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Assaggi di fame - Filippo Radaelli

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Digiuno ad alta gradazione<br />

6 novembre<br />

Digiuno che non riesco a sopportare è il <strong>di</strong>giuno <strong>di</strong> lavoro. Il problema del denaro non è marginale,<br />

ma non è solo quello a mancarmi. Sono i luoghi, sono le persone.<br />

Ieri passava da Roma Massimo, ed è venuto a trovarmi. È uno dei numerosi amici <strong>di</strong> Assemini dei<br />

cui recapiti la mia agenda si era rapidamente riempita neppure un’ora dopo il mio sbarco<br />

all’aeroporto <strong>di</strong> Elmas: giusto il tempo <strong>di</strong> recuperare la valigia, noleggiare una macchina, compiere<br />

sette o otto chilometri <strong>di</strong> strada e trovare parcheggio sotto il municipio.<br />

Il sindaco Luciano Casula – ho rivisto volentieri anche lui, giusto un anno fa: come Sabina e come<br />

Serenella – mi aveva affidato a Massimo per farmi compiere un vero e proprio trekking attraverso le<br />

emozioni per le quali vale veramente la pena <strong>di</strong> venire in questo borgo a un tiro <strong>di</strong> schioppo da<br />

Cagliari.<br />

L’itinerario a marce forzate era cominciato con is strexiaius, i numerosi laboratori in cortile,<br />

all’aperto, dove ancora viene prodotto su strexu, la caratteristica ceramica <strong>di</strong> questo borgo.<br />

Poi una ragionevole sosta all’ ISOLA, il Centro Pilota che il Comune ha avuto in comodato dalla<br />

Regione e dove, assieme alle opere dei quin<strong>di</strong>ci figoli asseminesi, ammiro anche stupen<strong>di</strong> tappeti<br />

manufatti, artistiche lavorazioni in sughero e affilatissimi ed inquietanti coltelli tipo pattada.<br />

Il giro riprende per l’intrico <strong>di</strong> strade e stra<strong>di</strong>ne sulle quali si affacciano le deliziose abitazioni del<br />

centro storico, tutte costruite coi la<strong>di</strong>ri, caratterisitici mattoni in fango essiccato.<br />

Nuovamente in terracotta è sa mariga, la rustica anfora che Elio Usàla percuote magistralmente per<br />

accompagnare l’ipnotico suono <strong>di</strong> su suittu, strumento <strong>di</strong> canna antico come la siringa <strong>di</strong> Pan,<br />

zufolato dolcemente da un vecchio che, alla fine, me ne fa prezioso omaggio.<br />

È ancora Elio, poi, che ci da appuntamento per sera alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo: è il 29 <strong>di</strong><br />

giugno, festività dei due apostoli patroni <strong>di</strong> Assemini, e potrò ascoltare un magnifico concerto <strong>di</strong><br />

campane suonate al ritmo dei festosi balli sar<strong>di</strong>.<br />

Mangiare? Il tempo è poco, ma Serenella, adorabile compagna <strong>di</strong> Massimo, mi fa trovare pronto un<br />

omerico muggine in crosta <strong>di</strong> sale.<br />

Il muggine ed il sale ci portano agli stagni. In tutti i sensi. Perché entrambi sono i prodotti eccellenti<br />

delle acque salmastre delle palu<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui la Sardegna è ricca, e perché non c’è tempo per un<br />

riposino: trangugiata la leccornia Massimo mi porta agli Stagni <strong>di</strong> Santa Gilla.<br />

Per strada mi spiega che questo esteso habitat lacustre – in tempo <strong>di</strong> magra il perimetro è <strong>di</strong> 50 km:<br />

<strong>di</strong>eci <strong>di</strong> meno del raccordo anulare <strong>di</strong> Roma – è dovuto alla formazione del cordone litorale della<br />

Plaja, a seguito del ritrarsi del mare dalla pianura campidanese. Le industrie degli anni ’60, oggi in<br />

avanzato declino, hanno fortemente ridotto e compromesso il vasto e delicato ambiente naturale.<br />

Ciò malgrado, grazie ad un progetto dei Comuni <strong>di</strong> Assemini, Cagliari, Capoterra ed Elmas<br />

approvato dall’Unione Europea, lo Stagno <strong>di</strong> Santa Gilla è entrato a far parte della rete ecologica<br />

europea <strong>di</strong> aree protette ed è oggetto <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong> risanamento, recupero e valorizzazione<br />

ambientale. Che significa in concreto? “Lo chiederai ad Antonio, un pescatore che an<strong>di</strong>amo a<br />

trovare”, mi <strong>di</strong>ce Massimo. Neppure lui si aspetta la sorpresa, che annovero fra i <strong>di</strong>giuni tipici a più<br />

elevata gradazione alcolica della mia collezione.<br />

Quando arriviamo, infatti, troviamo una numerosa compagnia che ha appena terminato quel che<br />

sembra a tutti gli effetti un pranzo <strong>di</strong> nozze. Senza sposi, però. È il rituale convivio che ogni<br />

mercoledì, tutte le settimane, Antonio organizza con notabili del capoluogo, minatori del Sulcis ed<br />

una assortita congrega <strong>di</strong> amici cultori della sart<strong>di</strong>tu<strong>di</strong>ne: malattia epidemica che ha contagiato<br />

anche me, che sardo (purtroppo) non sono.<br />

Del ben <strong>di</strong> Dio apparecchiato sulla tavola, all’interno del rustico capanno in riva allo stagno, resta<br />

poco: mi viene offerto del cocomero, e la sete messami dal ghiotto muggine cotto col sale me lo fa<br />

gra<strong>di</strong>re molto. Servirà anche da spugna per assorbire i beveraggi che, al solo parlare <strong>di</strong> sete, mi<br />

vengono imme<strong>di</strong>atamente imposti, più che proposti: la birra Ichnusa, prodotta proprio ad Assemini<br />

e che fa della Sardegna – non lo avrei mai detto, ma le statistiche ufficiali lo confermano: ora<br />

conosco l’eccellente motivo – la regione italiana a più alto consumo del pane liquido sacro a<br />

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