Marcolfa, che da<br />

quando è a corte si tiene aggiornata<br />

sulle malattie di moda. Che ne so? Oltre<br />

al gozzo, al caghetto e alla pellagra, a noi<br />

villani al massimo ci viene la peste come<br />

ai maiali. La depressione non so neanche<br />

cosa sia, forse una specie di buca<br />

sdrucciolevole che quando ci finisci dentro<br />

non riesci più a venir fuori. E se fosse<br />

capitato a me di scivolare in quella buca?<br />

I grossi scranni su cui siedono i<br />

potenti non s’adattavano al mio culo plebeo.<br />

Le natiche mi pizzicavano come per<br />

dirmi: «Bertoldo, ascoltaci, è ora di mettersi<br />

in viaggio!». M’ero già deciso a partire<br />

alla ventura con quel cavaliere un<br />

po’ pazzo che andava in giro per il mondo<br />

a compiere eroiche imprese per amore<br />

della sua donzella, quand’ecco che mi<br />

torna in mente il motto che ripete<br />

sempre il mio amico Sandrone, un villano<br />

saggio quasi come me che abita dalle<br />

parti del Bosco di Sotto: «Ricordati, caro<br />

Bertoldo, che l’amore è una bella cosa,<br />

ma la fame è peggio ancora».<br />

FUOR ASSE<br />

152<br />

Il principio dell’iceberg

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