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El Anatsui, New World Map<br />
La composizione di El Natasui è abbagliante<br />
e aurea, fa cadere le mascelle<br />
dallo stupore perché dallo Shining dell’arazzo,<br />
dalla luccicanza per tradurre<br />
approssimativamente il titolo del film di<br />
Kubrick si passa allo stupore del mondo<br />
opaco della spazzatura. “Shine” era usato<br />
anche come termine denigratorio<br />
per la gente di colore e El Natasui gioca<br />
nei suoi arazzi proprio con l’ombra e il<br />
baleno. Sottili strisce di alluminio lucido<br />
e riflettente sono lavorate a losanghe,<br />
agganciate tra loro secondo una tecnica<br />
artigianale tradizionale ghanese usata<br />
per i tessuti di seta. Ma in questo<br />
mare d’oro di princisbecco, avvicinando<br />
lo sguardo alle forme dei continenti ci<br />
si accorge che sono composti di tappi<br />
schiacciati, scarti, rifiuti: derive di sporcizia<br />
come quelle grandi isole di plastica<br />
che impestano gli oceani. Ogni visitatore<br />
viene invitato a toccare l’opera, a crearne<br />
una piega, ingrandire un rigonfiamento<br />
tumorale, a dare il suo contributo<br />
allo sformarsi del mondo.<br />
L’Africa felix non c’è, si inabissa,<br />
o meglio rolla ammorbandosi delle migliaia<br />
di pezzi di spazzatura con cui è<br />
composta l’opera.<br />
Si può proporre il sogno di una mappa<br />
della felicità? Forse basta un piccolo<br />
falansterio ricamato nella semplicità di<br />
un “punto erba”.<br />
Detail of New World Map by El Anatsui.<br />
Photo courtesy MHC Art Museum<br />
FUOR ASSE<br />
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Riflessi Metropolitani