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Sonetti contro l'Ariosto, giudice de' Savi in Ferrara - Carla Rossi ...

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68 <strong>Sonetti</strong> <strong>contro</strong> l’Ariosto<br />

XIII.<br />

È ancora l’Ariosto a parlare, rivolgendosi, come anticipato nel sonetto precedente, alla<br />

duchessa, per chiederle di divulgare una grida per acciuffare il detrattore, grida <strong>in</strong> cui<br />

egli stesso sia presentato come persona di fiducia e probo al pari di Gaio Fabrizio o di Catone<br />

l’Uticense, perché non sopporta più di essere deriso. Farà sì che il detrattore venga<br />

impiccato e sarà egli stesso a fare il lavoro del boia. Che non si tratta di una banale <strong>in</strong>timidazione,<br />

è confermato dal Diario ferrarese 3 , che, nel maggio del 1495, riporta questa<br />

agghiacciante notizia: «A dì quattro de Magio, de luni, fu condennato per messer Gregoro<br />

Zampante, capitaneo de iustitia <strong>in</strong> <strong>Ferrara</strong>, Francesco, fiolo de Bernard<strong>in</strong>o de Philippo<br />

Cestarello da <strong>Ferrara</strong>, ad essere taiata la testa, per cagione che confessò havere scritti certi<br />

bullett<strong>in</strong>i <strong>in</strong> vilipendio del duca, del Judice de’ <strong>Savi</strong>i da <strong>Ferrara</strong> et di altri officiali; la<br />

quale testa pagando mille ducati se potesse scuotere». Il povero giovane poeta condannato<br />

a morte per aver reiterato la tradizione di scrivere bullett<strong>in</strong>i di scherno nei confronti di<br />

personaggi pubblici, era Francesco Cestarelli, nipote del mercante e abile amm<strong>in</strong>istratore<br />

estense Filippo Cestarelli, casso, alla pari dell’Ariosto, dal duca Ercole I, dalla carica di<br />

Giudice de’ <strong>Savi</strong> il primo gennaio del 1495 e sostituito dal conte Uberto del Sacrato, <strong>contro</strong><br />

il quale Francesco scrisse i sonetti diffamatori che lo portarono alla morte. Nessuno rimaneva<br />

a lungo nell’ufficio di Giudice dei dodici <strong>Savi</strong> o perché chi n’era <strong>in</strong>vestito diveniva<br />

presto impopolare per l’eccessiva fiscalità cui lo costr<strong>in</strong>gevano i bisogni del duca o perché<br />

effettivamente non riusciva a rispondere alle cont<strong>in</strong>ue richieste di denaro di Ercole I.<br />

3. nuovo pesce: ‘<strong>in</strong>genuo’, «che agevolmente lasci <strong>in</strong>gannarsi, tratta la metafora dal<br />

pesce, che noi chiamiamo avanotto, quasi uguannotto, cioè nati dell’anno, ch’e’ si pigliano,<br />

che sono pesciol<strong>in</strong>i, e agevoli a esser presi» (Voc. Crusca).<br />

4. palmon: ‘trappola’. «Queste verghe piccole impaniate si ficch<strong>in</strong>o lievemente nelle<br />

verghe de’ palmoni, che son pertiche grandi di rami d’arbori verdi, massimamente di<br />

quercia, aventi nel capo superiore, quattro, o c<strong>in</strong>que verghe un poco elevate, nelle quali si<br />

ficcano le verghe sottilissime impaniate. E quando quel palmone sarà, ec. gli uccelli si<br />

pongono sopra ’l detto palmone impaniato» (Voc. Crusca).<br />

12. Fabrizio: Dionisio di Alicarnasso racconta che durante la guerra tra Roma e Taranto,<br />

i Romani <strong>in</strong>viarono un’ambasceria a Pirro, re dell’Epiro e alleato dei Tarant<strong>in</strong>i, per<br />

riscattare i prigionieri romani. Faceva parte della legazione il console Gaio Fabrizio Lusc<strong>in</strong>o<br />

che Pirro cercò di corrompere perché persuadesse il Senato alla pace. Ma Fabrizio<br />

rispose che, anche se era povero, possedeva come tutti i cittad<strong>in</strong>i romani il bene massimo:<br />

la libertà; se si fosse venduto a Pirro non sarebbe stato che lo schiavo di un tiranno.<br />

Ammirato dalla nobiltà d’animo del console, il re dell’Epiro liberò tutti i prigionieri senza<br />

riscatto. Da quella volta Fabrizio divenne simbolo di onestà e <strong>in</strong>tegrità morale.<br />

l’Uticense Cato: Catone l’Uticense, simbolo per antonomasia di probità e rettitud<strong>in</strong>e,<br />

fu uomo di profonda cultura, molto severo nei costumi e nemico di ogni azione disonesta.<br />

3 Cit., p. 150.

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