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Assaggi di fame - Filippo Radaelli

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Il piacere della carne<br />

26 ottobre<br />

Riassunto della domanda precedente: se nei Vangeli poco si parla <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno e molto <strong>di</strong> inviti a<br />

pranzo e <strong>di</strong> cene, com’è che nacque il precetto cristiano dei giorni <strong>di</strong> magro o <strong>di</strong> completa<br />

astensione dal cibo?<br />

Occhei. Facciamo il punto. Dopo il crollo dell’Impero Romano i paesaggi imbarbariscono: le<br />

campagne inselvatichiscono, le coste s’impaludano, si crea l’ambiente ideale per il prosperare della<br />

selvaggina. Malgrado le antiche tra<strong>di</strong>zioni alimentari me<strong>di</strong>terranee, sostanzialmente ‘vegetariane’,<br />

l’apporto <strong>di</strong> carni animali derivanti dalla cacciagione o dall’allevamento brado pian piano cresce e<br />

viene a rappresentare un cospicuo contributo per tenere in vita le popolazioni, drasticamente ridotte:<br />

Roma stessa è scesa da un milione e mezzo <strong>di</strong> abitanti a trentamila, nei tempi più bui.<br />

Il fenomeno riguarda la <strong>di</strong>eta della gente comune: non solo i nuovi e ricchi signori (<strong>di</strong> origine<br />

barbarica), ma anche le genti assogettate e asservite (<strong>di</strong> cultura e costumi romani).<br />

L’alimentazione carnea si impone a poco a poco come costume alimentare consueto e consistente:<br />

<strong>di</strong>venta il nuovo modello <strong>di</strong> riferimento per sfamare sia i pochi residenti delle città che, a maggior<br />

ragione, i ra<strong>di</strong> ed arroccati abitanti delle zone rurali.<br />

Tuttavia le antiche popolazioni latine continuavano ad attribuire alla carne un forte connotato <strong>di</strong><br />

violenza e <strong>di</strong> lusso affibbiatogli dall’antica tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>terranea ‘vegetariana’.<br />

Oh, finalmente! Ci siamo. Se, fino ad allora, le rigorose regole dell’ascetismo (sull’esempio<br />

praticato dal Giovanni il Battista: locuste e miele selvatico, ricordate?) erano state praticate in<br />

maniera sistematica solo da alcune migliaia <strong>di</strong> anacoreti, eremiti e stiliti in odore <strong>di</strong> santità, adesso<br />

un’idea <strong>di</strong> semplice sobrietà alimentare <strong>di</strong>venta maggiormente concepibile per un assai maggior<br />

numero <strong>di</strong> fedeli.<br />

La raccomandazione a temperare i piaceri della carne – ora anche quelli della tavola, come fin<br />

dall’inizio quelli del letto – <strong>di</strong>viene comprensibile e accettabile non solo per chi è toccato dalla<br />

vocazione al romitaggio, ma per tutta la gente comune. Così come un conto è far voto <strong>di</strong> assoluta<br />

castità ed un altro è vivere cristianamente il matrimonio, allo stesso modo una faccenda è adottare il<br />

<strong>di</strong>giuno come stile quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> vita e tutt’altra dare regole ai desideri dello stomaco.<br />

Per la gente <strong>di</strong> stirpe ed usi latini non c’era nessuna <strong>di</strong>fficoltà ad accettare limitazioni al mangiar<br />

carne o a fare uso <strong>di</strong> grassi animali: ben conosceva alternative appetibili in tanti antichi piatti<br />

vegetali o nel pesce e <strong>di</strong>sponeva, per la cucina e il con<strong>di</strong>mento, dell’ottimo olio <strong>di</strong> oliva.<br />

Quanto ai barbari, sono barbari, che <strong>di</strong>amine!, ma vogliono mostrarsi civili. Abbandonata la durezza<br />

della vita nomade e impadronitisi <strong>di</strong> consistenti ricchezze, tirano su rocche e castelli e si mettono a<br />

fare i signori. Mangiano carne, e volentieri, e ne elogiano le intrinseche qualità <strong>di</strong> concedere forza e<br />

potenza: ma, convertiti al cristianesimo, comprendono che c’è contrad<strong>di</strong>zione tra quell’idea <strong>di</strong> forza<br />

e potenza e la mitezza del messaggio cristiano.<br />

Sicchè accade questo: che non solo nell’Europa germanica, ma anche in quella latina, la carne entra<br />

nella normalità del pasto quoti<strong>di</strong>ano. Viceversa, non solo nell’Europa latina, ma anche in quella<br />

germanica vengono posti freni al consumo smodato <strong>di</strong> carne e <strong>di</strong> grasso animale.<br />

Lo ‘sdoganamento’, in poche parole, impone che si accettino regole <strong>di</strong> moderazione: al precetto<br />

delle giornate <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno (poche), si aggiunge quello dei giorni <strong>di</strong> magro (tanti), che sod<strong>di</strong>sfa in<br />

modo ragionevole una intensa esigenza penitenziale.<br />

Ma al <strong>di</strong> là del suo valore etico-religioso, che è a fondamento della scelta, le restrizioni riguardanti<br />

il consumo della carne corrispondono anche ad una sana ed equilibrata norma <strong>di</strong> buon senso:<br />

perfino nella nostra cività dell’abbondanza, le <strong>di</strong>ete iperproteiche sono sconsigliate dai me<strong>di</strong>ci e dai<br />

nutrizionsti.<br />

Ecco spiegato il primo paradosso: la regola dei numerosi giorni <strong>di</strong> magro (fino a quattro su <strong>di</strong>eci)<br />

non scaturisce <strong>di</strong>rettamente dai testi sacri e dagli insegnamenti della prima Chiesa, ma dai<br />

profon<strong>di</strong>ssimi cambiamenti alimentari sopravvenuti col tempo e che inclinavano pericolosamente ad<br />

una quoti<strong>di</strong>ana e generalizzata esagerazione nel ricorso a carni e grassi animali: proprio come nei<br />

tempi nostri.<br />

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