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Terra e gente 2012 - Comunità Montana Valli del Verbano

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<strong>Terra</strong> e <strong>gente</strong><br />

lora per supplire a un potere clientelare e inetto, è altrettanto vero che il potere<br />

laico rivendicava consuetudini di pesante intromissione nell’amministrazione<br />

ecclesiastica, non favorevole alla sua integrità ed effi cienza. Ma è il momento<br />

di considerare nella concretezza di fatti ed effetti il governo <strong>del</strong>la chiesa milanese<br />

nel sessantennio seguito al 1560. Come premesso, si considereranno ora<br />

gli effetti sulla economia, e sul benessere collettivo, traendo anche qualche<br />

esempio dai rifl essi nelle nostre terre.<br />

La riforma cattolica: effetti sulla mentalità collettiva e sul governo <strong>del</strong> clero<br />

Non è invece banale il problema che, tolte le gratuite illazioni, è adombrato<br />

dal nostro autore e che più in profondità ha interessato i sociologi contemporanei,<br />

quale infl usso cioè abbia esercitato sull’economia la struttura religiosa<br />

in un determinato ambito sociale. Formentini individua nel costume di vita e<br />

negli atteggiamenti mentali, infl uenzati o imposti dalla Chiesa – l’esasperato<br />

ascetismo, la ricerca <strong>del</strong>la grazia divina con ossessive devozioni, le penitenze<br />

continue per la paura che il castigo divino ricadesse sui peccati <strong>del</strong>la collettività,<br />

il condannato attaccamento ai beni materiali e la deplorata ricerca di una<br />

felicità terrena – la causa principale <strong>del</strong>la decadenza di Milano. Più o meno<br />

contemporaneo <strong>del</strong> Formentini, Max Weber con diversa pregnanza reperiva<br />

alla radice <strong>del</strong>le fortune economiche d’un popolo un movente spirituale: in<br />

particolare indicava nei movimenti protestanti gli stimoli teologici all’intrapresa<br />

commerciale e industriale, premessa alle fortune <strong>del</strong> capitalismo. Spinta<br />

contraria è da altri additata nel cattolicesimo, con la diffi denza per la fi nanza,<br />

la condanna come usurario <strong>del</strong> frutto percepito sul denaro senza partecipazione<br />

diretta alla produzione. San Carlo combatté in effetti un’estrema battaglia<br />

contro l’usura, persa in partenza poiché «usure palliate o manifeste» – come<br />

scriveva un prevosto nostrano di quel tempo (37) – se ne erano fatte e si continuava<br />

a farne a piè sospinto. Dai tempi dei fasti bancari fi orentini e milanesi<br />

(propiziati quest’ultimi proprio dagli avi dei Borromeo), l’impiego rimunerato<br />

<strong>del</strong> denaro si riscontrava lungo qualsiasi strada <strong>del</strong> commercio, via d’acqua<br />

verbanese in testa. I teologi restavano incerti dinanzi ai mille espedienti escogitati<br />

per aggirare il divieto. Un recente sondaggio in atti notarili <strong>del</strong>la Valtravaglia<br />

inferiore, nei primi decenni <strong>del</strong> XVI secolo, ha rivelato la diffusa pratica<br />

<strong>del</strong> contratto triplo che dissimula un prestito (38) . La stessa pratica era corrente<br />

(37) Alto <strong>Verbano</strong>, secc. XVI-XVII. Usura o credito?, a c. P. FRIGERIO e P.G. PISONI, «Verbanus»,<br />

3-1981-82, p. 288.<br />

(38) P. FRIGERIO, B. GALLI, Vita quotidiana in Valtravaglia. I rogiti di Giroldino Porto (1500-1543),<br />

pp. 145 sgg.<br />

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