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questa: sono romanzi virtuali. Intendo<br />
dire che pochi, insignificanti particolari<br />
contengono in sé virtualmente delle architetture<br />
complesse, degli intrecci, dei<br />
rapporti romanzeschi. Sono dunque cellule,<br />
cellule da cui potrebbero scaturire<br />
innumerevoli romanzi possibili».<br />
Anche Calvino sottolinea in una lettera<br />
che Parise ha trovato un suo stile, evitando<br />
di cadere negli intellettualismi:<br />
Torino 9 maggio 1973<br />
Caro Parise,<br />
tenevo lì il tuo Sillabario, e ogni tanto ne leggevo<br />
un pezzo, e ora che l’ho letto tutto tengo a scriverti<br />
che questa tua poetica, questa tua precisione<br />
nel rendere facce, cibi, giornate, funziona<br />
molto bene. Finché leggevo le tue dichiarazioni<br />
nei colonnini del Corriere potevo dire: ma sì, le<br />
solite cose che ogni tanto si dicono per cercare<br />
di scrollarsi di dosso l’intellettualismo di cui<br />
non possiamo liberarci, rimpiangendo un modo<br />
di raccontare che tanto ormai non riesce più a<br />
nessuno, perché è finito con i russi dell’Ottocento.<br />
Invece in pratica sei riuscito a fare qualcosa<br />
di diverso da come si faceva ieri e da come<br />
si fa oggi, proprio nel modo di costruire il racconto,<br />
di mettere a fuoco il vissuto attraverso<br />
alcuni particolari e non altri, e a dare un taglio<br />
alla prosa che è molto tuo e serve molto bene a<br />
quello che vuoi dire, insomma uno stile. E anche<br />
quel tanto di partito preso che ci metti nell’applicare<br />
questa tua poetica, è proprio il segno<br />
del fatto che scrivi oggi, che “esegui un’operazione<br />
letteraria” (protesta pure) e il senso di<br />
quello che fai è proprio lì. Come esempio di<br />
racconto che mi piace (non tutti mi piacciono<br />
ugualmente) citerò AMICIZIA e in genere quelli<br />
del tipo più indiretto e con movimenti nel<br />
tempo.<br />
Tanti cari saluti<br />
Tuo<br />
Calvino<br />
La scrittura di Parise è elegante, rarefatta,<br />
i personaggi e i luoghi e i sentimenti<br />
sono tanto vaghi e indefiniti da<br />
sembrare che racconti tutto il contrario<br />
del sentimento che sta descrivendo.<br />
Davvero è amore quello che ha raccontato<br />
in questo racconto dove non c’è<br />
neanche un bacio tra i due, dove l’unica<br />
FUOR ASSE 20<br />
carezza è stata data alla figlia? Garboli<br />
sottolinea questo aspetto, che tutto ciò<br />
che resta in ombra e di misterioso in<br />
questi racconti, potrebbe svilupparsi in<br />
possibili romanzi.<br />
Leggiamoci adesso Centuria, cento romanzi<br />
fiume di Giorgio Manganelli. Manganelli<br />
non dà titoli ai suoi romanzi, li<br />
numera da uno a cento. Sono racconti<br />
identici per misura, come se Manganelli<br />
si fosse dato un prontuario ferreo per la<br />
stesura dei suoi romanzi in una pagina,<br />
nato da una risma di carta particolare.<br />
Questa volta non leggerei il primo racconto<br />
ma uno dei cento, e in particolar<br />
modo il numero Quarantanove. Lo leggiamo<br />
per intero e poi facciamo qualche<br />
considerazione.<br />
Quarantanove<br />
Un signore amò follemente una giovane donna<br />
per tre giorni, riamato per un periodo di tempo<br />
all’incirca corrispondente. La incontrò per caso<br />
il quarto giorno, quando per due ore aveva cessato<br />
di amarla. Inizialmente, fu un incontro<br />
lievemente imbarazzante; tuttavia, il colloquio<br />
si movimentò, quando risultò che anche la<br />
donna aveva cessato di amare il signore, esattamente<br />
un’ora e quaranta minuti prima. All’inizio,<br />
questa scoperta, che il loro folle amore era<br />
comunque cosa del passato, e che presumibilmente<br />
avrebbero cessato di torturarsi con domande<br />
sciocche, penose e inevitabili, comunicò<br />
all’uomo ed alla donna una certa euforia; e<br />
parve loro di vedersi con occhi di amici. Ma<br />
l’euforia fu effimera. Infatti, la donna rammentò<br />
di quei venti minuti di differenza; ella lo aveva<br />
amato per venti minuti ancora, quando il signore,<br />
lo aveva confessato, aveva già cessato di<br />
amarla. La donna ne trasse argomento di amarezza,<br />
di frustrazione, di rancore. Egli cercò di<br />
mostrarle come quei venti minuti rivelassero in<br />
lei una costanza affettiva che la qualificava<br />
moralmente superiore. Ella ribatté che la sua<br />
costanza era fuori questione, ma che in questo<br />
caso qualcuno ne aveva abusato, e l’aveva coperta<br />
di oltraggio, calcolato e freddo. Quei venti<br />
minuti durante i quali, amando, ella non era<br />
stata amata scavavano fra di loro un abisso che<br />
nulla avrebbe più colmato. Ella aveva amato un<br />
frivolo e un sensuale, in questa vita e nell’altra<br />
Imparare a scrivere