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Unità di Apprendimento, classe 3^ - scuola e cultura - rivista

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Aprile - Maggio - Giugno 2007 70<br />

PRESENTAZIONE<br />

E’ con sincera gioia che il Presì<strong>di</strong>o del Libro <strong>di</strong> Casarano presenta il Convegno, L’impegno religioso e civile in Dante,<br />

Manzoni, Mazzini per almeno tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ragioni: innanzitutto per la felice occasione <strong>di</strong> essere nel prestigioso Liceo<br />

Classico <strong>di</strong> Casarano, nel quale alcuni <strong>di</strong> noi hanno avuto la fortuna <strong>di</strong> formarsi e dove ancora tanti giovani raccolgono e<br />

tramandano il gusto per gli stu<strong>di</strong> umanistici, molto importanti, nonostante il <strong>di</strong>ffuso convincimento che l’attuale <strong>cultura</strong> sia<br />

fortemente schiacciata dalla tecnologia; un’altra ragione è che, l’Associazione I Presì<strong>di</strong> del Libro, avendo come scopo<br />

quello <strong>di</strong> promuovere la lettura, quale strumento principe per la crescita umana e sociale, in un incontro, nel quale<br />

ragionare ancora (perché tanto si è detto) sull’impegno religioso e civile <strong>di</strong> questi nostri gran<strong>di</strong> Italiani, benché impresa<br />

impegnativa e ambiziosa, trova in ciò stesso motivo <strong>di</strong> gratificazione; in ultimo, ma non ultimo, per la qualità dei relatori, i<br />

quali hanno risposto con un tale entusiasmo che ci deve far riflettere, in primo luogo per il loro impegno civile.<br />

Sì, il vero intellettuale non può non essere impegnato nella promozione <strong>di</strong> quei valori universalmente riconosciuti come<br />

fondanti per l’Umanità. Sia pure inconsciamente, non può che rispondere all’imperativo morale <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a e <strong>di</strong><br />

valorizzazione <strong>di</strong> quell’humus <strong>cultura</strong>le del quale egli stesso si nutre. Oggi, invece, solitamente si tende ad affiancare ad<br />

alcuni l’aggettivo “impegnato” per sottolinearne l’impegno esplicito, politico, annacquando, a mio parere, il senso più<br />

pregnante dell’impegno. Le due modalità, quella esplicita, come la implicita, infatti, attengono esclusivamente alla<br />

personalità del singolo, alle con<strong>di</strong>zioni storiche e contingenti che lo vedono interagire con la <strong>cultura</strong> del suo tempo, ma se<br />

improntate a sincero amore per l’uomo e il suo destino, non possono approdare a risultati <strong>di</strong>versi.<br />

Nel tempo in cui visse, nessuno mi sembra abbia mai definito Dante “poeta impegnato”, eppure quanto gli stesse a cuore<br />

il tema della giustizia anche terrena è documentato da tante sue pagine, almeno quante ne de<strong>di</strong>ca alla fede.<br />

Dell’impegno civile <strong>di</strong> Dante si è ampiamente detto: basterebbe citare Farinata, quale esempio della sua passione<br />

politica; Brunetto è la passione civile; Ulisse, ideale dell’uomo saggio, rappresenta in Dante l’in<strong>di</strong>ce<br />

della vera sapienza. Il desiderio <strong>di</strong> conoscenza prevale in Ulisse sui sentimenti <strong>di</strong> famiglia<br />

vincer poter dentro da me l’ardore<br />

ch’ i’ ebbi a <strong>di</strong>venir del mondo esperto,<br />

e delli vizi umani e del valore.<br />

Cristina Martinelli<br />

Dante è “soltanto” un uomo granitico, che ha l’abito del pensiero forte. Ai dantofili, poi, è apparsa<br />

evidente la cifra alta del suo impegno. Guelfo come lo vuole la tesi tommaseana o “ghibellin fuggiasco”, come lo chiamò<br />

Foscolo? Giuliano Bonfante nota che in realtà il sommo poeta nasce guelfo, in una città guelfa, da famiglia guelfa ed i<br />

