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Assaggi di fame - Filippo Radaelli

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Profumati la testa e lavati il volto, eccetera eccetera<br />

20 ottobre<br />

Sicché domani fanno quaranta giorni.<br />

Quaranta giorni <strong>di</strong> ‘<strong>di</strong>giuno tipico’. Ma… Accipicchia, quaranta è un numero canonico <strong>di</strong> alcuni<br />

<strong>di</strong>giuni a carattere religioso, o le mie reminiscenze catechistiche mi ingannano? La quaresima,<br />

giusto?<br />

Per quaranta giorni e quaranta notti, in due <strong>di</strong>fferenti occasioni, Mosè, salito sul Monte Sinai,<br />

rimase senza mangiare pane e senza bere acqua: entrambe le volte tornò al suo popolo, in fuga dalla<br />

schiavitù in Egitto, recando le Tavole della Legge consegnategli dall’Altissimo.<br />

Anche il Messia cristiano, prima <strong>di</strong> iniziare la pre<strong>di</strong>cazione e la missione salvifica, venne portato<br />

dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal <strong>di</strong>avolo. “E dopo aver <strong>di</strong>giunato quaranta giorni e<br />

quaranta notti, ebbe <strong>fame</strong>”.<br />

Naturalmente, mi sentirei irriverente a fare qualunque paragone tra il mio <strong>di</strong>giuno e quelli degli<br />

episo<strong>di</strong> citati, che sono momenti fondanti <strong>di</strong> due credo ai quali milioni <strong>di</strong> uomini hanno rivolto e<br />

rivolgono fiducia e speranza.<br />

Sul tema del <strong>di</strong>giuno religioso vorrei tornare altrove, esplorandone le modalità ed il senso ad esso<br />

attribuito anche presso fe<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse e ampliando lo sguardo al pensiero etico-filosofico in genere.<br />

Mi piace, in questa occasione, limitarmi a queste poche righe. Proprio al termine del <strong>di</strong>giuno, Gesù<br />

è sottoposto alla prima lusinga. Il tentatore gli si accostò e <strong>di</strong>sse “Se sei Figlio <strong>di</strong> <strong>di</strong>o, dì che questi<br />

pani <strong>di</strong>ventino sassi”. Ma egli rispose: “Non <strong>di</strong> solo pane vive l’uomo, ma <strong>di</strong> ogni parola che esce<br />

dalla bocca <strong>di</strong> Dio”.<br />

Chissà perché, la celebre risposta viene ridotta sempre al solo primo enunciato: non <strong>di</strong> solo pane<br />

vive l’uomo. Colgo quasi, in questa citazione tronca, una forzatura arbitraria e <strong>di</strong>retta a rifilare un<br />

ammonimento moralistico contro la presunta <strong>di</strong>ttatura del ventre: che non mi sembra fosse<br />

esattamente il significato dato all’intera frase da Gesù.<br />

Il Vangelo, al contrario, è ricco <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> legati a banchetti e cene e a passi strettamente e<br />

positivamente riferiti al cibo: per non parlare delle numerose parabole, ricor<strong>di</strong>amo la storia delle<br />

nozze <strong>di</strong> Cana, o la frequentazione della mensa con pubblicani e peccatori, aspramente criticata dai<br />

Farisei; per giungere, fino, all’ultima cena, istitutiva dell’Eucaristia ed al centro della fede cristiana.<br />

Direi, piuttosto, che il Nazareno non sminuiva affatto l’importanza e la bellezza del nutrimento<br />

materiale e delle circostanze gaie e conviviali <strong>di</strong> cui esso può essere protagonista. Semmai, mostrò<br />

una certa antipatia e <strong>di</strong>sprezzo per il <strong>di</strong>giuno concepito come pena espiativa: “Quando <strong>di</strong>giunate,<br />

non assumete l’aria malinconica, come gli ipocriti che si sfigurano la faccia per far vedere agli<br />

uomini che <strong>di</strong>giunano. In verità vi <strong>di</strong>co: hanno già ricevuto il loro compenso. Tu invece, quando<br />

<strong>di</strong>giuni, profumati la testa e lavati il volto” eccetera eccetera.<br />

Mi piace questa idea che anche il <strong>di</strong>giuno possa essere momento lieto. Altre pene ci affliggono!<br />

Oggi mi atterrò volentieri, per il mio (sorridente) assaggio <strong>di</strong> <strong>fame</strong>, ad un menu in qualche modo<br />

evangelicamente ispirato. “Dacci oggi il nostro pane quoti<strong>di</strong>ano” è una magnifica invocazione per<br />

qualunque affamato: il pane è quin<strong>di</strong> elemento irrinunciabile della degustazione o<strong>di</strong>erna.<br />

Cosa abbinargli? La citazione è d’obbligo: Gesù chiamò i <strong>di</strong>scepoli e <strong>di</strong>sse: “Sento compassione<br />

per questa folla: ormai da tre giorni mi vengono <strong>di</strong>etro e non hanno da mangiare. Non voglio<br />

rimandarli <strong>di</strong>giuni (…) Quanti pani avete?”. Risposero: “Sette, e pochi pesciolini”. Seguì la<br />

pro<strong>di</strong>giosa moltiplicazione. Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare<br />

le donne e i bambini.<br />

Magari io avrei contato pure loro. Comunque, oggi, qualche fetta <strong>di</strong> pane casereccio e una scatolina<br />

<strong>di</strong> acciughe sott’olio (i pochi pesciolini, potevano davvero essere acciughe?) s<strong>fame</strong>ranno anche me.<br />

Intanto rileggo, con qualche speranza: “Beati quelli che hanno <strong>fame</strong> e sete <strong>di</strong> giustizia, perché<br />

saranno saziati”.<br />

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