Unità di Apprendimento, classe 3^ - scuola e cultura - rivista
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Aprile - Maggio - Giugno 2007 83<br />
Dante e Manzoni a confronto<br />
Per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Dante molto giovò al giovane Alessandro la guida dei padri Somaschi e Barnabiti. Il futuro autore dei<br />
Promessi Sposi fu infatti <strong>di</strong>scepolo del padre Francesco Soave della congregazione dei Somaschi, dal quale ricevette<br />
giusto consiglio e concrete influenze nella scelta dei testi moraleggianti, e dei classici in generale, che lo avrebbero<br />
aiutato ad esercitare e trasmettere, me<strong>di</strong>ante i suoi scritti, una professione <strong>di</strong> fede davvero illuminante soprattutto per le<br />
generazioni future. Si sa pure che il Monti invogliò Manzoni ad amare Virgilio per fargli meglio comprendere il poema<br />
dantesco nel momento in cui il Parini lo in<strong>di</strong>rizzava al miglior stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Orazio.<br />
Monti e Parini, quin<strong>di</strong>, nella vita del giovane verseggiatore dopo le influenze clericali della giovinezza. Il Monti affascinò<br />
Alessandro soprattutto nell’eloquenza, tant’è che all’ombra <strong>di</strong> essa Manzoni cominciò a poetare, ve<strong>di</strong> il Trionfo della<br />
libertà, l’Adda, In morte <strong>di</strong> Carlo Imbonati, l’Urania “e son questi i riferimenti più ovvi, ricevendone un’impronta i cui segni<br />
permangono nelle Trage<strong>di</strong>e e negli Inni, non soltanto - <strong>di</strong>ce Colombo - per i residui <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>oso linguaggio<br />
neoclassico quasi d’obbligo, ma anche per la stessa tecnica narrativa e la concezione celebrativa della poesia (una<br />
poetica montiana applicata alla liturgia sacra, con la grande novità <strong>di</strong> una concezione non astratta ed esteriore ma<br />
profondamente umanizzata del cattolicesimo)” 1 . E’ uno dei motivi per cui chiedo spesso ai cultori delle opere letterarie <strong>di</strong><br />
cercare il sublime negli angoli più riposti dei versi poetici onde dedurre il bello vero a vantaggio naturalmente della vita<br />
dell’uomo. Forse per questo “secondo alcuni esegeti, una comprensione vera della poesia <strong>di</strong> Dante sarebbe possibile<br />
solo impadronendosi perfettamente dell’intero universo dottrinario del Me<strong>di</strong>oevo” 2 . Ma, a parte questo, è sicuramente da<br />
respingere una certa critica che continua a fare <strong>di</strong> Dante “un grande «reazionario» non ancora in grado <strong>di</strong> percepire i<br />
fermenti <strong>di</strong> rinnovamento che muovono la civiltà dei Comuni verso un nuovo corso storico in cui si affermeranno valori<br />
singoli e in<strong>di</strong>viduali contrapposti ai valori universalistici dell’ideologia del Me<strong>di</strong>oevo. Certo - <strong>di</strong>ce Sconocchia - nella<br />
Comme<strong>di</strong>a c’è una concezione piramidale, gerarchica, dell’universo e della società; ma questa <strong>di</strong>sposizione è anche<br />
strettamente legata ai valori fondamentali della civiltà dei Comuni, <strong>di</strong> cui Dante svela <strong>di</strong>sintegrazione e squilibrio” 3 . Dante<br />
infatti “rifiuta con decisione inganni, abusi, compromessi, mistificazioni <strong>di</strong> ideologie che hanno inizio nel Trecento” 4 .<br />
Anche perché “nel suo cammino verso una verità fissa ed eterna, nel suo tentativo eroico <strong>di</strong> superare la «finitu<strong>di</strong>ne» della<br />
con<strong>di</strong>zione umana, <strong>di</strong>scopre non solo il male insito in situazioni storiche particolari, ma anche i limiti intrinseci <strong>di</strong> ogni<br />
progresso storico” 5 .<br />
È il motivo per cui la “Comme<strong>di</strong>a mantiene anche oggi nella sua forma linguistica un grado <strong>di</strong> comprensibilità notevole,<br />
forme e caratteri che permangono ancora nella lingua <strong>di</strong> oggi” 6 , non solo nell’intenzione <strong>di</strong> recuperare il passato ma<br />
soprattutto nel costruire immagini uniche <strong>di</strong> pace per il futuro dell’uomo. Anche perché nell’opera dantesca bisogna prima<br />
<strong>di</strong> tutto intravedere un punto d’incontro dell’uomo con Dio al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni camuffata descrizione realistica (che nei versi<br />
sicuramente non esiste). Infatti per la prima volta assistiamo a una visione d’immenso che non è congettura forzata<br />
