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Assaggi di fame - Filippo Radaelli

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Demetra aspettava<br />

27 e 28 ottobre<br />

C’era Terra Madre, nei giorni scorsi, a Torino.<br />

Terra Madre è bella. A iniziare dal nome.<br />

È il nome tradotto <strong>di</strong> Demetra, la gran dea delle messi..<br />

Madre Terra, vabbeh, si presta a un po’ <strong>di</strong> retorica: è la madre da cui proveniamo (Tu es pulvis, tu<br />

sei polvere... O forse, polenta?) ed è la madre che ci nutre e che sta soccombendo, violata nella sua<br />

natura (leggi pure maiusocolo), eccetera eccetera.<br />

Però, Terra Madre è bella.<br />

Madre Terra, a Torino, è una buona iniziativa <strong>di</strong> Slow Food. Una buona iniziativa che cammina,<br />

neppure troppo lentamente. Con qualche rischio che tutto sia inghiottito nella chiocciola? Vero.<br />

Però cammina, e fa marciare un’idea molto seria: non solo che la sovranità alimentare è un <strong>di</strong>ritto<br />

degli uomini, ma che per affermare questa riven<strong>di</strong>cazione, oltre che <strong>di</strong>scutere e lottare, occorre<br />

lavorare nei campi.<br />

Carlo Petrini (Slow, 54/2006) mette un bel puntino, su quella i <strong>di</strong> campi: “L’agroecologia ci<br />

insegna che gli ecosistemi sono in grado <strong>di</strong> trovare al loro interno le forze per rigenerarsi e<br />

rimanere sempre produttivi, sostenibili.<br />

L’incontro degli ecosistemi con la cultura produce cibo.<br />

Ogni elemento esterno, prorompente, violento, che si cerca <strong>di</strong> inserire in questi sistemi delicati e<br />

complessi nel lungo periodo li può deteriorare fino alla vera e propria morte.<br />

Se muoiono gli ecosistemi, se muore la cultura, muore il cibo.<br />

E muoiono le comunità stesse, che non hanno più la possibilità <strong>di</strong> essere libere <strong>di</strong> coltivare, trarre<br />

giovamento, energia e risorse dal contesto in cui sono inserite.<br />

Rimangono in balìa – scive proprio ‘in balìa’, Carlin Petrini. Termine due volte azzeccatissimo:<br />

quando la Terra Madre non ci nutre più, siamo ‘in balìa’ <strong>di</strong> altre matrigne nutrici – Rimangono in<br />

balìa degli elementi esterni, dei cibi non autoctoni o comunque estranei, del crescente utilizzo <strong>di</strong><br />

prodotti chimici in agricoltura, dei consumi che non si confanno loro, perché si rivelano presto un<br />

elemento <strong>di</strong>struttivo o generatore <strong>di</strong> povertà.<br />

Pensare alla libertà del cibo significa soprattutto pensare ai luoghi delle comunità, intesi come<br />

l’unione <strong>di</strong> natura e cultura. Di risorse e <strong>di</strong> uomini. La risultante è il cibo che vi si produce: la<br />

libertà è quella <strong>di</strong> produrre il nostro cibo in armonia con ciò che ci circonda”.<br />

Valeva la pena essere a Torino, con Demetra. Non solo perché il mio <strong>di</strong>giuno tipico, per così <strong>di</strong>re,<br />

ne avrebbe tratto prezioso nutrimento: ma perché lavorare per progetti <strong>di</strong> marketing territoriale (a<br />

cominciare dallo scrivere le guide dei territori <strong>di</strong> tipicità) prende senso, e valore, se si sta dentro<br />

questo orizzonte.<br />

Avrei voluto essere a Torino. Non avevo i sol<strong>di</strong> del viaggio, ma avrei voluto stare un pò con<br />

Demetra.<br />

Valeva la pena che ci fosse Res Tipica, all’appuntamento con Demetra a Torino.<br />

Perché la sovranità alimentare è emergenza nei Paesi della <strong>fame</strong> come in quelli dove il pane c'è.<br />

Non esiste lembo dei cinque continenti dove essa non sia verificabile: né là dove la carestia è già<br />

fulminante trage<strong>di</strong>a, né qua dove il degrado e l’abbandono sono drammi mici<strong>di</strong>ali che lavorano<br />

lenti.<br />

Si tratta <strong>di</strong> afferrare i due corni <strong>di</strong> uno stesso problema, <strong>di</strong> rimettere assieme i prodotti coi territori.<br />

Valeva la pena che ci fosse anche Res Tipica, all’appuntamento con Demetra a Torino.<br />

Macchè!<br />

Era un’altra volta impegnata a presentarsi ai Sindaci convenuti in Umbria: era <strong>di</strong> nuovo a imbonire<br />

con marketing <strong>di</strong> progetti coloro che aspettano che, una buona volta ed alla buon’ora, con loro si<br />

realizzino buoni progetti <strong>di</strong> marketing. E vabbeh…<br />

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