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Trascorsi pochi giorni, prese con sé molto denaro e si recò all’ospizio dei<br />
lebbrosi; li riunì e distribuì a ciascuno l’elemosina, baciandogli la mano. Nel ritorno, il<br />
contatto che dianzi gli riusciva repellente, quel vedere cioè e toccare dei lebbrosi, gli si<br />
trasformò veramente in dolcezza. Confidava lui stesso che guardare i lebbrosi gli era<br />
talmente increscioso, che non solo si rifiutava di vederli, ma nemmeno sopportava di<br />
avvicinarsi alle loro abitazioni. Capitandogli di transitare presso le loro dimore o di<br />
vederne qualcuno, sebbene la <strong>com</strong>passione lo stimolasse a far l’elemosina per mezzo di<br />
qualche altra persona, lui voltava però sempre la faccia dall’altra parte e si turava le<br />
narici. Ma per grazia di Dio diventò <strong>com</strong>pagno e amico dei lebbrosi così che, <strong>com</strong>e<br />
afferma nel suo Testamento, stava in mezzo a loro e li serviva umilmente (L3C 11).<br />
<strong>San</strong> Bonaventura, nella LM I,6, da una motivazione teologica all’amore che<br />
<strong>Francesco</strong> ebbe per i lebbrosi: Mentre prima aborriva non solo la <strong>com</strong>pagnia dei<br />
lebbrosi, ma perfino il vederli da lontano, ora, a causa di Cristo crocifisso, che, secondo<br />
le parole del profeta, ha assunto l’aspetto spregevole di un lebbroso (Is 53,3-4), li<br />
serviva con umiltà e gentilezza. Il lebbroso diventa segno di Cristo Servo sofferente di<br />
Jahvè, che sulla croce, pieno di lividure e percosse, guarisce l’umanità. L’amaro della<br />
sofferenza diventò per <strong>Francesco</strong> una dolcezza nel suo cuore che non lo lasciò mai più.<br />
Quel giorno <strong>Francesco</strong> <strong>com</strong>inciò a trovare Cristo, a convertirsi.<br />
Il contatto con il lebbroso portava <strong>Francesco</strong> a cercare momenti intensi di<br />
preghiera. Le Fonti parlano di un fatto singolare nella vita del giovane <strong>Francesco</strong>,<br />
quando con un suo amico e confidente, di cui non conosciamo il nome, <strong>Francesco</strong> usciva<br />
in campagna e si ritirava in una grotta. Il termine latino originale è crypta, e perciò si<br />
deve pensare ad una cripta (forse quella di <strong>San</strong> Damiano, oppure quella romanica di <strong>San</strong><br />
Masseo, a poca distanza, che ancora esiste), dove sfogava la sua angoscia nella ricerca<br />
del suo futuro. Anche la <strong>com</strong>pagnia di un amico era importante in questo momento<br />
delicato della vita di <strong>Francesco</strong>, e forse lo preparava all’esperienza molto più profonda<br />
della vita con i fratelli che avrebbero seguito il suo cammino.<br />
Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà. Conducendo un suo<br />
<strong>com</strong>pagno, che aveva molto amato, in località fuori mano, gli diceva di avere scoperto<br />
un grande e prezioso tesoro. Quello ne fu tutto felice e volentieri si univa a <strong>Francesco</strong><br />
quando era invitato. Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi, ci entrava da<br />
solo, lasciando fuori l’amico, impaziente di impadronirsi del tesoro. <strong>Francesco</strong>, animato<br />
da un nuovo straordinario spirito, pregava in segreto il Padre; però non confidava a<br />
nessuno cosa faceva nella grotta. Dio solo lo sapeva, e a lui incessantemente chiedeva<br />
<strong>com</strong>e impadronirsi del tesoro celeste (L3C 12).<br />
L’esperienza della grotta era molto importante nella psicologia del giovane<br />
<strong>Francesco</strong>. Il buio dell’incertezza, dell’angoscia, della paura, lo teneva prigioniero di<br />
brutti sogni e suggestioni che le fonti non esitano ad attribuire al diavolo. L’esempio più<br />
noto è quello della donna contratta che <strong>Francesco</strong> conobbe ad Assisi, e che diventò per lui<br />
un ossessione. Aveva paura di diventare deformato <strong>com</strong>e lei, se continuava nella sua<br />
ricerca di Dio. I peccati della sua giovinezza <strong>com</strong>inciarono a pesargli addosso, e non<br />
poteva più trovare la luce per uscirne da quel buio. All’uscire dalla grotta, all’amico egli<br />
appariva divenuto un altro uomo (L3C 12). Così parlano i Tre Compagni. Forse<br />
Tommaso da Celano è più realista: Si <strong>com</strong>prende perciò <strong>com</strong>e, facendo ritorno al suo<br />
<strong>com</strong>pagno, fosse tanto spossato da apparire irriconoscibile (1C 6).<br />
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