Sonetti contro l'Ariosto, giudice de' Savi in Ferrara - Carla Rossi ...
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Introduzione<br />
ticare, rov<strong>in</strong>a il cuoio. Ciampante, Beltrame, fate che questi due siano subito cotti,<br />
il più giovane lesso, il più vecchio arrosto. Vieni qua, tu, Ciuffalmosto, mangia<br />
questi due spiriti cattivi e non appena li hai mangiati, cacali vivi!”.<br />
Il sonetto, che s’<strong>in</strong>izia con un solo protagonista, il Giudice de’ <strong>Savi</strong> (v. 2), si<br />
chiude con due anime da cuocere all’Inferno, probabilmente quelle di due fratelli.<br />
Come per il sonetto precedente, Pèrcopo pensò che il <strong>giudice</strong> qui schernito sia<br />
Galeazzo Trotti, ma il mancato dittongamento di arosto del v. 17, mi pare <strong>in</strong>tenzionale<br />
da parte del Pistoia e mi pare lecito ritenere che il poeta alluda ai due<br />
Ariosto: Niccolò e il fratello Francesco, che fu consigliere di Stato a <strong>Ferrara</strong> e<br />
segretario del duca Ercole I (v. 5 il secretario).<br />
Per quanto riguarda, <strong>in</strong>vece, l’<strong>in</strong>vocazione ai due diavoli Ciampante e Beltrame<br />
(v. 15), noteremo come fra i giusdicenti estensi dell’epoca, un gruppo fortemente<br />
caratterizzato era quello degli ufficiali forestieri, come nel caso di Gregorio<br />
Zampante (di cui già abbiamo <strong>in</strong> parte detto per il sonetto 156, e che qui appare<br />
al v. 15), lucchese, che nel corso del suo operato a <strong>Ferrara</strong> si era macchiato<br />
di atroci nefandezze, tanto che morì assass<strong>in</strong>ato fra il giubilo popolare 66 ; mentre<br />
Beltram<strong>in</strong>o Cusatro (Beltrame) era mantovano e fu un commissario della corte<br />
estense dispotico e mal voluto dal popolo. Se la nom<strong>in</strong>a di forestieri ai posti di<br />
podestà costituiva un segno di rispetto per le consuetud<strong>in</strong>i municipali, il loro impiego<br />
<strong>in</strong> <strong>in</strong>carichi sv<strong>in</strong>colati dall’osservanza degli statuti rappresentava <strong>in</strong>vece<br />
un atto di forza <strong>contro</strong> l’autonomia dei sudditi, che come tale lo recepivano riversando<br />
il proprio astio sui ‘commissari’.<br />
6. La struttura della corona<br />
Alla pari di altre collane di sonetti di scherno e vituperio 67 , anche quella <strong>contro</strong><br />
l’Ariosto segue un ord<strong>in</strong>e per sequenze argomentative, volte a colpire il Giudice<br />
de’ <strong>Savi</strong>. Prendendo spunto da dati della realtà storica, fissati nella struttura<br />
chiusa della corona, questi sonetti si trasformano pertanto <strong>in</strong> veri e propri paradigmi.<br />
Il primo componimento funge da proemio: il sonetto d’esordio, per quanto<br />
sferzante, è comunque tra i più contenuti; il locutore si rivolge, come nei c<strong>in</strong>que<br />
che seguono, direttamente all’Ariosto, apostrofandolo sarcasticamente come<br />
Giudice de’ Matti. Gli fa notare come, attraverso le sue ruberie, di cui ormai parlano<br />
tutti, perpetrate sfruttando la sua carica politica, stia <strong>in</strong>grassando sempre<br />
più, mentre i ferraresi patiscono la miseria. La città è ormai dissanguata dalle<br />
cont<strong>in</strong>ue richieste <strong>in</strong> denaro del Giudice che non si vergogna, ma va perpetrando<br />
66 Cfr. Diario ferrarese, cit., pp. 182-83.<br />
67 Penso <strong>in</strong> modo particolare alla corona di sonetti caudati del Bronz<strong>in</strong>o <strong>contro</strong> il Castelvetro,<br />
per cui cfr. ROSSI, I Salterelli, cit., p. 62.<br />
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