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Terra e gente 2012 - Comunità Montana Valli del Verbano

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<strong>Terra</strong> e <strong>gente</strong><br />

di pigiare sul tasto dolente. Secondo la già citata risoluzione di Sisto V il clero avrebbe<br />

dovuto sovvenire i poveri con le sue prebende, lasciando al principe gli «editti <strong>del</strong>la<br />

seminazione, sul trasporto, sull’abbondanza dei grani» (che a ben vedere erano un<br />

tentativo di introdurre un impegno morale nella produzione dei beni necessari all’esistenza).<br />

Per contro si era continuato a creare nuovi conventi e a «mantenere monache<br />

e frati oziosi», lasciando crescere i prezzi, la miseria, la fame, preparando così il terreno<br />

alla peste (34) . Gli effetti si videro sulle istituzioni, su arti, lettere, scienze, commerci,<br />

industrie. Era pur vero che peggiorava il Senato «per immissione di <strong>gente</strong> inetta, mandata<br />

da Madrid»; che l’entità <strong>del</strong> debito pubblico nemmeno era conosciuta, essendo<br />

ormai trascurato lo scrupoloso sistema contabile d’un tempo; vero che impieghi e<br />

benefi ci più di prima si concedevano con metodi clientelari; ma ricadeva sui due<br />

Borromeo – e qui si rasenta il ridicolo – la colpa <strong>del</strong>la sicurezza pubblica trascurata<br />

perché governatore, senato e capitano di giustizia, impegnati nelle controversie con<br />

l’arcivescovo, avevano rallentato il rigore contro ribaldi e assassini. E mentre nell’amministrazione<br />

pubblica si infi ltravano «fanatici clericali ai quali premevano ben più<br />

le prediche, le processioni, i rosari e il poter comandare», molti nobili, «infervorati<br />

dalle novità religiose», avevano licenziato «le persone poco timorate e facinorose che<br />

avevano a servizio le quali mancando di occupazione si erano unite alle bande fuori<br />

<strong>del</strong>la legge», alimentando in tal modo la specie dei «bravi», invano minacciati dalle<br />

gride. E improbabile sembra la motivazione <strong>del</strong>le «pretese smodate <strong>del</strong>la chiesa» circa<br />

il diritto d’asilo, trovata nell’ambizione di «riservare al proprio foro i giudizi».<br />

Guardando dall’alto, certamente grave fu il peso sociale costituito dalle immunità,<br />

che riguardavano i laici non meno che gli ecclesiastici, dalle «pretese<br />

irragionevoli <strong>del</strong>le corporazioni d’arte e mestiere» e infi ne dalle diffi coltà di<br />

estendere i provvedimenti ai feudi. Agivano i governatori, «annuente il debole<br />

Senato», a colpi di grida, con formulazioni confusionarie, tali da «rimpinguare<br />

fuori misura i procedimenti» il cui esito confi gurava una giustizia sommaria,<br />

sulla base di prove trovate con la tortura e di barbare esecuzioni, spettacoli che<br />

avevano per risultato di «inferocire gli assassini» e «indurire» il popolo (35) .<br />

Non v’è diffi coltà ad ammettere che gli scontri drammatici fra i due poteri<br />

incidessero sulla amministrazione con defatiganti trattative. remissione di giudizio<br />

al papa e costose ambasciate a Roma o Madrid; le reiterate scomuniche a<br />

offi ciali e persino ai governatori, ne minavano l’autorevolezza e ritardavano le<br />

scelte necessarie (36) . Se è vero che il Borromeo esorbitò dal campo religioso, ta-<br />

(34) M. FORMENTINI II, cap. VII, ff. 5 sg.<br />

(35) Ivi, cap. IV, pp. 18-24.<br />

(36) Si vedano ad esempio le cautele con cui il governatore Velasco regolò le rappresentazioni<br />

<strong>del</strong>le compagnie di comici nei giorni di festa: al controllo <strong>del</strong>la censura dovevano risultare prive di<br />

qualsiasi riferimenti religioso e di temi amorosi men che onesti (M. FORMENTINI II, cap. IV, ff. 26 sgg.).

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