Assaggi di fame - Filippo Radaelli
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Il giro d'Italia <strong>di</strong> un fast food me<strong>di</strong>terraneo<br />
15 settembre<br />
Mi arriva una mail: “Qualche ricettina buona contro il <strong>di</strong>giuno… per <strong>di</strong>strarsi un pò! Ciao”. Leggo<br />
i titoli. Fra <strong>di</strong> essi, alcuni… Wow! Avevo altri programmi, ma questo primo contributo interattivo ai<br />
miei assaggi <strong>di</strong> <strong>fame</strong> mi ha convinto. Di che si tratta? Sostanzialmente, <strong>di</strong> una polentina a base <strong>di</strong><br />
semola <strong>di</strong> grano duro cotta nel latte o nel brodo.<br />
Certamente è un piatto tipico. Ma ‘tipico’ <strong>di</strong> dove? Diciamo che proviene da altre sponde<br />
me<strong>di</strong>terranee, ma che ha messo ra<strong>di</strong>ci più o meno in tutta Italia: qui conservando tracce del nome<br />
originario, là mimetizzandosi sotto denominazioni (e varianti culinarie) del tutto <strong>di</strong>fferenti.<br />
Consultando le tre fonti a cui attingo per documentarmi (“L’Atlante enogastronomico d’Italia” del<br />
Touring Club, “La civiltà delle forchetta – Storie <strong>di</strong> cibi e <strong>di</strong> cucina” <strong>di</strong> Giovanni Rebora, e<strong>di</strong>to da<br />
Laterza, e soprattutto il preziosissimo “Atlante dei prodotti tipici – La pasta”, curato dall’istituto <strong>di</strong><br />
Sociologia Rurale <strong>di</strong>retto dall’inesauribile professor Corrado Barberis), scopro che nel nord della<br />
Sardegna si chiama soccu o cascà, con la variante de sa fregula nel Campidano; in Liguria, trovo<br />
succu, manietti e scucuzzu. E via <strong>di</strong> seguito: fregolotti in Veneto e Trentino (ma in alta montagna<br />
non vanno <strong>di</strong>menticati i grumi <strong>di</strong> grano saraceno), manfricoli in Umbria, frescarelli nelle Marche e<br />
nel Lazio, gramigna in Friuli, in Emilia Romagna e <strong>di</strong> nuovo nelle Marche. E un po’ in tutte le<br />
regioni, dalla Venezia Giulia alla Basilicata, la pasta grattata.<br />
È in Sicilia, però, che troviamo la traccia più evidente dell’origine <strong>di</strong> questo piatto: lì, infatti, è noto<br />
come cùscusu.<br />
Il cous cous, proprio quello che tutti conosciamo come piatto arabo, da cinque-sei secoli almeno ha<br />
messo profonde ra<strong>di</strong>ci sui li<strong>di</strong> e nell’entroterra italiani, ed a buon <strong>di</strong>ritto può riven<strong>di</strong>care una tipicità<br />
che, in maniera multiforme, fa l’identità <strong>di</strong> luoghi fra loro lontani e <strong>di</strong>versi.<br />
Tutto merito, sembra, dei raccoglitori <strong>di</strong> corallo liguri che, dopo aver pescato davanti a Tunisi,<br />
nell’isola <strong>di</strong> Tabarka, si spostarono alle Bocche <strong>di</strong> Bonifacio, nel nord dell’isola sarda, e poi sulle<br />
coste spagnole, francesi, liguri, toscane, fino a quelle siciliane… Portando ovunque con sé, e<br />
trapiantando in loco, questa preziosa, povera e ghiotta alternativa al pane ed alla pasta nostrani.<br />
Una contaminazione culturale, insomma, assai ben riuscita: assimilata ovunque conservando la<br />
brillante intuizione gastronomica originaria e arricchindola dell’apporto delle risorse agricole locali.<br />
Ma, bando alle ciance, passo a voi una delle ricette pervenutemi via mail, ringraziando per l’ottima<br />
idea chi me l’ha voluta regalare. Non se ne abbia se, per incombenze che ho nella giornata <strong>di</strong> oggi,<br />
mi limiterò a passare in un fast food me<strong>di</strong>terraneo, accontentandomi <strong>di</strong> quel che passerà il convento.<br />
Cous cous con pesto <strong>di</strong> menta e melanzane:<br />
Ingre<strong>di</strong>enti: 200 g <strong>di</strong> cous cous precotto, 1 arancia, 1 mazzetto <strong>di</strong> menta fresca, 50 g <strong>di</strong> capperi, 100<br />
g <strong>di</strong> pinoli, 4 foglie <strong>di</strong> alloro, un pizzico <strong>di</strong> origano, 10 scorzette <strong>di</strong> arance, 1 patata, 1 melanzana,<br />
olio extravergine <strong>di</strong> oliva.<br />
Frullate nel mixer l'arancia pelata a vivo, le foglie <strong>di</strong> menta, i capperi, i pinoli, le foglie <strong>di</strong> alloro<br />
ammorbi<strong>di</strong>te in acqua bollente e l'origano. Tagliate la melanzana e la patata in cubetti e friggeteli<br />
nell'olio bollente. Tagliate le scorzettine <strong>di</strong> arance in striscioline e fatele ammorbi<strong>di</strong>re in acqua<br />
calda. Sistemate il cous cous in un largo recipiente, versate acqua bollente fino a coprire la semola e<br />
lasciate riposare coperto per qualche minuto. Appena il cous cous sarà morbido e gonfio,<br />
rimescolatelo dolcemente con una forchetta, unite un cucchiaio d'olio e amalgamate il pesto <strong>di</strong><br />
menta, le melanzane e le patate fritte. Sistemate nel piatto <strong>di</strong> portata e decorate con le scorze <strong>di</strong><br />
arancia.<br />
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