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Unità di Apprendimento, classe 3^ - scuola e cultura - rivista

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Aprile - Maggio - Giugno 2007 78<br />

La presenza <strong>di</strong> uno stretto legame tra il potente cospiratore e il popolare musicista trova conferma nella messa in<br />

musica, nel 1848, dell’Inno Militare, per coro maschile, pianoforte e orchestra, “Suona la tromba”, sui versi ar<strong>di</strong>mentosi<br />

del giovane patriota genovese Goffredo Mameli, nei quali si incita, sostanzialmente, al massacro degli austriaci:<br />

(I strofa)<br />

Suona la tromba, ondeggiano<br />

Le insegne gialle e nere:<br />

Fuoco, per Dio!, sui barbari,<br />

Sulle vendute schiere!<br />

Già ferve la battaglia,<br />

Al Dio dei forti, osanna;<br />

Le baionette in canna<br />

E’ l’ora del pugnar.<br />

(Ritornello)<br />

Né deporrem la spada<br />

Finché sia schiavo un angolo<br />

Dell’Itala contrada,<br />

Finché non sia l’Italia,<br />

Una dall’Alpi al mar.<br />

[...]<br />

Con la composizione dell’inno, in cinque strofe, Ver<strong>di</strong> mantenne la promessa a suo tempo fatta a Mazzini (esule a<br />

Parigi), il quale sperava, così, <strong>di</strong> poter creare la “Marsigliese italiana”, ovvero l’inno dell’<strong>Unità</strong> d’Italia: ma, il fallimento dei<br />

moti del ’48 mandò all’aria i progetti, inno compreso.<br />

Grande popolarità ebbe, invece, l’inno “Fratelli d’Italia”, su versi scritti dallo stesso Mameli (sempre nel corso dei<br />

medesimi eventi rivoluzionari), messi in musica dal misconosciuto compositore genovese Michele Novaro. Un secolo<br />

dopo il Canto degli italiani (è questo il vero titolo del brano) fu ripreso dalla Repubblica Italiana come inno nazionale.<br />

Dal canto suo, Ver<strong>di</strong> continuò a seguire sempre attentamente le vicende militari e politiche del tempo, contribuendo a<br />

<strong>di</strong>ffondere gli ideali mazziniani con le sue opere “patriottiche”, i cui temi musicali rappresentano una vera e propria<br />

“colonna sonora” del Risorgimento: “Nabucco” (1842), “I Lombar<strong>di</strong> alla prima crociata” (1843), “Ernani” (1844), “Attila”<br />

(1846), “Macbeth” (1847), “Il Corsaro” (1848), “La Battaglia <strong>di</strong> Legnano” (1849).<br />

E’ qui il caso <strong>di</strong> richiamare alla mente la fortuna goduta, nel corso <strong>di</strong> quei travagliati avvenimenti, dal celeberrimo graffitoacrostico<br />

. Malgrado l’aspetto innocuo, legato com’era al nome e alle fortune operistiche del grande<br />

musicista, il graffito alludeva in realtà a un’aspirazione che con gli anni si faceva sempre più popolare e con<strong>di</strong>visa:<br />

. Cominciò ad avere il suo significato quando, nel 1859, fu firmata l’alleanza<br />

<strong>di</strong>fensiva tra Piemonte e Francia e si scatenò la guerra contro gli austriaci.<br />

Un ulteriore documento emblematico del rapporto tra Ver<strong>di</strong> e il Risorgimento italiano lo si trova esposto al Museo Civico<br />

del Risorgimento <strong>di</strong> Bologna. Si tratta <strong>di</strong> un manifesto del 1860, relativo ad una rappresentazione dell’opera “I Lombar<strong>di</strong><br />

alla prima crociata”, messa in scena nella città felsinea per finanziare la Spe<strong>di</strong>zione dei Mille.<br />

Ritornando alla frequentazione <strong>di</strong> Mazzini <strong>di</strong> ambienti e personaggi che tracciarono i percorsi europei della <strong>cultura</strong><br />

letteraria, musicale e pittorica, si segnala, ex multis, l’amicizia e la comunanza d’intenti patriottici coi fratelli Giovanni,<br />

Jacopo, Agostino e Ottavio Ruffini, tra i primi aderenti alla Giovine Italia. Giovanni Ruffini, oltre che cospiratore, fu anche<br />

autore dei libretti del Don Pasquale, <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Rohan e della traduzione italiana del Don Sébastien, messi in musica da<br />

Donizetti.<br />

Quanto agli artisti del belcanto, Mazzini fu amico, tra gli altri, del cagliaritano Giovanni Matteo de’ Marchesi De Can<strong>di</strong>a,<br />

fervente repubblicano e celebre tenore, osannato nei teatri col nome d’arte “Mario”, pseudonimo emblematicamente<br />

ripreso dall’ultimo <strong>di</strong>fensore delle libertà repubblicane dell’antica Roma. Pare che i due fossero uniti dalla passione<br />

politica e dalla comune conoscenza degli interessanti spartiti meyerbeeriani, il primo come semplice ascoltatore, il<br />

secondo come acclamato interprete. D’altronde, riflettendo l’epoca storica che descrive (la Francia delle guerre <strong>di</strong><br />

religione), la musica <strong>di</strong> Meyerbeer sembrava esercitare, in potenza, quella funzione “sociale” che il patriota ligure<br />

assegnava alla drammaturgia musicale.<br />

Pertanto, Mazzini conobbe e praticò l’arte dei suoni, conobbe e frequentò i protagonisti della musica del suo tempo, ne<br />

osservò pregi e <strong>di</strong>fetti (in particolare, materialismo, pedanteria e formalismo), ne denunciò, nel suo saggio filosofico, lo<br />

stato miserevole e lo sca<strong>di</strong>mento nei quali si era ridotta: una musica atea, senza legge <strong>di</strong>vina né fede, ristagnante in se<br />

stessa, su elementi e concetti logori, priva <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> affetti superni, praticata da artisti e scuole musicali stancamente<br />

ripetitivi, impantanati tra mode, stili, meto<strong>di</strong>, prassi esecutive, tendenze ed orientamenti esausti.<br />

Avverte, dunque, la necessità <strong>di</strong> pensare ad una musica nuova e più popolare, ricca <strong>di</strong> intento morale, <strong>di</strong> pratico<br />

ammaestramento, <strong>di</strong> facoltà ispiratrice, capace <strong>di</strong> coniugare i più riposti sentimenti dell’in<strong>di</strong>viduo con quelli della<br />

collettività, e in<strong>di</strong>ca nel coro, in quanto voce delle masse, il luogo privilegiato <strong>di</strong> tale armonico incontro.<br />

Nel suo scritto, si rivolge a pochi eletti, celebranti il rito-ministero dell’Arte della Musica, da intendersi quale arte santa,<br />

potente mezzo <strong>di</strong> rigenerazione, da elevare ad un ufficio superiore, non limitato ad un uso esclusivamente lu<strong>di</strong>co e<br />

delectatorio: un’arte cristiana, sociale, libera, umana, chiamata a più alti destini, scevra da vanità e sozzure, capace <strong>di</strong><br />

esortare e <strong>di</strong> incitare ad agire in gran<strong>di</strong> imprese gloriose.

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