Unità di Apprendimento, classe 3^ - scuola e cultura - rivista
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Aprile - Maggio - Giugno 2007 93<br />
pensavo: “Io sono quella stellina. Finché la stellina vivrà nel cielo io non morirò, e finché resterò viva io, lei<br />
continuerà a brillare”.<br />
A Sultana Razon , la forza morale per reagire alle dure con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita viene dallo stu<strong>di</strong>o e dalla presenza dei<br />
familiari:<br />
“…Ma soprattutto mi facevano stu<strong>di</strong>are, perché ricordo che mio papà, pur essendo quasi analfabeta, lui che<br />
veniva da una famiglia che aveva fatto si e no la terza elementare(…) ci ha sempre sollecitato a stu<strong>di</strong>are, a<br />
prendere lezioni.<br />
Siccome l’ambiente era cosmopolita, abbiamo cominciato a stu<strong>di</strong>are francese, e poi l’ho sempre ringraziato per<br />
questo. Prendevamo lezioni da un poliglotta greco, scrivendo sui pezzi <strong>di</strong> carta che trovavamo (…). Questo ci<br />
ha sostenuto parecchio perché avevamo i compiti da fare…”.<br />
Le piccole sorelle Bucci <strong>di</strong> quattro e sei anni, Andra e Tatiana, ricordano <strong>di</strong> aver cessato <strong>di</strong> provare sentimenti<br />
non appena entrate ad Auschwitz :<br />
“ Non ricordo <strong>di</strong> aver mai pianto o riso ad Auschwitz - <strong>di</strong>ce Tatiana, - non ricordo il giorno preciso in cui la<br />
mamma non venne più, ma quando accadde credo <strong>di</strong> non aver pensato niente. Era talmente cambiata,quando<br />
la vedevamo nel campo, senza più i capelli, talmente smagrita e imbruttita che non ci consolava<br />
vederla…Mamma semplicemente non venne più, io non pensai niente ma dentro <strong>di</strong> me sapevo che doveva<br />
essere finita in mezzo a quei mucchi <strong>di</strong> morti che si vedevano in giro dovunque.<br />
LA LIBERAZIONE E IL RITORNO DEI BAMBINI<br />
Ad Auschwitz, le SS, con l’avvicinarsi dei Russi abbandonano malati, moribon<strong>di</strong> e feriti nel campo, gli altri sono<br />
costretti a partire insieme ai persecutori ma non tutti vanno incontro alla liberazione.<br />
Liliana Segre fa parte dei prigionieri evacuati e obbligati a marciare per giorni.<br />
E’ gennaio del 1945 e la temperatura è bassissima. Per resistere Liliana cerca <strong>di</strong> concentrare le sue scarse<br />
forze nella <strong>di</strong>sperata voglia <strong>di</strong> vivere:<br />
“La strada era <strong>di</strong>sseminata <strong>di</strong> morti senza tomba, io non li guardavo; ero un automa che camminava, una<br />
gamba davanti all’altra: volevo vivere, non volevo morire. Ero come ubriaca, era una follia anche poter vivere.<br />
Mi buttavo come le altre sugli immondezzai e rosicchiavo qualunque rifiuto appena potevo: torsoli <strong>di</strong> cavolo<br />
marcio, bucce <strong>di</strong> patate crude o un osso già spolpato…<br />
Noi testimoni della storia che cambiava sotto i nostri occhi, eravamo sconvolte, stanchissime, emozionate.<br />
IL POPOLO ITALIANO AIUTA GLI EBREI<br />
Nel 1961 nel processo della “Beth Ha’am” “casa del popolo” <strong>di</strong> Gerusalemme, contro Adolf Eichmann, il capo<br />
nazista, veniva chiesto ai testimoni superstiti delle comunità ebraiche tedesche, francesi, austriache, ungheresi<br />
“Ricevevate qualche aiuto”?<br />
Le risposte erano state più o meno uguali:<br />
“Tutta la popolazione era contro <strong>di</strong> noi”;<br />
oppure “Nessuno aveva il coraggio <strong>di</strong> muovere un <strong>di</strong>to”;<br />
o ancora “Aiutarci voleva <strong>di</strong>re fare la nostra fine”.<br />
La professoressa Campagnano dopo aver raccontato la sua storia piena <strong>di</strong> sofferenza, alla stessa domanda<br />
risponde:<br />
“Sì, tutti gli strati della popolazione italiana ci hanno aiutato: professionisti, protestanti, cattolici, militanti <strong>di</strong> ogni<br />
partito”.<br />
Dopo un po’ <strong>di</strong> silenzio aggiunge:<br />
“Ci sono molte ragioni…per spiegare il comportamento degli Italiani: o<strong>di</strong>o tra<strong>di</strong>zionale profondamente ra<strong>di</strong>cato<br />
per i Nazisti, l’azione partigiana, il buon cuore e il profondo senso umano. Ogni Ebreo Italiano sopravvissuto<br />
deve la sua vita agli Italiani”.