Compiuti già quei prelibati assaggi, mi mancava questo: il buco d’olio <strong>di</strong> nocciole. Col pizzico <strong>di</strong> sale, preferisco. 86
Al Sagrantino, ai mille vitigni antichi, all’antica sete conta<strong>di</strong>na, alla mia sete ed alla vostra, salute! 6 <strong>di</strong>cembre Il Sagrantino <strong>di</strong> Montefalco! Facendo spesa nel supermarket sottocasa e lanciando un’occhiata agli scaffali del vino, sempre più lunghi, più ricchi e ad<strong>di</strong>rittura or<strong>di</strong>nati per provenienze geografiche, adocchio due piacevoli sorprese: spiccano il Montiano Falesco, egregio Merlot prodotto nel Lazio, ed il Sagrantino <strong>di</strong> Montefalco, clamorosa rivelazione umbra degli anni ’90. Montefalco… Montefalco… Ma non è Sindaco <strong>di</strong> Montefalco, provincia <strong>di</strong> Perugia, il nuovo Presidente dell’Associazione delle Città del Vino? Certo che lo è, e si chiama Valentino Valentini: facile da ricordare. Lo ho letto neppure una settimana fa sull’unica notizia aggiornata (le altre, solamente due, datano settembre) del sito <strong>di</strong> Res Tipica. Che coincidenza! Dico coincidenza: od è piuttosto un segno? Niente <strong>di</strong> parapsicologico e metapsichico, per carità. Semplicemente, mi pare il risultato <strong>di</strong> un impegno e <strong>di</strong> un successo de<strong>di</strong>cati da una comunità <strong>di</strong> vignaioli appassionati ad un vitigno autoctono giunto assai prossimo all’estinzione. Salita con tenacia la china, lavorato duramente sulle vigne come in cantina, il Sagrantino ha rapidamente conquistato la Doc, e ancor più rapidamente, l’ambitissima Docg: oggi è quel che si <strong>di</strong>ce un cult. Bene. Il Sagrantino ce l’ha fatta. E gli altri vitigni autoctoni nostrani? Un paio <strong>di</strong> anni fa uscì un bel Dizionario dei vitigni antichi minori italiani, fatica <strong>di</strong> Attilio Scienza e d’altri Autori ed e<strong>di</strong>to da Ci.Vin: ricco <strong>di</strong> 160 schede (corredate <strong>di</strong> foto) sui caratteri ampelografici <strong>di</strong>stintivi <strong>di</strong> ciascun ceppo, sulla sua origine geografica e storica, sulle caratteristiche dell'uva e del vino ed anche sulle eventuali <strong>di</strong>fficoltà che offrono nella coltivazione. Una bella foto <strong>di</strong> famiglia. Ahimé, con molte assenze: senza alcuna colpa dei compilatori. Il fatto è che, delle trecentosessantuno varietà iscritte ufficialmente nel Catalogo Nazionale, non arrivano a duecento quelle effettivamente ancora coltivate. Niente a confronto con il migliaio e più censito nel 1873 dal Comitato Centrale Ampelografico. Si capisce: tanta confusione non aiutava a produrre buona qualità. Sapere che oggi <strong>di</strong>eci (<strong>di</strong>co, <strong>di</strong>eci!) vitigni appena coprono il 50% della superficie vitata, ci conforta? Che fra questi <strong>di</strong>eci predominano quelli importati – Cabernet, Merlot, Chardonnay, Sauvignon – ci rassicura? Quando ho avuto fortuna, ho fotografato come mirabili monumenti i ceppi settantenni della barbera (m’è capitato a Tigliole, nel Monfrà) o ad<strong>di</strong>rittura centenari <strong>di</strong> Pie<strong>di</strong>rosso, credo (a Tramonti, in alto, sulla Costiera Amalfitana). E provo sempre una strana ebbrezza a leggere e rileggere le ricerche certosine riferite dagli ormai spesso (e mai abbastanza) richiamati Monelli, Soldati e Veronelli. Assieme ai quali, non mi rassegno che si perda un patrimonio costruito a poco a poco per placare la sete – che sempre accompagna la <strong>fame</strong> – <strong>di</strong> generazioni e generazioni <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni. Ma allora, che fare? Siamo sempre lì: rassegnarci? Mai! Dobbiamo trovare gli strumenti. Il Barolo, l’Amarone ed il Prosecco, il Chianti piuttosto che il Nero d’Avola o il Primitivo <strong>di</strong> Manduria, hanno percorso strade che hanno fatto scuola. Però non basta. Anche per i vini, non tutti son fatti per Doc o Docg: non tutti, come il Sagrantino, riescono a conquistare uno spazio nello scaffale d’un supermarket o almeno d’una rinomata enoteca. Allora? Allora torno all’idea della Denominazione Comunale e della sua possibile evoluzione ponderata attraverso i marchi collettivi geografici. Se un vitigno è sulla soglia dell’estinzione, salviamolo dandogli valore in e per quel territorio dove esso alligna. Quel Pie<strong>di</strong>rosso lo trovo solo a Tramonti; quella Barbera, a Tigliole. Dove incappo anche in pizze e mozzarelle <strong>di</strong> bufala da sogno (a Tramonti), in funghi e tume e cugnà leggendari (a Tigliole), e paesaggi da togliere il fiato, e grotte e chiese rupestri, ed ospitalità <strong>di</strong>screta ed accogliente. Un viaggio, insomma: quei vitigni antichi, protetti con mezzi sostenibili, <strong>di</strong>ventano un altro monumento che può muovere flussi turistici interessanti. Già succede. Già il Sagrantino ha la sua Strada del Vino, e mica in Umbria ci sono solo Perugia e Assisi e Gubbio e Orvieto. Ecco, il ragionamento è semplice: <strong>di</strong>etro ciascun vino schietto c’è sempre un vitigno, un vigneto, una cantina. Cosa m’impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> scoprire e consumare quel vino scoprendo quel vitigno, quel 87
- Page 1 and 2:
Assaggi di fame Cento degustazioni
- Page 3 and 4:
PROLOGO Un digiuno tipico contro il
- Page 5 and 6:
Insomma, il lavoro non sarebbe più
- Page 7 and 8:
Se rendo il concetto, grano cotto e
- Page 9 and 10:
L’orzata di orzo compare anche ne
- Page 11 and 12:
perchè ha un buon sapore e, tra Se
- Page 13 and 14:
Il giro d'Italia di un fast food me
- Page 15 and 16:
Proprietà transitiva e altri anima
- Page 17 and 18:
Il paradosso è questo: che in cond
- Page 19 and 20:
Che è nata come cucina povera e ma
- Page 21 and 22:
Cavolo! Ha ragione. Sì, Potnia Cri
- Page 23 and 24:
imbratto strade che non dovrei: non
- Page 25 and 26:
conventi che rimaneggia al meglio l
- Page 27 and 28:
Nota era nota, dunque, questa bacca
- Page 29 and 30:
Molto prima del pane e della pasta
- Page 31 and 32:
Dove digiuno sostenendo la tipicit
- Page 33 and 34:
Anno Mille: la lotta di resistenza
- Page 35 and 36: Che altro? Alcune temibili epidemie
- Page 37 and 38: La cocaina non è che un estratto a
- Page 39 and 40: dimenticavano i loro drammatici pro
- Page 41 and 42: Caro Presidente Domenici, buongiorn
- Page 43 and 44: lo ridico perché, se ve lo comprat
- Page 45 and 46: Pomodori verdi fritti sofferti 13 o
- Page 47 and 48: Ma ora tenetevi forte, perché andi
- Page 49 and 50: Io posso ancora permettermi il ‘d
- Page 51 and 52: Profumati la testa e lavati il volt
- Page 53 and 54: A parte i quaranta giorni nel deser
- Page 55 and 56: Centocinquanta su trecentosessantac
- Page 57 and 58: Il piacere della carne 26 ottobre R
- Page 59 and 60: Demetra aspettava 27 e 28 ottobre C
- Page 61 and 62: Demetra; oppure (ma l’oppure non
- Page 63 and 64: il timo, il dragoncello, il cumino,
- Page 65 and 66: La fame, con filosofia? Un fico sec
- Page 67 and 68: Unico problema: birra o vino? Mi ri
- Page 69 and 70: Posso non essere d’accordo? Posso
- Page 71 and 72: A questo punto, però, conviene un
- Page 73 and 74: Quest’ultimo è il punto più del
- Page 75 and 76: La mafia è tipica? 20 novembre Nei
- Page 77 and 78: Di De.Co. in meglio 22 novembre Imm
- Page 79 and 80: Ed egli mangiava e beveva il vino,
- Page 81 and 82: A pane e acqua 29 novembre A pane e
- Page 83 and 84: Bostrengo, per gli affamati di Cucc
- Page 85: Il sapore perfetto dei buchi d’ol
- Page 89 and 90: Una Collezione Italiana: che ne pen
- Page 91 and 92: Giornalisti: Domenici, auguri per s
- Page 93 and 94: Conservare significava perfino pote
- Page 95 and 96: È una brutta legge: l’ho scritto
- Page 97: Voi che vivete sicuri nelle vostre