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Vita San Francesco - I-tau.com

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crocifisso che gli stampò sul corpo i segni della passione di Cristo che egli stava<br />

meditando.<br />

Allorché dimorava nel romitorio, che dal nome del luogo è chiamato Verna, due<br />

anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo, in forma di<br />

Serafino, con sei ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad<br />

una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due<br />

coprivano tutto il corpo. A quell’apparizione il beato servo dell’Altissimo si sentì ripieno<br />

di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche<br />

da viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il<br />

Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente<br />

atterrito nel vederlo confitto in croce nell’acerbo dolore della passione. Si alzò, per così<br />

dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con<br />

ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato.<br />

Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani<br />

e nei piedi <strong>com</strong>inciarono a <strong>com</strong>parire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto<br />

in quel misterioso uomo crocifisso.<br />

Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano<br />

visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla<br />

parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati<br />

nell’esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, <strong>com</strong>e fosse punta di chiodi<br />

ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul<br />

resto della carne. Anche il lato destro era trafitto <strong>com</strong>e da un colpo di lancia, con ampia<br />

cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande<br />

(1C 94-95).<br />

L’episodio della stimmatizzazione di <strong>Francesco</strong> segna il culmine della sua<br />

esperienza mistica, che parte dal crocifisso di <strong>San</strong> Damiano per arrivare alla visione del<br />

Serafino crocifisso su La Verna. Il santo portava per due anni le stimmate della passione,<br />

che le Fonti sempre descrivono accuratamente non <strong>com</strong>e semplici cicatrici, ma <strong>com</strong>e<br />

segni veri degli stessi chiodi che Gesù aveva nelle mani e nei piedi. Rigardo alla ferita<br />

del costato le stesse Fonti dicono che <strong>Francesco</strong> la teneva gelosamente nascosta da tutti, e<br />

che soltanto pochissimi ebbero la grazia di vederla mentre era ancora vivo, tra i quali<br />

frate Elia e frate Rufino, che la vide quando medicava il santo e la toccò per sbaglio,<br />

causando al santo un atroce dolore.<br />

Il dottore serafico <strong>San</strong> Bonaventura, pure lui un grande mistico, che nel 1259<br />

trascorse un periodo di riflessione su La Verna, e poi scrisse il suo famoso trattato mistico<br />

Itinerarium mentis in Deum, così spiega il fenomeno della stimmatizzazione nella<br />

Legenda Maior:<br />

<strong>Francesco</strong>, ormai confitto nella carne e nello spirito, con Cristo sulla croce, non<br />

solo ardeva di amore serafico verso Dio, ma sentiva la sete stessa di Cristo crocifisso per<br />

la salvezza degli uomini. E sic<strong>com</strong>e non poteva camminare, a causa dei chiodi sporgenti<br />

sui piedi, faceva portare attorno per città e villaggi quel suo corpo mezzo morto, per<br />

animare tutti gli altri a portare la croce di Cristo. Diceva ai frati: “In<strong>com</strong>inciamo,<br />

fratelli, a servire il Signore Dio nostro, perché finora abbiamo <strong>com</strong>binato poco”. Ardeva<br />

anche d’un gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per servire, <strong>com</strong>e<br />

da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo fervore il corpo ormai consumato<br />

dalla fatica (LM XIV,1).<br />

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