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Sonetti contro l'Ariosto, giudice de' Savi in Ferrara - Carla Rossi ...

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26 <strong>Sonetti</strong> <strong>contro</strong> l’Ariosto<br />

stesse virtù dell’eroe mitologico, tanto che Pietro Andrea de’ Bassi, nel 1475<br />

aveva pubblicato, a <strong>Ferrara</strong>, un <strong>in</strong>tero poema dal titolo Le fatiche d’Ercole).<br />

Appare chiaro che il locutore del sonetto 156 del Pistoia è Niccolò Ariosto,<br />

casso e <strong>in</strong>viato poco dopo da Ercole I a Modena. Se il componimento del Pistoia<br />

si conclude con l’Ariosto che chiede ai suoi concittad<strong>in</strong>i un pater nostro per la<br />

sua anima, il ventesimo della raccolta si apre con un Gloria <strong>in</strong> excelsis Deo, pronunciato<br />

dall’Autore e con un r<strong>in</strong>graziamento al duca Ercole I per aver scacciato<br />

il Magnaferro.<br />

Si noti poi come, se nel sonetto del ms. Ambrosiano, il Pistoia parli della<br />

piazza come luogo di ritrovo di coloro che si lamentavano delle malefatte dell’Ariosto;<br />

nel ventesimo della corona, quella stessa piazza viene <strong>in</strong>vocata come<br />

pubblico luogo di supplizio (sempre nella medesima piazza le cronache ferraresi<br />

ci dicono che vennero affissi i sonetti di scherno <strong>contro</strong> il Giudice de’ <strong>Savi</strong>).<br />

Altrettanto <strong>in</strong>teressante per comprendere il risentimento del Pistoia nei confronti<br />

dell’Ariosto è il sonetto 157 del codice Ambrosiano che così recita:<br />

“Attolite le porte” – “Chi è quello?”<br />

“Il <strong>giudice</strong> de’ <strong>Savi</strong>y, tuo creato”.<br />

“Hai tu denar pel passo?” – “Io fui chiamato<br />

sì presto ch’io non poti’ tuor bursello.<br />

Non è qua il secretario, mio fratello, 5<br />

sì ch’io ci son senza denari a lato”.<br />

“O dov’è il tuo tesoro?” – “Io l’ho lasciato<br />

a’ miei figlioli, e la robba e ’l mantello”.<br />

“Ch’è de lo avanzo delle tue far<strong>in</strong>e,<br />

quando genaro <strong>in</strong> Po mise il presame, 10<br />

che tu tosavi i sacchi alle mol<strong>in</strong>e?<br />

Quanti ne festi allor morir di fame<br />

per tenir grasse, <strong>in</strong> casa, le gall<strong>in</strong>e!<br />

Chi non sa scorticar, guasta il coiame.<br />

O Ciampante o Beltrame, 15<br />

fatte che questi dui sian cotti tosto,<br />

il più giovane lesso e ’l vecchio arosto.<br />

Vien qua tu, Ciuffalmosto,<br />

mangia questi dui spiriti cattivi:<br />

mangiati che tu gli ha, cacagli vivi. 20<br />

Nella f<strong>in</strong>zione poetica, il <strong>giudice</strong> de’ <strong>Savi</strong> è morto (Niccolò Ariosto morì nel<br />

1500), f<strong>in</strong>isce agli Inferi e, giunto all’entrata dell’Inferno, grida: “Aprite le porte”<br />

– “Chi è?” gli viene risposto – “Il Giudice de’ <strong>Savi</strong>, tuo protetto” – “Hai denari<br />

per il passaggio della tua anima?” – “Io sono stato chiamato così <strong>in</strong> fretta<br />

che non ho potuto prendere il borsello. E siccome non c’è il segretario, mio fratello,<br />

son venuto senza denari”. – “Dov’è il tuo tesoro?” – “L’ho lasciato ai miei<br />

figli, con tutti gli averi e il mantello”. – “E cosa ne è del resto delle tue far<strong>in</strong>e,<br />

quando a gennaio si gelò il Po, e tu tagliavi i sacchi ai mul<strong>in</strong>i? Quanti ne hai fatti<br />

morire di fame, allora, per <strong>in</strong>grassare, a casa tua, le tue gall<strong>in</strong>e? Chi non sa scor-

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