Guido VALABREGA Ebrei, fascismo, <strong>sionismo</strong> (1974) nell'ambito dell'attuale regime israeliano». Però, due pagine dopo, è costretto ad ammettere: «Sotto la pesante pressione del mondo esterno i kibbuzim han finito col cedere in politica per non cedere [419] in economia. La caccia alle piccole e gran<strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà in<strong>di</strong>viduali è ora all'or<strong>di</strong>ne del giorno... <strong>Il</strong> <strong>di</strong>sinteresse politico e la tendenza al quieto nazionalismo borghese sono ormai <strong>di</strong> dominio generale» (p. 202). Lo stato d'animo che si manifesta in questo breve scritto non è singo<strong>lo</strong> frutto d'una passeggera incertezza, ma è permanente in tutti i più consapevoli <strong>di</strong>rigenti del movimento collettivistico israeliano, e co<strong>lo</strong>ro che non <strong>lo</strong> prendono in considerazione danno una rappresentazione assai limitata <strong>di</strong> quel che sia l'o<strong>di</strong>erna realtà del kibbuz. L'ultimo punto, sul quale ritengo giusto esprimere alcuni r<strong>il</strong>ievi, si collega strettamente con la problematica kibbuzistica e concerne precisamente quanto si <strong>di</strong>ce o non si <strong>di</strong>ce nei testi citati su un altro settore del movimento dei lavoratori israeliani e cioè sulla classe operaia oggi abbastanza numerosa, la quale si concentra intorno ad una fitta rete d'imprese industriali più o meno gran<strong>di</strong>. Praticamente in nessuno dei libri che abbiamo segnalato vengono trattati i problemi della classe operaia, come essa viva, quali siano i salari, come essa <strong>lo</strong>tti, quali siano le sue aspirazioni. Di fatto, si confonde spesso con classe operaia la popolazione delle co<strong>lo</strong>nie agricole, la quale però non è che <strong>il</strong> 4 % circa della popolazione del paese, mentre gli Israeliani che <strong>di</strong>pendono da industria, artigianato, costruzioni e trasporti sono circa <strong>il</strong> 40 %. Questa lacuna è particolarmente visib<strong>il</strong>e nel numero speciale del Ponte anche per colpa d'alcuni brevi scritti <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse eminenti personalità socialdemocratiche (I. Bar Jehudah, M. Bentov, R. Barkatt, A. Oron, ecc.) che indulgono ad un ottimismo <strong>di</strong> maniera e rifuggono da ogni serio approfon<strong>di</strong>mento degli argomenti <strong>lo</strong>ro affidati (rispettivamente: la politica interna, le risorse del sottosuo<strong>lo</strong>, l'Histadrut, l'assistenza malattie). I motivi che spingono gli stu<strong>di</strong>osi borghesi e socialdemocratici ad evitare questi temi, fondamentali per conoscere [420] l'essenza <strong>di</strong> uno <strong>Stato</strong>, sono <strong>di</strong> due tipi: da un lato vi sono uno scarso interesse ed una <strong>di</strong>sattenzione tra<strong>di</strong>zionale per i problemi della <strong>lo</strong>tta <strong>di</strong> classe e v'è una preferenza a ricercare le particolarità strane piuttosto che a soffermarsi sulla «solita» realtà; ma dall'altro, in più d'un caso, v'è un'effettiva malafede, un desiderio <strong>il</strong>lecito <strong>di</strong> sorvolare, <strong>il</strong> tentativo d'abbellire <strong>il</strong> quadro oltre la giusta misura. E quando la lacuna è grossa come questa, quando ciò <strong>di</strong> cui non si parla è la classe operaia urbana, non si tratta evidentemente soltanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione. La classe operaia compare, quantunque per via in<strong>di</strong>retta, so<strong>lo</strong> quando si descrivono i fasti della Confederazione del lavoro, che è in realtà <strong>di</strong> tendenza moderatissima, burocratizzata e strettamente collegata al sindacalismo «gial<strong>lo</strong>» statunitense oppure quando si fa del bozzettismo <strong>di</strong> gusto me<strong>di</strong>ocre (d'<strong>Oriente</strong> s'incontra con l'Occidente al volante <strong>di</strong> una Kaiser-Frazer costruita in una fabbrica israeliana da operai originari d'Asia o d'Africa sotto la <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> ingegneri venuti dall'Europa», D. Catarivas, op. cit., p. 11). La classe operaia israeliana si <strong>di</strong>batte, invece, in problemi assai <strong>di</strong>flìc<strong>il</strong>i, le <strong>lo</strong>tte sindacali sono aspre, <strong>lo</strong> sfruttamento è violento, e all'interno della Confederazione del lavoro insorgono vivaci contrasti; insomma, fortunatamente, gli operai israeliani sono <strong>di</strong> carne ed ossa, coi <strong>lo</strong>ro pregi ed i <strong>lo</strong>ro <strong>di</strong>fetti, non delle pallide s<strong>il</strong>houettes degne d'un cortometraggio propagan<strong>di</strong>stico della Shell o della B.P.C. Da questi r<strong>il</strong>ievi e da queste critiche mi sembra risalti chiaramente, anche se ancor molto vi sarebbe da <strong>di</strong>re, quanto si sosteneva agli inizi, la mancanza, cioè, <strong>di</strong> una riflessione approfon<strong>di</strong>ta sul fenomeno israeliano; le questioni infatti che qui si — 228 —
Guido VALABREGA Ebrei, fascismo, <strong>sionismo</strong> (1974) sono sollevate non vogliono essere che un campionario <strong>di</strong> parecchie altre, tanto <strong>di</strong> politica estera quanto <strong>di</strong> politica interna, che sarà opportuno <strong>di</strong>scutere in modo più meto<strong>di</strong>co. — 229 —
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