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Assaggi di fame - Filippo Radaelli

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PROLOGO<br />

Un <strong>di</strong>giuno tipico contro il lavoro atipico<br />

Lettera aperta a Leonardo Domenici, Presidente dell’Anci<br />

9 settembre 2006<br />

CARO PRESIDENTE DOMENICI,<br />

IL MIO È UN LAVORO DAVVERO BELLO<br />

Sono un ‘degustatore <strong>di</strong> territori’. Visito posti, conosco persone, apprendo usi e costumi,<br />

ammiro cose belle, assaporo cose buone. Raccolgo e annoto tutto quello che esprime l’anima<br />

<strong>di</strong> un territorio e della comunità che lo abita: anche certe sagaci iniziative <strong>di</strong> chi lo<br />

amministra.<br />

Scopro così (o cerco <strong>di</strong> scoprire) e racconto (o cerco <strong>di</strong> raccontare) gli aspetti più impensati,<br />

la segreta malia, il genius loci <strong>di</strong> ogni borgo: dalla grande città fino alla più piccola e romita<br />

contrada del nostro stupefacente Paese.<br />

Scrivo guide, insomma. Scrivo le Guide <strong>di</strong> Res Tipica e delle Associazioni <strong>di</strong> città d’identità.<br />

UN LAVORO CHE NON CAMBIEREI<br />

NEPPURE SE MI PAGASSERO<br />

Sicché, capirà: il mio lavoro è davvero così bello che non lo cambierei neppure se mi pagassero.<br />

Non <strong>di</strong>co per <strong>di</strong>re. Da nove mesi sono senza stipen<strong>di</strong>o. Da nove mesi, Anci non mi paga.<br />

Diamine! Come caspita può accadere? Beh, accade perché il mio lavoro per Res Tipica, che<br />

pure ha il pregio <strong>di</strong> essere molto bello, ha il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> essere stato <strong>di</strong>sciplinato attraverso una<br />

formula precaria: un cocopro. Come ce ne sono tanti, in Italia. Troppi. Anche in ambito Anci.<br />

È un guaio, mi creda. Non le scrivo questa lettera aperta per sottoporle il mio caso personale.<br />

È che questi cocopro sono già un brutto affare: lei sa, se ne torna a parlare proprio in questi<br />

giorni per il caso Atesia, ci sono le inchieste giornalistiche (contro il precariato i giornalisti<br />

hanno anche scioperato), escono saggi e fanno clamore libri autobiografici che non mancano<br />

<strong>di</strong> raccontare storie anche con un filo d’ironia, ma sempre realmente drammatiche.<br />

MICA È UNO SCHERZO<br />

Un contratto precario, un cocopro, significa niente sicurezza <strong>di</strong> rinnovo, niente carriera,<br />

niente tutela sindacale, né orari, né ferie, né malattia, niente previdenza nè ammortizzatori<br />

sociali, niente tre<strong>di</strong>cesima né premi <strong>di</strong> produzione né in<strong>di</strong>cizzazione né buoni pasto, niente<br />

prestiti bancari né mutui; non trovi una casa in affitto, non compri una macchina a rate.<br />

Il problema non è arrivare alla fine del mese: il mese, si tratta <strong>di</strong> poterlo cominciare.<br />

L’incertezza del futuro è un problema: l’insostenibilità del presente è un dramma.<br />

Il peggio è che i cocopro aprono spesso le porte agli abusi, e il dramma <strong>di</strong>venta trage<strong>di</strong>a.<br />

Non hanno proprio nulla a che fare con la flessibilità, alla quale sono anch’io favorevole.<br />

Però, in Italia, “il lavoro flessibile è <strong>di</strong>ventato precariato esistenziale, fonte <strong>di</strong> ricatto e <strong>di</strong><br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità”. Queste sacrosante parole, che fotografano le cose come stanno, le ha<br />

pronunciate lo scorso novembre Massimo D'Alema, a Firenze, proprio nella città <strong>di</strong> cui lei è<br />

apprezzato Sindaco. Io le vivo aspramente sulla mia pelle, e molti colleghi, in Anci e fuori,<br />

ne fanno uguale e dura esperienza.<br />

Vero è pure quanto ha chiosato D’Alema in quella stessa occasione: “Si stanno cumulando<br />

ingiustizie che minano il tessuto sociale. Un giovane con un contratto precario, davanti ad<br />

una fabbrica esita perfino a prendere un volantino: ha paura <strong>di</strong> perdere il lavoro”.<br />

Cavolo, se ha ragione! Se lei chiedesse ad altri miei giovani colleghi <strong>di</strong> raccontare il loro<br />

caso, i più preferirebbero tacere. Perdere il posto, ancorché precario, mica è uno scherzo.<br />

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