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Capitolo 16<br />
IL CANTICO DELLE CREATURE<br />
E LE MALATTIE DI FRANCESCO (1225)<br />
La stimmatizzazione sulla Verna apre per <strong>Francesco</strong> un calvario di due anni, in<br />
cui doveva soffrire varie malattie, che erano anche il risultato della sua vita di itineranza e<br />
povertà e delle sue rigide penitenze. Vedremo <strong>com</strong>e <strong>Francesco</strong>, pian piano, perdeva la<br />
luce degli occhi, con una malattia che probabilmente aveva contratto in Oriente. Lo<br />
stomaco, il fegato, la milza, dimostravano crescenti segni di disfunzione. Le stimmate,<br />
oltre ad essere un fenomeno di natura mistico-spirituale, causavano atroci dolori e<br />
impedivano al santo di poter camminare. Ma forse la sofferenza più grande che<br />
<strong>Francesco</strong> doveva attraversare negli ultimi anni della sua vita era quella di vedere<br />
l’Ordine che letteralmente gli scappava dalle proprie mani. Le Fonti ci fanno vedere<br />
questo stato interno di angoscia del santo.<br />
Fu interrogato una volta da un frate perché avesse rinunciato alla cura di tutti i<br />
frati e li avesse affidati a mani altrui, <strong>com</strong>e se non gli appertenessero in nessun modo.<br />
“Figlio, - rispose – io amo i frati <strong>com</strong>e posso. Ma se seguissero le mie orme, li amerei<br />
certamente di più e non mi renderei estraneo a loro. Vi sono alcuni tra i prelati, che li<br />
trascinano per altre strade, proponendo loro gli esempi degli antichi e facendo poco<br />
conto dei miei ammonimenti. Ma si vedrà alla fine cosa fanno”. E poco dopo, mentre<br />
era molto ammalato, nella veemenza dello spirito, si drizzò sul lettuccio: “Chi sono –<br />
esclamò – questi che mi hanno strappato dalle mani l’Ordine mio e dei frati? Se andrò<br />
al Capitolo generale, mostrerò loro qual è la mia volonta” (2C 188).<br />
Parole degne di fede, riferite da Tommaso da Celano, che dimostrano l’angoscia<br />
interiore del santo e la sua sofferenza interna quando vedeva che i prelati, cioè, i ministri,<br />
indirizzassero l’Ordine verso strutture monastiche e conventuali che egli non prediligeva,<br />
non perché non furono indispensabili per la vita religiosa, ma perché potevano rallentare<br />
lo slancio itinerante e missionario della chiamata alla povertà evangelica dei Frati Minori.<br />
Per questa ragione, pur con le sue forze stremate, <strong>Francesco</strong> continuò a<br />
impegnarsi fino alla fine nella evangelizzazione. L’inverno del 1224-1225 lo trascorse<br />
andando di quà e di là per l’Umbria e le Marche predicando, portato sul dorso di un<br />
asino. Ormai la sua stessa persona era diventata un vangelo vivente, una predica viva che<br />
toccava i cuori di coloro che lo accoglievano e che lo ascoltavano.<br />
Sembra che dopo questi viaggi estenuanti le sue forze si affievolirono a tal punto<br />
che dovette fermarsi. I frati lo portavano in un posto in cui avrebbe ricevuto le cure<br />
materne di Chiara e delle Povere Dame, e precisamente a <strong>San</strong> Damiano, dove trascorse<br />
gli inizi della primavera del 1225. Fu in questa circostanza, proprio mentre stava in una<br />
celletta fuori del monastero, quando non poteva ormai vedere più la luce del sole, che<br />
<strong>Francesco</strong> <strong>com</strong>pose il suo capolavoro letterario e spirituale che è il Cantico di Frate Sole.<br />
Seguiamo il racconto dello Specchio di Perfezione.<br />
Due anni prima della sua morte, mentre si trovava presso <strong>San</strong> Damiano in una<br />
celletta fatta di stuoie, era talmente tormentato dal male d’occhi, che per oltre cinquanta<br />
giorni non poté vedere la luce del giorno e neppure quella del fuoco. E avvenne, per<br />
consenso divino, che, ad accrescere la sua sofferenza e il suo merito, venissero dei topi<br />
così numerosi in quella cella, notte e giorno scorrazzandogli sopra e d’intorno, da non<br />
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