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Sonetti contro l'Ariosto, giudice de' Savi in Ferrara - Carla Rossi ...

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24 <strong>Sonetti</strong> <strong>contro</strong> l’Ariosto<br />

Bertoni, sono totalmente sfuggiti alcuni sonetti, <strong>in</strong>clusi anch’essi nel codice Ambrosiano<br />

sotto i numeri 156-57, <strong>in</strong> cui il Pistoia riprende esplicitamente la polemica<br />

<strong>contro</strong> Niccolò Ariosto esattemente nei term<strong>in</strong>i <strong>in</strong> cui essa è trattata nei sonetti<br />

anonimi <strong>contro</strong> il Giudice de’ <strong>Savi</strong>.<br />

In questa corona, il conte Ariosto viene soprannom<strong>in</strong>ato sarcasticamente Magnaferro,<br />

per la sua abitud<strong>in</strong>e a divorare qualsiasi cosa, anche la più <strong>in</strong>digesta, al<br />

pari degli struzzi, che divorano pers<strong>in</strong>o i sassi.<br />

Il codice modenese riporta, <strong>in</strong> calce al ventesimo sonetto della corona, una<br />

data precisa: 1489, adì primo de zanaro la mat<strong>in</strong>a fu casso il dicto Magnaferro e<br />

<strong>in</strong> suo luogo successe il spettabile Galiazzo Trotto. Si noti, ora, come il sonetto<br />

156 del codice Ambrosiano sia <strong>in</strong> stretta relazione con questo ventesimo sonetto.<br />

Codice Ambrosiano H. 223 P. I <strong>in</strong>f.,<br />

autografo del Pistoia<br />

CLVI.<br />

“Refrenative, l<strong>in</strong>gue, or ch’io son casso,<br />

non fate più per me circolo <strong>in</strong> piazza,<br />

ché lo struzzo crudel di mala razza<br />

non mangiarà tra voi più ferro o sasso.<br />

Dui sol tesori al mio partir vi lasso: 5<br />

la bella <strong>in</strong>famia e la mia vita pazza.<br />

Vo <strong>in</strong> mar tranquillo, <strong>in</strong> quella galeazza<br />

ch’e’ m’ha col trotto suo cangiato il passo.<br />

Dove io ne vo, si sa senza ch’i ’l dica,<br />

per volontà del iusto Ercule nostro, 10<br />

che vuol ch’io provi una sua gran fatica.<br />

La morte aspetto <strong>in</strong> man di qualche<br />

mostro;<br />

figli pietosi di mia patria antica,<br />

deh, per l’anima mia, un pater nostro!<br />

Quel ben sì sarà vostro, 15<br />

ch’io aspetto al mio fallir quella iustizia,<br />

la qual sempre negai per l’avaritia”.<br />

Collana anonima <strong>contro</strong> il Giudice de’ <strong>Savi</strong><br />

XX.<br />

Gloria <strong>in</strong> excelsis Deo, e <strong>in</strong> terra pace.<br />

Giubila, pesta patria, ridi e canta:<br />

la cassia è data, medic<strong>in</strong>a santa,<br />

al Magnafer, ladron publico e audace.<br />

Inclito Duca, a cui il vizio spiace, 5<br />

ben ti r<strong>in</strong>grazio di clemenza tanta;<br />

ma più se <strong>in</strong> piazza una forca si pianta,<br />

per far giustizia del lupo rapace.<br />

O buoni patrizi eletti, io vi ricordo,<br />

che il corvo non condice <strong>in</strong> fra i pavoni, 10<br />

però scacciate questo aspide sordo.<br />

E voi, plebei, suonate i tamburloni,<br />

sgridandol per le strade: “Al sporco, al lordo!”<br />

corona s<strong>in</strong>golar di poltronzoni.<br />

E con levi e ventroni, 15<br />

per dignità acquistate nell’offizio,<br />

sia <strong>in</strong> salutarlo a gara ogn’uom propizio.<br />

Nel sonetto 156 del manoscritto Ambrosiano, il Pistoia lascia che a parlare<br />

sia direttamente il protagonista: un personaggio pubblico che è casso, vale a dire<br />

destituito dal Duca. Costui si rivolge a coloro i quali si riunivano <strong>in</strong> piazza per<br />

sparlare di lui. I vv. 3-4 specificano che lo struzzo crudel di mala razza/non<br />

mangiarà tra voi più ferro o sasso. Mi pare, questo, un <strong>in</strong>equivocabile riferimento<br />

all’Ariosto che, nel sesto sonetto della collana anonima, viene def<strong>in</strong>ito proprio

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