Assaggi di fame - Filippo Radaelli
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La <strong>fame</strong> dell’assassino<br />
8 novembre<br />
“All’ombra dell’ultimo sole…”. Ve la ricordate? Solo quell’incipit, con quell’ossimoro,<br />
quell’ombra del sole… Ah, Faber!<br />
Chi non riconoscerebbe Fabrizio De André?<br />
Che c’entra col <strong>di</strong>giuno tipico?<br />
Ma che, scherzate? Non ve la ricordate più?<br />
RE - LA - RE All’ombra dell’ultimo sole SOL - RE s’era assopito un pescatore SOL - LA - RE<br />
e aveva un solco lungo il viso SOL - RE - LA - RE come una specie <strong>di</strong> sorriso.<br />
Beh, già quel solco, che ricorda quello <strong>di</strong> un aratro, e produce una specie <strong>di</strong> sorriso che richiama la<br />
serenità dei campi <strong>di</strong> grano… Mettici poi che il primo piano è il volto <strong>di</strong> un pescatore… Mi sembra<br />
che <strong>di</strong> semplici tipicità ne abbiamo già da vendere.<br />
SOL - RE Laralalla la la la la LA - RE laralallalla la la la SOL - LA RE laralalla la la la la SOL -<br />
RE - LA - RE laralalla la la la la SOL - RE - LA - RE - SOL - RE<br />
Poi, adesso ricordate benissimo, arriva l’assassino, due occhi da babimbo, la paura, l’avventura<br />
eccetera eccetera. E qui ci siamo: Chiese al vecchio: “Dammi il pane: ho poco tempo e troppa<br />
<strong>fame</strong>”. E chiese al vecchio: “Dammi il vino: ho sete e sono un assassino”.<br />
Non è un <strong>di</strong>giuno tipico? Il <strong>di</strong>giuno dell’assassino? La sua troppa <strong>fame</strong> e il suo poco tempo?<br />
Gli occhi <strong>di</strong>schiuse il vecchio al giorno: non si guardò neppure intorno ma versò il vino e spezzò il<br />
pane per chi <strong>di</strong>ceva ho sete e ho <strong>fame</strong>.<br />
Troppo bello quel risveglio lento – il vecchio <strong>di</strong>schiuse gli occhi al giorno – e quel darsi subito da<br />
fare, versare il vino, spezzare il pane.<br />
Eh sì, spezzare il pane: così evocativo <strong>di</strong> altre mense, <strong>di</strong> altri pescatori.<br />
Il calore d'un momento, via <strong>di</strong> nuovo verso il vento, negli occhi il sole, alle spalle il pescatore, e la<br />
memoria è già dolore, il rimpianto <strong>di</strong> un aprile giocato all'ombra <strong>di</strong> un cortile.<br />
E poi i due gendarmi, le armi, la richiesta <strong>di</strong> una spiata, il silenzio <strong>di</strong> un dormiente all'ombra<br />
dell'ultimo sole e, ancora, quel solco lungo il viso come una specie <strong>di</strong> sorriso.<br />
Mi domando: avrà bevuto e mangiato con lui, il pescatore? Con l’assassino? Non credo: quello<br />
aveva premura e lui si è limitato ad essere premuroso, anticipandogli parte <strong>di</strong> quella che, dopo la<br />
pennica tramontina, sarebbe probabilmente stata la sua cena.<br />
Ma, per concludere, l’atto dello spezzare il pane è una con<strong>di</strong>visione delle sofferenze – e della<br />
resistenza a quelle sofferenze – che solo chi conosce la <strong>fame</strong> è capace <strong>di</strong> fare.<br />
Liberate il termine che sto per <strong>di</strong>re dai fronzoli ideologici che gli gravano sopra: la parola compagni<br />
è, e resta, un modo intenso, bellissimo, per definire questa con<strong>di</strong>visione: compagni, cum panis,<br />
quelli con cui <strong>di</strong>vi<strong>di</strong> (spezzi) il pane. Un legame fortissimo, per certi versi più intenso che con i<br />
fratelli e gli amici, come rimarcava un teologo che a questi epiteti aveva de<strong>di</strong>cato alcuni suoi stu<strong>di</strong>.<br />
Il suo nome? Non ne sono sicurissimo… Sono letture <strong>di</strong> trentacinque anni fa… Però, mi sembra,<br />
Ratzinger. Si, credo che si chiamasse Ratzinger Joseph Ratzinger, se la memoria non <strong>di</strong>fetta.<br />
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