Assaggi di fame - Filippo Radaelli
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Speziali essenze contro le <strong>di</strong>ete<br />
7 novembre<br />
Uno pensa <strong>di</strong> mangiare ravioli col plin, risotto alla milanese, patate al cartoccio, pane <strong>di</strong> Mo<strong>di</strong>ca,<br />
miele <strong>di</strong> castagno, un magnifico Mont Blanc, una squisita mostarda <strong>di</strong> Cremona, deliziosi tozzetti<br />
intinti nell’Aleatico… Macchè! Ti rovinano l’appetito “Attento: sono tutti carboidrati”.<br />
Una monumentale fiorentina al sangue, per rifarti? Un’albese cruda? Fave e pecorino romano?<br />
Orata, salmone, coregone? Proteine. Niente altro che proteine. “Non esagerare con le proteine”.<br />
Una gonfia mozzarella <strong>di</strong> bufala campana con<strong>di</strong>ta con olio extravergine <strong>di</strong> oliva? Una toma <strong>di</strong> capra<br />
profumata con olio <strong>di</strong> nocciole Piemonte <strong>di</strong> Castellero? Lardo <strong>di</strong> maiale nero dei Nebro<strong>di</strong>? Panna e<br />
burro <strong>di</strong> malga. Lipi<strong>di</strong>. Capite? Solamente grassi lipi<strong>di</strong>. Anzi: “Pericolsissimi, grassi, unti lipi<strong>di</strong>”.<br />
I nutrizionisti ci hanno tolto per davvero la voglia <strong>di</strong> mangiare. È il loro mestiere, ma accidempoli!<br />
Così non si vive più!<br />
“Mo’ li frego”, penso ogni volta che mi prende lo sghiribizzo vegetariano e mi metto davanti a una<br />
bella zuppa <strong>di</strong> verdure, ad una scodella <strong>di</strong> cicoria ripassata in padella, a due o tre carciofi cucinati<br />
alla giu<strong>di</strong>a, ad un’insalata d’ovoli, facendo scarpetta con pane nero e concludendo con mele della<br />
Val <strong>di</strong> Non, biologiche, cotte al forno con tanto <strong>di</strong> buccia. “Qui la chimica ha poco da <strong>di</strong>re”, mi<br />
rassicuro, brindando con un centrifugato <strong>di</strong> carote. Infatti tace. La voce che s’alza non è la sua, ma<br />
quella, stridula e saccente, della fisica. “Sono fibre”, <strong>di</strong>ce. “Fanno bene all’intestino, stimolano la<br />
peristalsi”. Chissenefrega. “Pare anche che abbiano virtù anticancerogene”, insiste.<br />
Basta, per favore! Non vivo per mangiare ma neppure mangio per sopravvivere.<br />
Vivo perché vivere è bello e mangio perché mangiare è buono.<br />
Entrare in cucina come fosse un laboratorio scientifico non mi affascina punto. Si gustano e<br />
degustano i sapori gastronomici, i saperi sperimentali.<br />
Vorrei godermi in santa pace i piaceri <strong>di</strong> questa grande espressione <strong>di</strong> culture e non sento affatto il<br />
bisogno <strong>di</strong> venire ossessionato dalle tabelle caloriche.<br />
Se debbo fare a meno <strong>di</strong> mangiare, sia un <strong>di</strong>giuno tipico per sani motivi: non una orrida <strong>di</strong>eta!<br />
Ma non se n’esce. Il nutrizionismo è una religione fondamentalista che miete proseliti.<br />
Di notte, un sobbalzo nel letto: quasi sveglio la famiglia per l’urlo <strong>di</strong> gioia ricacciato in gola.<br />
Spiegatemi come ve la cavate adesso, fanatici proibizionisti alimentari: come la mettete con<br />
l’argomento droghe? Non coca, oppio o narcotici vari, ma droghe nel senso <strong>di</strong> sostanze secche<br />
(questo è il significato della parola, stesso etimo <strong>di</strong> dry) in grado <strong>di</strong> procurar legittimo piacere,<br />
riabilitando gluci<strong>di</strong>, proti<strong>di</strong> e lipi<strong>di</strong> messi nel piatto in forma <strong>di</strong> pietanze. In fondo, al risotto il<br />
sapore lo dà lo zafferano, alla mostarda <strong>di</strong> Cremona la senape, aglio sale e pepe all’albese, c’è da<br />
sbizzarrirsi per orate e coregoni… Con la cicoria ci va il peperoncino, cannella e vaniglia nelle mele<br />
al forno. Lascio per ultimo il lardo: non è il lardo è la prova provata – con la sua coccia che sembra<br />
un orto – che tutto <strong>di</strong>pende dai sapori? Che così si chiamano proprio per questo?<br />
Aglio, aneto, basilico, cannella, cardamomo, chiodo <strong>di</strong> garofano, coriandolo, cumino, dragoncello,<br />
foglie <strong>di</strong> alloro, grani <strong>di</strong> senape, maggiorana, menta, noce moscata, origano, pepe, prezzemolo,<br />
rosmarino, salvia, semi d’anice, timo, zafferano, zenzero… Mi limito, ma la serie è infinita.<br />
Aggiungo solo il sale, sapore per antonomasia, perché rende sapide le cose. Senza, son sciocche.<br />
Allora? Ho vinto? Ho rimesso piacere in quel che mangiamo?<br />
Chiristian Bodan mi toglie quest’ultima illusione: desolato, sussurra: “Non è così”. Bisbiglia, quasi,<br />
per non farmi male, ma è franco fin dal primo capitolo de “Le cucine del mondo”, andato in libreria<br />
con Donzelli, da non perdere. “Non è così”, mi sembra che insista: “Dimentichi che questi aromi<br />
hanno anche un altro nome: spezie. E che gli speziali d’una volta son oggi farmacisti”.<br />
Capperi (ecco: giusto questi <strong>di</strong>menticavo!), ha ragione. Ha perfettissimamente ragione. La stessa<br />
mia famiglia, per linea matrilineare, <strong>di</strong>scende da una stirpe <strong>di</strong> speziali fin dal ’400, ed oggi hanno<br />
una fiorente farmacia nella Marca trevigiana. E sciocco io – senza sale! – a non tenere a mente che<br />
tutte quelle essenze vanno sotto l’antico nome <strong>di</strong> erbe officinali, alias farmaceutiche.<br />
“Pensa – intigna Bourdan nel primo capitolo del suo ottimo libro – che l’aglio, la cipolla, l’origano<br />
ed il pepe della Giamaica uccidono il 100% dei 30 principali batteri che contaminano gli alimenti;<br />
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