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©Alighiero e Boetti, Mappe, 1989<br />
una possibilità di ordinata percorribilità<br />
di tutte le terre, sono punti di armonia<br />
nati dalle mani di donne che ricuciono<br />
gli strappi geografici della guerra in tele<br />
concluse armonicamente, con ampi bordi:<br />
quasi cornici rinascimentali alla maniera<br />
di quelle del Vasari nella gallerie<br />
delle Mappe a Palazzo Vecchio di Firenze,<br />
colorate con iscrizioni in italiano o<br />
persiano con date e circostanze del lavoro,<br />
in bell’ordine. Ma subito Boetti<br />
scombina tutto e dichiara che fra Ordine<br />
e Disordine, salvo la particella dis,<br />
c’è uguaglianza.<br />
L’unica via d’uscita? Mettere al mondo<br />
il mondo, come si intitola una sua opera<br />
a biro del 1972. È il sogno di una rinascita,<br />
una volta liberatosi dalla vanità<br />
del creatore; una voglia di palingenesi o<br />
forse più banalmente di prendere un’altra<br />
sortita attraverso la porta di avorio,<br />
quella riservata ai sogni fallaci, per allontanarsi<br />
dalla commedia illogica del<br />
mondo osservando con sorpresa e ironia<br />
un arazzo, forse un tappeto volante. La<br />
moglie di Boetti, Anne Marie Sauzeau,<br />
nel saggio all’interno del catalogo della<br />
mostra Penelope’s labour - Weaving,<br />
Words & Images (Fondazione Giorgio<br />
Cini – Venezia – 2011), racconta che a<br />
Kabul «Boetti si presentava per semplificare<br />
le cose con il solo nome di battesimo,<br />
ma questo spesso veniva diviso in<br />
Ali-Ghiero o Ghiero Ali». Nomen Omen,<br />
dicevano i latini, cioè in ogni nome c’è il<br />
proprio destino. Chissà come si divertiva<br />
Boetti a sentirsi un Alì da Mille e una<br />
notte e a viaggiare su tappetti volanti,<br />
guardare dall’alto il caos, le guerre del<br />
mondo! A differenza di chi sta dentro i<br />
fatti orribili o brutali e che eleva d’istinto<br />
una barriera per giustificare tutta quella<br />
disumana enormità, chi ne è esterno,<br />
chi le vede da una lontananza, a volo<br />
d’uccello, di certo non ha le risposte all’insensatezza<br />
del male, ma ha il perfetto<br />
riconoscimento dell’insensatezza morale<br />
e la possibilità di denunciarla.<br />
Forse è per questo desiderio dell’altro<br />
mondo o di un mondo altro che l’artista<br />
FUOR ASSE<br />
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Riflessi Metropolitani