Il beato <strong>Francesco</strong>, intuendo che quella era opera di Dio e non di uomo, fu ricolmo di intensa gioia, e con il cuore esultante e traboccante di affetto lodò il Signore che lo aveva voluto deliziare con una consolazione così soave e grande (CA 66; 2C 126). Un episodio similie viene narrato nei Fioretti, II Considerazione delle Stimmate, dove si dice che <strong>Francesco</strong> sentì un angelo che suonava una viola mentre il santo stava sulla Verna (FF 1914). Il soggiorno a Rieti dell’1225 era l’ultimo di <strong>Francesco</strong> in questa terra che amava di tutto il cuore, e che aveva visto tanti episodi importanti e gioisi nella sua vita. Il suo calvario dovette essere consumato nel 1226. Ma prima di arrivare alla morte, <strong>Francesco</strong> venne portato di nuovo per ulteriori cure, questa volta a Siena. Il periodo era quello della primavera del 1226. Una notte d’aprile <strong>Francesco</strong> stava veramente per morire a causa di una emorragia interna. In questa circostanza dettò quello che viene chiamato il Testamento di Siena: Sei mesi prima della sua morte, dimorando a Siena per la cura degli occhi, <strong>com</strong>inciò ad ammalarsi gravemente per tutto il corpo. A seguito di una rottura dei vasi sanguigni dello stomaco, a causa della disfunzione del fegato, ebbe abbondanti sbocchi di sangue, tanto da far temere imminente la fine (1C 105). I suoi <strong>com</strong>pagni, vedendolo in procinto di morire per lo sfinimento e i dolori della malattia, con molta angoscia e piangendo gli dissero: “Padre, che facciamo? Dona la tua benedizione a noi e agli altri tuoi fratelli. E lascia ai tuoi fratelli un memoriale della tua volontà, affinché, se il Signore ti vorrà chiamare da questo mondo, possano sempre tenere in mente e ripetere: Il nostro padre, sul punto di morire, ha lasciato queste parole ai suoi fratelli e figli”. <strong>Francesco</strong> disse: “Chiamatemi frate Benedetto da Piratro”. Era questi sacerdote, uomo equilibrato e santo, ascritto all’Ordine fino dai primordi, e talvolta celebrava per <strong>Francesco</strong> in quella stessa cella ... Arrivato Benedetto, gli disse <strong>Francesco</strong>: “Scrivi che io benedico tutti i miei frati che attualmente sono nell’Ordine e quelli che vi entreranno sino alla fine del mondo” ... <strong>Francesco</strong> riprese: “Sic<strong>com</strong>e per lo sfinimento e le sofferenze della malattia non posso parlare, esprimo brevemente ai miei fratelli la mia volontà in queste tre parole: in segno del mio ricordo, della mia benedizione e del mio testamento, i frati sempre si amino e rispettino l’un l’altro; amino e osservino sempre la santa povertà, nostra signora; sempre siano fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa madre Chiesa” (CA 59; SP 87). <strong>Francesco</strong> non morì in quella notte, ma ormai la fine non era lontana. Frate Elia, a quella notizia, accorse in fretta da lontano e, al suo arrivo, <strong>Francesco</strong> migliorò al punto che poté lasciare Siena e recarsi con lui alle Celle presso Cortona. Ma dopo pochi giorni dall’arrivo, il male riprese il sopravvento: gli si gonfiò il ventre, si inturgidirono gambe e piedi, e lo stomaco peggiorò talmente che gli riusciva quasi impossibile ritenere qualsiasi cibo. Chiese allora a frate Elia il favore di farlo riportare ad Assisi. Da buon figliuolo questi eseguì la richiesta del caro padre prendendo tutte le precauzioni necessarie, anzi ve lo ac<strong>com</strong>pagnò personalmente. L’intera città esultò alla venuta del <strong>San</strong>to e tutti ne lodavano Iddio, poiché tutto il popolo sperava che il <strong>San</strong>to finisse i suoi giorni tra le mura della sua città, e questo era il motivo di tale esultanza (1C 105). Nell’eremo di Celle di Cortona una tradizione non <strong>com</strong>provata dice che <strong>Francesco</strong> avrebbe dettato il suo Testamento, che è uno sviluppo ulteriore a quello di Siena, ed un documento fondamentale per capire il carisma genuino del Poverello. Non sappiamo se il 96
Testamento fu <strong>com</strong>posto a Celle di Cortona. Sarebbe più verosimile che sia stato scritto più tardi alla Porziuncola. Secondo lo studioso Francescano Kajetan Esser OFM: “Motivi esterni e interni esigono in modo chiaro e convincente che si ponga la <strong>com</strong>posizione del Testamentum negli ultimi giorni della vita del santo, quand’era già alla Porziuncola. In ogni caso, la <strong>com</strong>posizione del Testamento è strettamente connessa con la sua morte”. 97
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Chiara era nata nel 1193 da una mad
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I Tre Compagni danno una motivazion
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abbiamo già dimostrato sopra. Fors
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