Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial
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giustizia non è essere nato povero o con deficienze<br />
fisiche. L’ingiustizia è che la società non faccia niente<br />
per impedire che situazioni contingenti, moralmente<br />
arbitrarie, pregiudichino socialmente gli individui»<br />
(Ángel Puyol).<br />
L’accesso a un’uguale libertà e cittadinanza per<br />
tutti, pertanto, deve essere promosso dalle istituzioni<br />
anche quando ciò implichi regolamentazione sociale.<br />
Come dice il filosofo Owen Fiss, non si tratta solo<br />
di permettere di parlare ma di ripartire altoparlanti,<br />
per cui saranno necessarie misure come l’educazione<br />
o impedire un’eccessiva concentrazione di potere e<br />
risorse. A riguardo si deve fare una considerazione.<br />
Queste proposte si legano a un certa idea sostanziale<br />
del bene, ossia a una certa idea o promozione di<br />
come dev’essere la cittadinanza? Senza dubbio. Però,<br />
pensare dalla nostra prospettiva storica che deregolamentare<br />
costituisca una certa regola imparziale di<br />
gioco è semplicemente ingenuo. D’altro canto, questa<br />
idea sostanziale di bene deve essere vista come<br />
un’imposizione? L’essere umano è sempre il risultato<br />
di una «imposizione » sociale, però non è lo stessa<br />
cosa sostenere che il disegno di questa cittadinanza<br />
dipenda da un potere interessato e lontano da noi,<br />
oppure dipenda da dibattito aperto, ragionato, plurale<br />
e libero. Né dobbiamo accettare che altri pensino per<br />
noi e nemmeno disertare (tralasciando di essere coscienti)<br />
la nostra quota sociale di potere.<br />
La globalizzazione ha posto una sfida importante<br />
a Rawls. Oggigiorno, le interazioni individuali vanno<br />
ben oltre il piano statale. La domanda allora è sapere<br />
se si può parlare di giustizia globale quando non<br />
esistono istituzioni che possano garantirla al di là<br />
degli Stati. I cosiddetti cosmopoliti pensano che la<br />
nazionalità sia moralmente irrilevante, e che ci sono<br />
obblighi morali precedenti e più forti tra tutti gli<br />
individui. Questi obblighi dovrebbero essere capaci<br />
di organizzarci a favore dell’uguaglianza globale. Gli<br />
statalisti, invece, pensano che lo Stato sia l’unica<br />
fonte di morale pubblica. La diseguaglianza esiste di<br />
per sé, ma eliminarla è un tema che attiene più alla<br />
solidarietà (obbligatoria solo secondo coscienza) che<br />
alla giustizia (che implica il ruolo delle istituzioni). Il<br />
dibattito è ricco. È accettabile avere un diverso livello<br />
di dovere nei confronti del nostro vicino, al quale le<br />
mie tasse finanziano la sua operazione, rispetto al<br />
contadino della Tanzania al quale sono unito solo da<br />
legami volontari di solidarietà? Che tipo di uguaglianza<br />
globale si crea attraverso le relazioni sempre selezionate<br />
dalle nazioni? È possibile creare istituzioni<br />
globali e un’idea di cittadinanza globale? Il dibattito<br />
ha anche fondato proposte concrete come l’alternativa<br />
ai brevetti dei farmaci presentata dal filosofo tedesco<br />
Thomas Pogge.<br />
Tuttavia, la critica più consistente a Rawls è quella<br />
che si riferisce ai principi di razionalità.<br />
Egli diceva che la giustizia si basa su un’idea di<br />
cittadinanza sensibile ai doveri degli uni verso gli altri.<br />
Ma non è così chiaro che, nonostante si possa trovare<br />
una situazione ideale di dialogo e di accordo, gli<br />
esseri umani non generino sempre strutture di potere<br />
che assoggettino la ragione e le necessità degli altri<br />
alla propria visione del mondo (e alla propria capacità<br />
di imporla). In altre parole, una delle preoccupazioni<br />
della filosofia politica attuale è la disgregazione della<br />
società, la sua mancanza di coesione, la poca capacità<br />
della ragione di dare fondamento all’adesione a patti<br />
di convivenza accettabili per tutti. Di fronte a tale<br />
situazione, secondo alcuni strutturale, è possibile che<br />
sorga una coscienza sociale per il semplice fatto che<br />
ci si aspetta questo da noi in una società giusta? Che<br />
impedimenti troviamo per questa coscienza e per la<br />
fiducia sociale? Questa è una delle domande a cui la<br />
filosofia politica cerca di dare risposta per evitare un<br />
mondo dove le necessità altrui non siano capaci di<br />
giustificare soluzioni politiche consensuali quando,<br />
invece, esigono la cessione di parte della mia libertà.<br />
In questo senso, Amartya Sen (L’idea di giustizia)<br />
propone di partire da casi concreti per giungere a una<br />
prassi di giustizia più legata necessità reali e meno<br />
dipendenti dall’adeguamento della realtà a teorie<br />
comprensive come quella di Rawls.<br />
Scrive Joan Vergés che la filosofia politica deve<br />
promuovere «un ideale fattibile, un’utopia realista che<br />
possa farci credere che possa esserci maggiore giustizia<br />
sociale». Rawls è un appuntamento imprescindibile<br />
in questo cammino. Nozick, il suo più grande critico,<br />
ha detto: «Oggigiorno chi si occupa di filosofia deve<br />
lavorare secondo la teoria di Rawls, altrimenti dovrà<br />
spiegare perché non lo fa»; è per questo che il suo<br />
pensiero, e i dibattiti che suscita e che si rinnovano<br />
con l’avanzare della società, dovrebbero essere per la<br />
Teologia della Liberazione una sfida e un’opportunità<br />
per il dialogo. ❑<br />
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