08.06.2013 Views

Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial

Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial

Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

giustizia non è essere nato povero o con deficienze<br />

fisiche. L’ingiustizia è che la società non faccia niente<br />

per impedire che situazioni contingenti, moralmente<br />

arbitrarie, pregiudichino socialmente gli individui»<br />

(Ángel Puyol).<br />

L’accesso a un’uguale libertà e cittadinanza per<br />

tutti, pertanto, deve essere promosso dalle istituzioni<br />

anche quando ciò implichi regolamentazione sociale.<br />

Come dice il filosofo Owen Fiss, non si tratta solo<br />

di permettere di parlare ma di ripartire altoparlanti,<br />

per cui saranno necessarie misure come l’educazione<br />

o impedire un’eccessiva concentrazione di potere e<br />

risorse. A riguardo si deve fare una considerazione.<br />

Queste proposte si legano a un certa idea sostanziale<br />

del bene, ossia a una certa idea o promozione di<br />

come dev’essere la cittadinanza? Senza dubbio. Però,<br />

pensare dalla nostra prospettiva storica che deregolamentare<br />

costituisca una certa regola imparziale di<br />

gioco è semplicemente ingenuo. D’altro canto, questa<br />

idea sostanziale di bene deve essere vista come<br />

un’imposizione? L’essere umano è sempre il risultato<br />

di una «imposizione » sociale, però non è lo stessa<br />

cosa sostenere che il disegno di questa cittadinanza<br />

dipenda da un potere interessato e lontano da noi,<br />

oppure dipenda da dibattito aperto, ragionato, plurale<br />

e libero. Né dobbiamo accettare che altri pensino per<br />

noi e nemmeno disertare (tralasciando di essere coscienti)<br />

la nostra quota sociale di potere.<br />

La globalizzazione ha posto una sfida importante<br />

a Rawls. Oggigiorno, le interazioni individuali vanno<br />

ben oltre il piano statale. La domanda allora è sapere<br />

se si può parlare di giustizia globale quando non<br />

esistono istituzioni che possano garantirla al di là<br />

degli Stati. I cosiddetti cosmopoliti pensano che la<br />

nazionalità sia moralmente irrilevante, e che ci sono<br />

obblighi morali precedenti e più forti tra tutti gli<br />

individui. Questi obblighi dovrebbero essere capaci<br />

di organizzarci a favore dell’uguaglianza globale. Gli<br />

statalisti, invece, pensano che lo Stato sia l’unica<br />

fonte di morale pubblica. La diseguaglianza esiste di<br />

per sé, ma eliminarla è un tema che attiene più alla<br />

solidarietà (obbligatoria solo secondo coscienza) che<br />

alla giustizia (che implica il ruolo delle istituzioni). Il<br />

dibattito è ricco. È accettabile avere un diverso livello<br />

di dovere nei confronti del nostro vicino, al quale le<br />

mie tasse finanziano la sua operazione, rispetto al<br />

contadino della Tanzania al quale sono unito solo da<br />

legami volontari di solidarietà? Che tipo di uguaglianza<br />

globale si crea attraverso le relazioni sempre selezionate<br />

dalle nazioni? È possibile creare istituzioni<br />

globali e un’idea di cittadinanza globale? Il dibattito<br />

ha anche fondato proposte concrete come l’alternativa<br />

ai brevetti dei farmaci presentata dal filosofo tedesco<br />

Thomas Pogge.<br />

Tuttavia, la critica più consistente a Rawls è quella<br />

che si riferisce ai principi di razionalità.<br />

Egli diceva che la giustizia si basa su un’idea di<br />

cittadinanza sensibile ai doveri degli uni verso gli altri.<br />

Ma non è così chiaro che, nonostante si possa trovare<br />

una situazione ideale di dialogo e di accordo, gli<br />

esseri umani non generino sempre strutture di potere<br />

che assoggettino la ragione e le necessità degli altri<br />

alla propria visione del mondo (e alla propria capacità<br />

di imporla). In altre parole, una delle preoccupazioni<br />

della filosofia politica attuale è la disgregazione della<br />

società, la sua mancanza di coesione, la poca capacità<br />

della ragione di dare fondamento all’adesione a patti<br />

di convivenza accettabili per tutti. Di fronte a tale<br />

situazione, secondo alcuni strutturale, è possibile che<br />

sorga una coscienza sociale per il semplice fatto che<br />

ci si aspetta questo da noi in una società giusta? Che<br />

impedimenti troviamo per questa coscienza e per la<br />

fiducia sociale? Questa è una delle domande a cui la<br />

filosofia politica cerca di dare risposta per evitare un<br />

mondo dove le necessità altrui non siano capaci di<br />

giustificare soluzioni politiche consensuali quando,<br />

invece, esigono la cessione di parte della mia libertà.<br />

In questo senso, Amartya Sen (L’idea di giustizia)<br />

propone di partire da casi concreti per giungere a una<br />

prassi di giustizia più legata necessità reali e meno<br />

dipendenti dall’adeguamento della realtà a teorie<br />

comprensive come quella di Rawls.<br />

Scrive Joan Vergés che la filosofia politica deve<br />

promuovere «un ideale fattibile, un’utopia realista che<br />

possa farci credere che possa esserci maggiore giustizia<br />

sociale». Rawls è un appuntamento imprescindibile<br />

in questo cammino. Nozick, il suo più grande critico,<br />

ha detto: «Oggigiorno chi si occupa di filosofia deve<br />

lavorare secondo la teoria di Rawls, altrimenti dovrà<br />

spiegare perché non lo fa»; è per questo che il suo<br />

pensiero, e i dibattiti che suscita e che si rinnovano<br />

con l’avanzare della società, dovrebbero essere per la<br />

Teologia della Liberazione una sfida e un’opportunità<br />

per il dialogo. ❑<br />

195

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!