76 <strong>Sonetti</strong> <strong>contro</strong> l’Ariosto XXI. Anche il sonetto seguente, nel codice, appare senza rubrica, ma nell’edizione Cappelli-Ferrari è preceduto dalla seguente nota: Per la nom<strong>in</strong>a di Niccolò a governatore di Modena. 7. pastor: il duca. 9. alturio: < ADIUTORIUM, ‘soccorso’, ‘aiuto’. 10. San Gem<strong>in</strong>ian: San Gimignano, vescovo e protettore di Modena.
I Testi XXII. Le <strong>in</strong>esattezze della stampa di Cappelli-Ferrari, per questo sonetto, sono talmente numerose che preferiamo commentarle qui di seguito, piuttosto che riportarne un semplice elenco <strong>in</strong> calce al componimento che, altrimenti, sarebbe di difficile comprensione se venisse letto come fecero Cappelli e Ferrari. Il primo verso è ammodernato <strong>in</strong> il fiato mi vien men, al v. 2 viene corretto ch’io non ho divorà l’orig<strong>in</strong>ale ch’i’ ho non divorà, che testimonia un tratto assai importante della negazione che accomuna il vernacolo pistoiese al bolognese. A tale proposito, bisogna notare che la compresenza di una forma ridondante anche nella parte meridionale dell’Alto Reno e nel pistoiese è di estremo <strong>in</strong>teresse perché accomuna tutto questo territorio a un’area dell’Europa centrale francofona e germanofona dove la negazione è sempre del tipo ridondante o postverbale (es: il tedesco “Morgen muss ich nicht arbeiten”); come è noto la negazione ridondante può semplificarsi <strong>in</strong> negazione postverbale. Tutto il territorio <strong>in</strong> cui appare la negazione postverbale e la negazione ridondante appartiene alla cosiddetta “Area Carlo Magno”, ovvero ai territori del germanico “Sacro Romano Impero”; i territori che presentano la negazione postverbale e/o la negazione ridondante sono quelli che maggiormente hanno ospitato popolazioni germaniche. Ancora, Cappelli e Ferrari leggono perduto (v. 3) dove <strong>in</strong>vece il manoscritto ha padito, che è voce dialettale emiliana per digerito (qui è evidente l’ironia del poeta, che mette <strong>in</strong> bocca all’Ariosto term<strong>in</strong>i tipici del suo lessico di gran divoratore, tutto <strong>in</strong>centrato sul mangiare, digerire, <strong>in</strong>gurgitare) e sempre al v. 3 strangualzare per stragualzare. Cappelli-Ferrari trascrivono ancora s’empirem per s’impirem (v. 8); un <strong>in</strong>comprensibile dento per dente (v. 9); pieno e ventre per pien e v<strong>in</strong>tre (v. 10); udir ne fa per adì ne fa (cioè aldire), sluvazzerò per slovezarò (v. 20). 3. stragualzà: voce emiliana per ‘mangiare avidamente’, ‘divorare’. In un testo emiliano di poco posteriore, il Processo e confessione del squaquarante Carnevael, viene prescritto di «sbevazare, papare, sgolazare, trachanare, <strong>in</strong>gultire, lecare, stragualzare» (cfr. G.C. Croce, La solenne e trionfante entrata dello squaquaratissimo et sloffeggiantissimo Signor Carnevale <strong>in</strong> questa città, Bologna, B. Cochi, s.a., <strong>in</strong> Affanni e canzoni del padre di Bertoldo, a c. di M. DURSI, Bologna, Alfa ed., 1966, p. 119). 20. slovezarò: ha identico significato di stragualzare (v. 3), cioè ‘<strong>in</strong>gollare con avidità’. preda arr<strong>in</strong>gadora: <strong>in</strong> modenese ‘pedra r<strong>in</strong>gadora’, <strong>in</strong> piazza grande; ovvero la pietra dell’arr<strong>in</strong>go, dove si saliva per parlare <strong>in</strong> pubblico e dove venivano esposti i condannati alla berl<strong>in</strong>a; cfr. Pistoia, <strong>Sonetti</strong> 77 v. 9. Per lo sviluppo di vocali anaptittiche cfr. nota al Sonetto X, v. 8. 77