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Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial

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femministe hanno dimostrato essere una reiterazione<br />

del linguaggio patriarcale: quando pensiamo usando<br />

la categoria «risorse naturali», automaticamente<br />

vediamo una «risorsa» che possiamo utilizzare; se si<br />

sta esaurendo ce ne prendiamo cura, tuttavia sempre<br />

come risorsa.<br />

Come possiamo pensare in altri termini tutto questo?<br />

Vediamo un esempio. A sud del fiume Orinoco,<br />

in Venezuela, si trova una vastissima foresta tropicale<br />

che si congiunge con quella amazzonica, con straordinari<br />

livelli di precipitazioni atmosferiche, di diversità<br />

biologica, con vari popoli indigeni che vivono da<br />

millenni in quella situazione. Anche da un punto di<br />

vista direttamente economico si tratta di una zona<br />

vitale per l’odierno Venezuela, perché dalle sue dighe<br />

dipende una produzione di energia elettrica che copre<br />

il 70% dei fabbisogni del Paese. Tuttavia risulta che<br />

sotto questa straordinaria ricchezza si trova l’oro,<br />

molto oro. Garimpeiros brasiliani e venezuelani lo<br />

sfruttano impiegando tecniche artigianali; usano certe<br />

pompe idrauliche che sollevano lo strato vegetale del<br />

terreno e danno origine a grandi paludi, dove utilizzano<br />

il mercurio per far precipitare l’oro e poterlo<br />

raccogliere. Con questo procedimento si distrugge<br />

il manto vegetale, si va a toccare la biodiversità, la<br />

capacità di generare acqua e quindi elettricità. In<br />

stagni e acquitrini prolifera l’anofele e sta ritornando<br />

il paludismo, malattia che minaccia la vita delle popolazioni<br />

indigene della zona; il mercurio contamina<br />

la catena alimentare che inizia con i pesci di questi<br />

fiumi e termina nelle popolazioni urbane. Con questo<br />

devastante impatto si estrae l’oro, che convertito in<br />

lingotti è nuovamente depositato sotto terra, stavolta<br />

nei forzieri della Banca Centrale. E i bilanci nazionali<br />

ci dicono che «siamo più ricchi»...<br />

Qui c’è qualcosa che non funziona. Con i criteri<br />

che si esplicano in questa misurazione e valutazione<br />

non abbiamo la possibilità concettuale di pensare un<br />

mondo diverso. Se vogliamo effettivamente pensare<br />

a un rapporto differente degli uomini col resto della<br />

vita è necessario mettere in discussione i presupposti<br />

e le costruzioni delle discipline [scientifiche], le forme<br />

in cui misurare, quantificare, valutare.<br />

Sotto il predominio dei concetti e strumenti che<br />

conosciamo e che si riproducono come se «si trattasse<br />

di leggi naturali», progetti economici tanto di sinistra<br />

come di destra possono rivendicare in egual misura di<br />

avere successo. Tanto Hugo Chavez quanto Alan García<br />

potrebbero affermare che i loro progetti economici<br />

sono meravigliosi, perché la crescita di entrambi i<br />

Paesi supera l’8%. Queste valutazioni nascondono così<br />

diversità e somiglianze, ma altrettanto condizionano i<br />

fatti; le valutazioni che si elaborano su questi numeri<br />

segnano modelli da seguire; sono dunque un inganno,<br />

poiché inducono a ripetere, a riprodurre il modo di<br />

fare la cose.<br />

Nel mondo contemporaneo si osserva una tendenza<br />

a «continuare a fare la medesima cosa, però con<br />

una “imbellettatura ambientalista”», con un interesse<br />

apparente per la conservazione, che in pratica rimane<br />

totalmente al margine; pertanto le decisioni fondamentali<br />

su politiche economiche, investimenti, crescita,<br />

insomma sul modello e le sue dimensioni... continuano<br />

a essere dettate dagli organismi internazionali,<br />

dall’ Organizzazione Internazionale del Commercio<br />

- che è diventata la principale fra tutte -, insieme alla<br />

Banca Mondiale e al FMI, benché quest’ultimo si trovi<br />

ora relativamente indebolito. Le dichiarazioni delle<br />

Nazioni Unite sull’ambiente risultano essere schizofreniche,<br />

poiché parlano di alcuni principi, di certe<br />

preoccupazioni per le culture e la natura senza avere<br />

incidenza, mentre dall’altro lato riaffermano questa<br />

economia distruttrice.<br />

È importante riconoscere che gli strumenti che impieghiamo<br />

per analizzare questi problemi sono ormai<br />

inservibili. Sono strumenti che convertono in «naturale»<br />

e inevitabile quello che facciamo. Sono culture<br />

di matrice coloniale ed eurocentrica, scienze sociali<br />

moderne di origine liberale, quelle che hanno costruito<br />

come naturale e inevitabile questo modello di<br />

civiltà. Questa visione poi si legittima in questi tempi<br />

attraverso tutto il sistema educativo, in particolare<br />

nelle scuole di economia, nelle quali si «naturalizza»<br />

questo ordine attraverso la quantificazione e l’oggettivazione<br />

delle «leggi economiche».<br />

A questi livelli il problema non è soltanto l’economia<br />

neoclassica, non è unicamente il modello neoliberale<br />

dell’economia, ma il modello stesso di economia,<br />

la stessa nozione di «ricchezza», la nozione di ciò che<br />

si quantifica, di ciò che misuriamo... Questo concetto,<br />

ciò che oggi si intende per ricchezza, ci può portare<br />

fino alla scomparsa della vita sul pianeta. ❑<br />

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