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Se in passato nell’era della Rivoluzione<br />
industriale la priorità era rispondere ai<br />
bisogni attraverso infrastrutture fisiche<br />
e la creatività richiesta era quella del<br />
sapere professionale di architetti, ingegneri<br />
e urbanisti, ora l’attenzione si<br />
focalizza sulle strategie, sulle politiche<br />
e gli strumenti volti a migliorare l’esperienza<br />
e la percezione dei luoghi dell’ambiente<br />
urbano in cui si vive.<br />
Ma quali sono i fondamenti teorici delle<br />
creative cities?<br />
Il teorico americano di studi urbani<br />
Richard Florida introduceva, in un<br />
saggio del 2002 L’ascesa della nuova<br />
classe creativa 5 , l’assunto secondo cui<br />
le città, nell’era post-industriale, dovessero<br />
accogliere la nuova classe dei<br />
“creativi”, architetti ed ingegneri ad alta<br />
specializzazione, artisti, musicisti, designer,<br />
grafici, ecc., perché i techie e creative<br />
class avrebbero costituito il motore<br />
della rinascita culturale, sociale ed economica<br />
delle città.<br />
Oggi, a distanza di quindici anni possiamo<br />
affermare che lo scenario di Florida<br />
in parte si è avverato, ma ha generato<br />
anche logiche opposte: l’acquisto a prezzi<br />
bassi e le conseguenti ristrutturazioni<br />
edilizie delle zone centrali e degradate<br />
della città, da parte di classi più agiate,<br />
hanno portato ad un aumento dei prezzi<br />
e al conseguente abbandono di queste<br />
zone da parte delle classi più svantaggiate,<br />
incapaci di sostenerne i costi: è il<br />
fenomeno della gentrification.<br />
L’ascesa della classe creativa nelle<br />
grandi città ha sì generato crescita economica<br />
ma solo per chi già aveva disponibilità<br />
finanziaria, cacciando le altre<br />
classi meno abbienti. I problemi che<br />
una volta affliggevano il cuore delle città<br />
ora si sono spostati nelle periferie.<br />
Risulta evidente come i presupposti<br />
delle creative cities debbano essere rivisti<br />
alla luce di queste considerazioni.<br />
È bene rilevare che tale modello non<br />
può costituire la soluzione a tutti i problemi<br />
della città, come Florida nel suo<br />
saggio L’ascesa della nuova classe creativa<br />
aveva ottimisticamente annunciato,<br />
pena il rischio d’identificarlo come una<br />
delle tante retoriche contemporanee e lo<br />
stesso Florida, nell’ultimo suo lavoro, ne<br />
riconosce i limiti 6 .<br />
La teoria delle tre T del saggio del 2002<br />
di Florida erano Tecnologia, Talento e<br />
Tolleranza. Tecnologia intesa in termini<br />
di innovazione e ricerca; Talento inteso<br />
come elevata formazione e capacità di<br />
visualizzare un’idea per renderla concreta;<br />
Tolleranza come contesto sociale<br />
aperto, teso alla collaborazione verso un<br />
progetto comune. A questo tridente occorre<br />
aggiungere un altro degli elementi<br />
fondanti la città creativa, la quarta “T”,<br />
il Territorio, inteso come spazio pubblico<br />
condiviso, luogo di comunicazione<br />
e scambio reciproco di esperienze, di<br />
contaminazione culturale scientifica e<br />
sociale.<br />
Occorre quindi una maggiore cooperazione<br />
per la definizione dei luoghi affinché<br />
il cittadino diventi l’artefice dello<br />
spazio che abita. In questo modo la<br />
metropoli non verrà più letta come lo<br />
spazio dell’annullamento dell’individuo,<br />
ma come il territorio della molteplicità,<br />
della condivisione e dell’inclusione, riscoprendo<br />
nell’architetto quella figura<br />
5 Florida Richard, The rise of the creative class: and how it’s transforming work, leisure, community and everyday<br />
life, New York, Basic Books, 2002 / Trad. it. L’ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, 2003.<br />
6 Florida Richard, The New Urban Crisis: How Our Cities Are Increasing Inequality, Deepening Segregation, and<br />
Failing the Middle Class—and What We Can Do About It, Basic Books, 2017.<br />
FUOR ASSE 165<br />
INTERFERENZE