magari dal bisogno <strong>di</strong> far vero ciò che vero non è, dal momento che testimone dell’uomo poeta è l’anima che crea<br />
esclusivamente per la vita. Solo in tal senso possiamo accettare il giu<strong>di</strong>zio, o meglio, la definizione che Croce dà nella<br />
sua Logica alla storia, secondo la quale bisogna vedere il susseguirsi degli eventi nel mondo dal punto <strong>di</strong> vista<br />
atemporale o ad<strong>di</strong>rittura sovratemporale, ritenendo del resto la storia come eterno presente. Sicuramente Croce sarà<br />
stato in questo caso influenzato da Boezio, ma <strong>di</strong>re così della storia, vedere tutta la storia nella contemporaneità è utopia<br />
- perdonatemi il giu<strong>di</strong>zio - <strong>di</strong> raziocinio <strong>di</strong>rei solo idealistico, se pur rientrano, la Comme<strong>di</strong>a e I Promessi Sposi, nel novero<br />
dell’atemporalità storicistica. Ma qui il <strong>di</strong>scorso richiede ben altro spazio e altra attenzione, considerato il tema nelle sue<br />
vaste <strong>di</strong>mensioni strutturali finalizzate a modelli espositivi sistematici e naturalmente non dogmatici. Non posso perciò<br />
non chiamare in causa, adesso, il Boccaccio, il quale forse pregustando (anch’egli) il pensiero del filosofo Boezio, che<br />
riguarda l’eterno presente, vide in esso l’universalità della poetica dantesca nella contemporaneità - oserei <strong>di</strong>re - della<br />
storia. Nell’Amorosa visione, infatti, viene dal Boccaccio a chiare lettere elogiato colui che “con eccellente stil vi scrisse il<br />
Sommo ben” (Canto V), colui che chiaramente in Beatrice in<strong>di</strong>cò la via dell’eterna salvezza, per cui con parole <strong>di</strong>messe e<br />
ad<strong>di</strong>rittura pervase da cosmico misticismo “Benedetto - <strong>di</strong>sse - sia tu, eterno Dio che hai conceduto ch’io possa vedere in<br />
onor degno ciò ch’avea in <strong>di</strong>sio”: “Dante Alighier fiorentino”.<br />
“Di sicuro, per il Convivio e la Comme<strong>di</strong>a, quei tempi non sono ancora trascorsi, perciò <strong>di</strong>re che le opere <strong>di</strong> Dante sono,<br />
possono essere, ancora attuali non è omaggio reverente e lezioso verso il grand’uomo, ma semplice constatazione del<br />
fatto che noi e loro (loro sono i ‘me<strong>di</strong>evali’) apparteniamo tutti a una comune civiltà, che mescola ra<strong>di</strong>ci mesopotamiche,<br />
greche e italiche, filosofie e spiritualità giudaiche, cristiane e islamiche, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> pensiero celti (qualunque cosa<br />
questa parola possa significare davvero), germanici e slavi” 7 . Ma soprattutto rimane attuale l’opera <strong>di</strong> Dante - non è<br />
assurdo pensarlo - per quella mancanza <strong>di</strong> conoscenza in noi che è ancora alla ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tutte le nostre sofferenze, che è<br />
“la mancanza <strong>di</strong> consapevolezza <strong>di</strong> quale sia il ‘bene’, <strong>di</strong> cosa occorra agire come in<strong>di</strong>vidui e del modo in cui si debba<br />
costruire la comune città terrena per realizzare le valenze positive che noi, gli uomini, siamo, che la vita e l’esistenza<br />
sono, se non li si riduce - <strong>di</strong>ce Gagliar<strong>di</strong> - al fango e alla degradazione” 8 . Ecco la lupa dantesca, ecco i peccati capitali,<br />
ecco il potere che si fa avanti come sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Per Dante bisogna dunque combattere l’ignoranza<br />
per <strong>di</strong>ffondere la conoscenza per la libertà e il benessere del citta<strong>di</strong>no nella vita del suo paese. Se perciò nella “Vita nova<br />
si rievoca il giovanile amore per la Sapienza Santa - secondo Valli -, la ‘teologia’, l’intuizione, quello che volete: la Visione<br />
comunque, nel Convivio c’è il passaggio (provvisorio) alla razionalità filosofica e nella Comme<strong>di</strong>a il ritorno a Beatrice, alla<br />
visione intuitiva, ma arricchita dalle conquiste della filosofia” 9 .<br />
In Alessandro Manzoni, invece, la necessità <strong>di</strong> combattere l’ignoranza è soprattutto evidente nei Promessi Sposi, opera<br />
se vogliamo dottrinale, intenta a salvaguardar possente la libertà e la giustizia nei popoli. Realizzazione, dunque, nelle<br />
pagine del grande autore, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno politico positivo per l’umanità tutta, perseguito nell’intento <strong>di</strong> giovare agli altri.<br />
Possiamo allora <strong>di</strong>re che quella del Manzoni fu una visione lungimirante della storia che si concretizzò più avanti con la