Sonetti contro l'Ariosto, giudice de' Savi in Ferrara - Carla Rossi ...
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22 <strong>Sonetti</strong> <strong>contro</strong> l’Ariosto<br />
trascrizione del codice modenese, che riproduco qui, risultano molto più evidenti<br />
i toscanismi del poeta, rispetto a quanto non traspaia sia dalla prima, che dalla<br />
seconda edizione a stampa di Cappelli e Ferrari i quali, purtroppo, hanno la tendenza<br />
a correggere e ammodernare troppi lemmi. Sicuramente attribuibile all’autore,<br />
ad esempio, è la forma, sempre corretta da Cappelli e Ferrari ‘gi’, ‘ge’<br />
per ‘ci’, ‘ce’: <strong>in</strong>fatti nel vernacolo pistoiese risulta particolarmente sp<strong>in</strong>ta la sonorizzazione<br />
della velare <strong>in</strong>iziale (d’altronde ‘gi’ e ‘ge’ compaiono talmente tante<br />
volte nei sonetti del Pistoia che una lista delle occorrenze si tramuterebbe <strong>in</strong><br />
un noiosissimo e sterile elenco). Nel sesto sonetto della corona, vi sono solo due<br />
settentrionalismi, <strong>in</strong> rima: tò (v. 5), per tuo e bò (v. 8), per bue, usati evidentemente<br />
per schernire il Giudice. Nel settimo sonetto, lì dove il locutore si rivolge<br />
ai ferraresi usa il term<strong>in</strong>e dialettale cà (v. 15) per casa. Nel ventesimo sonetto, il<br />
popolo grida “Al spurco, al lordo!” (v. 13). Sono troppo <strong>in</strong>sufficienti le occorrenze<br />
di espressioni o lemmi dialettali settentrionali per poter affermare che questi<br />
sonetti propendono al dialetto lombardo. Tra l’altro, bisogna ricordare che la<br />
città di Pistoia «disponendo di una via naturale che la metteva <strong>in</strong> contatto diretto<br />
con Bologna e la Val Padana, si era potuta aprire a quegli <strong>in</strong>flussi determ<strong>in</strong>anti<br />
per la varietà toscana che def<strong>in</strong>iamo ‘occidentale’. Alcuni di questi tratti del l<strong>in</strong>guaggio<br />
pistoiese appaiono molto antichi, altri appaiono <strong>in</strong>vece come la conseguenza<br />
di <strong>in</strong>flussi che si manifestarono nella seconda metà del duecento» 60 , ne<br />
deriva che il lessico del Pistoia presenta naturalmente alcune peculiarità emiliane.<br />
Un dato <strong>in</strong>confutabile, comunque, a testimonianza che l’autore dei sonetti<br />
<strong>contro</strong> l’Ariosto fu un toscano, e meglio ancora, un pistoiese, è l’uso del term<strong>in</strong>e<br />
broldo, che appare nel secondo sonetto della corona, v. 18:<br />
In questo mezzo un broldo<br />
s’apparecchia, per farti un bel cappello,<br />
acciò che ’l sol non ti secchi il cervello. 20<br />
Si noti che broldo è la forma s<strong>in</strong>copata di beroldo o biroldo, che nulla ha a<br />
che vedere con brolo (giard<strong>in</strong>o), come <strong>in</strong>vece credette il Cappelli. Biroldo è un<br />
term<strong>in</strong>e dialettale toscano (e più precisamente pistoiese) per ‘sangu<strong>in</strong>accio’, ovvero<br />
«budello o di vitella o di majale ripieno di sangue acconciato con varj <strong>in</strong>gredienti<br />
e cotto nel pajuolo» (Fanfani). A Pistoia è nota la ricetta del beroldo<br />
con busicchioni (budelli), salame piccante, pecor<strong>in</strong>o e brodo di rigaglie. Quel<br />
che è certo è che nessun poeta ferrarese del Quattrocento avrebbe mai usato un<br />
simile term<strong>in</strong>e tanto caratteristico della cuc<strong>in</strong>a di una certa area della Toscana,<br />
term<strong>in</strong>e che (il dato è ancor più importante), compare <strong>in</strong> altri due sonetti del Pistoia<br />
(il 158 e il 161 61 ), fra l’altro <strong>in</strong> rima, come nel secondo sonetto della raccolta<br />
<strong>contro</strong> l’Ariosto, proprio con manigoldo e soldo.<br />
60 *Storia di Pistoia, vol. II, Firenze, Le Monnier, 1998, p. 328.<br />
61 I numeri si riferiscono all’ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui compaiono i sonetti nell’edizione percopiana<br />
del codice Ambrosiano H 223 <strong>in</strong>f. (cfr. PÉRCOPO, I sonetti faceti, cit.)