Assaggi di fame - Filippo Radaelli
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Demetra; oppure (ma l’oppure non esiste, da queste parti: se il bicchiere è pieno, va vuotato. Se <strong>di</strong><br />
nuovo si riempie, <strong>di</strong> nuovo si deve svuotare) del bianco e sapido Vermentino; oppure (e il concetto<br />
è lo stesso <strong>di</strong> sopra) del mirto, eccellente infuso <strong>di</strong>gestivo <strong>di</strong> bacca aspra che cresce nelsottobosco<br />
dei querceti; oppure fil’e ferru, la grappa che i conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>stillavano clandestinamente, mettendola<br />
ad invvecchiare sotto terra, segnandone il nascon<strong>di</strong>glio con del filo <strong>di</strong> ferro, appunto.<br />
A piegarmi al riempi e vuota è la franca ostilità <strong>di</strong> Antonio, il pescatore: non manca i doveri<br />
dell’ospitalità, ed i bicchieri sempre pieni sono lì a testimoniarlo, ma “Chi sei? Cosa vuoi? Perché<br />
ti interessi degli stagni?”, espressi in termini più coloriti e torvi, <strong>di</strong>cono quanto sia stufo <strong>di</strong><br />
giornalisti curiosi che vanno da lui, raccolgono le notizie che vogliono e poi pontificano<br />
bislaccherie senza senso.<br />
Riempi e vuota, riempi e vuota, senza niente sotto i denti, per tre ore <strong>di</strong> seguito. Dopo le quali gli<br />
occhi luccicano a me non meno che a lui. Ma averlo lasciato parlare, <strong>di</strong>re finalmente la sua, tutta<br />
intera, sulla vita che è per lui quegli stagni, ci ha fatto bene. Mi impegna a tornare con calma, non<br />
scrivere niente prima ma andare con lui a pesca e mostrarmi tutto quello che mi ha raccontato.<br />
Quando ci salutiamo, gli tendo la mano. “Tzz”, fa lui, ritraendo la sua. Ci risiamo? Non lo penso<br />
neppure. Mi guarda solo un attimo, severo. “Noi gli amici li salutiamo così” e mi abbraccia.<br />
“Torna, <strong>Filippo</strong>. Torna prima che mi scor<strong>di</strong> il tuo nome”.<br />
Certo che torno, Antonio: e se hai cattiva memoria, se c’è stato tempo <strong>di</strong> scordarti il mio nome, te lo<br />
farò ricordare. Ichnusa, vermentino, mirto e fil’e ferru non li faremo mancare. Neppure, se si può,<br />
un po’ <strong>di</strong> cocomero. Rinnoveremo il nostro <strong>di</strong>giuno tipico ad alta gradazione: non solo alcolica.<br />
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