Guelfi tornano al comando quando egli aveva un anno. E’ naturale che appartenga al partito guelfo, ma in vari passi<br />

della sua opera lo scopriamo ghibellino nell'anima, senza mai, però, essersi associato al partito ghibellino. Da nessun<br />

passo della sua opera risulta che egli, nella <strong>di</strong>sputa tra Chiesa e Impero, abbia preso le parti della Chiesa, anzi i papi<br />

sono messi all’Inferno, mentre, indulge spesso all’esaltazione dell’Impero. Né guelfi né ghibellini, come parte politica e,<br />

del resto, ad un grande poeta non si chiede <strong>di</strong> avere una mente politica, ma la sua intelligenza del mondo comprende<br />

che i Neri rappresentavano una nuova civiltà comunale e borghese, destinata a trionfare.<br />

Pascoli osserva con compiacimento che Dante usa nella Divina Comme<strong>di</strong>a i simboli della Croce e dell’Aquila in funzione<br />

<strong>di</strong> una renovatio mun<strong>di</strong>, ritrovandovi le sue stesse convinzioni, quelle che preludono ad un programma d’impegno politico<br />

superpartitico, che contribuisca a sostenere il cammino <strong>di</strong> tutti i popoli verso la conquista della giustizia sociale,<br />

in<strong>di</strong>spensabile premessa per l’avvento <strong>di</strong> una nuova era <strong>di</strong> pace sociale.<br />

Di tutto questo trattano ampiamente le relazioni che seguiranno, ma se toccasse a me intrattenervi sull’impegno civile <strong>di</strong><br />

Dante, mi piacerebbe restare nel campo linguistico. Tramite i due trattati, il De vulgari eloquentia e il Convivio, egli<br />

enunciò delle idee precise sul problema della lingua. Dopo aver parlato in generale del problema del linguaggio,<br />

dell’i<strong>di</strong>oma romanzo, si sofferma sul latino, per <strong>di</strong>chiarare che il volgare è “più nobile” (nobilior) in quanto è frutto<br />

dell’esperienza umana <strong>di</strong>retta, e non <strong>di</strong> uno sforzo intellettuale <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Così Dante, al centro delle sue<br />

convinzioni linguistiche formulò una questione italiana, persino per quel che attiene ai confini naturali, dal Quarnaro a<br />

Pachino. L’augurio che egli fa nel Convivio è che la lingua riesca a trovare una regola invariabile, giovando con ciò<br />

stesso alla fondazione <strong>di</strong> stabili istituti civili. Alla fine del primo libro afferma che l’avvenire è del volgare:<br />

”questo sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l’usato tramonterà, e darà lume a coloro che sono<br />

in tenebre e in oscuritade, per lo usato sole che a loro non luce”,<br />

e darà modo <strong>di</strong> costituirsi a una nuova e migliore società civile e nazionale. Dante introduce, dunque, un principio <strong>di</strong><br />

<strong>cultura</strong> in un’area che era fin allora appartenuta soltanto al popolo o all’uso dei laici ignoranti, meritandosi così<br />

l’appellativo <strong>di</strong> “padre della nostra lingua” e io <strong>di</strong>rei “padre della patria” se si tiene conto che la lingua è il primo, il più<br />

significativo elemento <strong>di</strong> una civiltà.<br />

Come Dante, anche il nostro Manzoni si curò del problema della lingua e Mazzini, per altri versi è certamente “padre<br />

della patria”, ma noi qui ci stiamo occupando <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> davvero. Tuttavia, senza ritenere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re una verità nuova, in ogni<br />

stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> valore si trova il segno dell’impegno nei confronti della società a lui presente e futura.<br />

Esprimo i più sentiti ringraziamenti a quanti si sono pro<strong>di</strong>gati per la riuscita <strong>di</strong> questo Convegno, il quale non vuole o<br />

forse non può esaurire la speculazione in opere somme, come quelle degli autori <strong>di</strong> cui si parla, ma se può, almeno,<br />

suscitare il <strong>di</strong>battito e la riflessione, sarà una piccola pietra a segnare il cammino verso un futuro <strong>di</strong> più vigile impegno<br />

civile per ognuno nella misura che gli compete.<br />

Cristina Martinelli - Responsabile del Presì<strong>di</strong>o del Libro <strong>di</strong> Casarano

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