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Il sionismo, lo Stato di Israele, il Medio Oriente

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Guido VALABREGA Ebrei, fascismo, <strong>sionismo</strong> (1974)<br />

«che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo continuare a <strong>di</strong>fendere i territori che abbiamo<br />

conquistato so<strong>lo</strong> perche qualcuno aveva trovato l'occasione per agire?».<br />

Questo senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong> sconforto che da tempo pervade la cerchia degli<br />

israeliani più vig<strong>il</strong>i su quanto capita <strong>lo</strong>ro intorno, s'è negli ultimi mesi acuito in<br />

seguito a taluni interventi abbastanza sconcertanti <strong>di</strong><br />

[444] vari autorevoli generali. Attraverso <strong>di</strong>chiarazioni in convegni o articoli su<br />

giornali, i generali della riserva Ezer Weizmann (oggi tra i capi del partito d'estrema<br />

destra Gahal) e Matatiau Peled - che ebbero importanti incombenze durante la<br />

«guerra dei sei giorni» rispettivamente nel settore operazioni e nel settore<br />

approvvigionamenti - sono infatti ritornati, in parte per giustificarsi, in parte<br />

avendo un occhio alla situazione politica attuale, sulle spinose questioni che siamo<br />

venuti mettendo a fuoco. Così su giornali al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni sospetto come <strong>il</strong> Maariv<br />

e l'Haarez, i due ufficiali hanno negato che i responsab<strong>il</strong>i del paese siano stati<br />

sorpresi nella <strong>lo</strong>ro buona fede da qualche esponente m<strong>il</strong>itare particolarmente<br />

astuto: tutti in verità erano a conoscenza del bluff e cioè che <strong>lo</strong> <strong>Stato</strong> d'<strong>Israele</strong> non<br />

correva <strong>il</strong> perico<strong>lo</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione e che si trattava soltanto <strong>di</strong> far credere questo al<br />

mondo. <strong>Il</strong> Peled cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che l'occupazione <strong>di</strong> territori egiziani, siriani e<br />

giordani era e resta necessaria nel quadro d'una più vasta strategia; per b<strong>lo</strong>ccare la<br />

penetrazione sovietica prima e per imporre oggi specialmente all'Egitto <strong>di</strong> sganciarsi<br />

dall'URSS, se vorrà riavere <strong>il</strong> Sinai almeno in parte. <strong>Il</strong> Weizmann, invece, sottolinea<br />

come quantunque non vi fosse un perico<strong>lo</strong> <strong>di</strong> sterminio per <strong>lo</strong> <strong>Stato</strong> d'<strong>Israele</strong>, la<br />

guerra era necessaria sia perché interessi storici, nazionali e concreti inducevano all'<br />

ampiamento territoriale, sia perché se non ci fosse stata guerra, <strong>il</strong> carattere<br />

essenziale del<strong>lo</strong> <strong>Stato</strong> avrebbe dovuto cambiare: «se non avessimo colpito, <strong>lo</strong> <strong>Stato</strong><br />

d'<strong>Israele</strong> non avrebbe potuto continuare ad esistere con la sua specificità, con <strong>il</strong><br />

medesimo spirito, con la medesima essenza». Sono queste, fin troppo chiaramente<br />

argomentazioni che <strong>di</strong>vagano sui compiti <strong>di</strong> avamposto dell'imperialismo americano<br />

che <strong>il</strong> governo israeliano s'è assunto o sulla mistica ultra-nazionalistica della<br />

conquista territoriale, ma che pure con una sorta <strong>di</strong> sfaccia-<br />

[445] taggine permessa dall'atmosfera sciovinistica dominante, re- spingono la nota<br />

leggenda <strong>di</strong> <strong>Israele</strong> accerchiato, <strong>di</strong> Davide e Golia ecc.<br />

Tra gli interventi, che le ultime prese <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong> Peled e Weizmann hanno<br />

provocato, merita d'essere segnalato l'interrogativo irritato posto dal giornalista A.<br />

Schweizer, sempre sull'Haarez (23 marzo 1972) che riassume un poco i dubbi d'un<br />

più vasto pubblico: «i citta<strong>di</strong>ni hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> chiedere ai signori Weizmann e<br />

Peled <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e <strong>di</strong>mostrare chi insomma ha cucinato la guerra, chi è riuscito a<br />

mettere nel sacco <strong>il</strong> mondo ed <strong>il</strong> popo<strong>lo</strong> d'<strong>Israele</strong> ed in breve sul conto <strong>di</strong> chi ci sono<br />

da mettere non so<strong>lo</strong> i successi, ma anche i morti».<br />

Proprio a conferma dell'interpretazione che tipi come Peled e Weizmann<br />

danno della «guerra dei sei giorni», quantunque al presente essi continuino a<br />

strumentalizzarla per i fini più retrivi, appare opportuno aggiungere qualcosa a<br />

proposito del decisivo e strab<strong>il</strong>iante successo dell'aviazione israeliana nel 1967, un<br />

successo tanto più strabi- liante se si pensa che le truppe avversarie sarebbero già<br />

state pronte a sferrare <strong>il</strong> colpo mortale. Anche questo aspetto del problema è venuto<br />

chiarendosi a poco a poco, fonti non sospette hanno fornito, per <strong>lo</strong> più<br />

invo<strong>lo</strong>ntariamente, le tessere del mosaico. Ad esempio Randolph e Winston<br />

Church<strong>il</strong>l, nel <strong>lo</strong>ro volume La guerra lampo <strong>di</strong> <strong>Israele</strong>, già all'indomani del conflitto<br />

avevano potuto scrivere la seguente incisiva affermazione tra i vari elementi che<br />

secondo <strong>lo</strong>ro spiegavano la superiorità israeliana: «le informazioni riguardanti i<br />

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