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Capitolo 17<br />
LA MORTE E LA GLORIFICAZIONE<br />
DI SAN FRANCESCO (1226-1228)<br />
L’anno 1226 segna la conclusione santa della vita di <strong>Francesco</strong> e l’inizio della sua<br />
glorificazione. Abbiamo visto che il <strong>San</strong>to ritornò ad Assisi stremato e mezzo morto da<br />
Siena. L’estate del 1226 era ormai alle porte, e per evitare il caldo afoso della Valle<br />
Umbra nella quale si trova la Porziuncola, decisero di portare <strong>Francesco</strong> in zona<br />
collinare, a Bagnara, vicino a Nocera Umbra. Si può dire che <strong>Francesco</strong> trascorse qui i<br />
mesi di luglio e agosto. Ma la sua condizione fisica si peggiorava di giorno in giorno.<br />
Gli Assisani vennero a sapere del suo stato grave di salute e decisero che il loro cittadino<br />
più illustre non doveva morire fuori dal territorio della città. Perciò i consoli del<br />
Comune, verso la fine di agosto, mandarono un gruppo di cavalieri per riportare<br />
<strong>Francesco</strong> ad Assisi. Questi lo riportarono con sosta nel povero villaggio di Satriano,<br />
dove <strong>Francesco</strong> li esortò a chiedere l’elemosina dalla gente del luogo per mangiare (2C<br />
77). Quando arrivò ad Assisi <strong>Francesco</strong> fu accolto nel vescovado in città, dove<br />
probabilmente rimase per pochi giorni, o al massimo per qualche settimana durante la<br />
prima metà di settembre 1226. Dalle Fonti si può concludere che <strong>Francesco</strong> dimorò nel<br />
vescovado più di una volta, ma questa ultima dimora è la più nota. Nel palazzo del<br />
vescovo di Assisi <strong>Francesco</strong> <strong>com</strong>pose l’ultima parte del Cantico di Frate Sole, per<br />
ringraziare il Signore per sora nostra morte corporale.<br />
Sempre in quei giorni, un medico di Arezzo, Buongiovanni, conoscente e amico di<br />
<strong>Francesco</strong>, venne a fargli visita nel palazzo. Il <strong>San</strong>to lo interrogò sulla propria malattia<br />
... Il medico rispose: “Fratello, con l’aiuto di Dio starai meglio”. Non aveva il coraggio<br />
di dirgli che tra poco sarebbe morto. Ma <strong>Francesco</strong> insistette: “Dimmi la verità, che<br />
cosa prevedi? Non avere paura, poiché con la grazia di Dio, non sono un codardo che<br />
teme la morte. Per misericordia e bontà del Signore sono così intimamente unito a Lui,<br />
che sono ugualmente felice sia della morte che della vita”. Allora il medico gli disse<br />
schiettamente: “Padre, secondo la nostra scienza la tua infermità è incurabile, e tu<br />
morrai tra la fine di settembre e i primi di ottobre”. <strong>Francesco</strong> che giaceva a letto<br />
ammalato, preso da ardente devozione e riverenza verso il Signore, stese le braccia con<br />
le mani aperte ed esclamò con viva gioia intima ed esteriore: “Ben venga la mia sorella<br />
Morte!” (CA 100; 2C 217; SP 122).<br />
Allora il beato <strong>Francesco</strong>, sebbene disfatto dalle malattie, con grande fervore di<br />
spirito e interiore ed esteriore letizia, lodò il Signore. Poi rispose: “Ebbene, se la morte<br />
è imminente, chiamatemi i fratelli Angelo e Leone, affinché mi cantino di sorella Morte”.<br />
Vennero i due da <strong>Francesco</strong> e cantarono, in lacrime, il Cantico di frate Sole, e delle altre<br />
creature del Signore, <strong>com</strong>posto dal <strong>San</strong>to durante la sua infermità, a lode del Signore e a<br />
consolazione dell’anima sua e degli altri. In questo Cantico, innanzi all’ultima strofa,<br />
egli inserì la lassa di sorella Morte, questa:<br />
Laudato sie, mi Signore,<br />
per sora nostra morte corporale,<br />
dalla quale null’omo vivente po’ scampare.<br />
Guai a quilli ke morirà ne li peccati mortali!<br />
Biati quilli ke trovarà ne li toi sanctissime voluntade,<br />
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