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Latinoamericana mondiale 2012 - Agenda Latinoamericana-Mundial

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Verso un’altra nozione di «ricchezza»<br />

Vi sono strumenti concettuali che ormai non servono<br />

Edgardo Lander<br />

Ci troviamo di fronte a una nuova condizione storica<br />

planetaria che ormai siamo in grado di riconoscere<br />

con chiarezza: si tratta nientemeno che di una crisi<br />

di civiltà, dell’impossibilità che il «modello industriale<br />

e predatorio basato sulla lotta degli uomini contro la<br />

natura» continui a procedere, nell’identificare benessere<br />

e ricchezza come «accumulo di beni materiali»<br />

con le conseguenti aspettative di «crescita e consumo<br />

illimitati, di più in più». Questo, semplicemente, non<br />

è possibile.<br />

Ormai si è smesso di discutere se il modello di vita<br />

delle comunità andine o dell’Amazzonia piaccia più o<br />

meno del modello di vita delle comunità suburbane<br />

nordamericane, perché questo è diventato radicalmente<br />

impossibile. Oggi, pensando il pianeta in termini<br />

di «impronta ecologica», di appropriazione della capacità<br />

produttiva globale della Terra, con tutte le sue<br />

dimensioni di vita, si constata che esso è sfruttato<br />

ben al di là della sua capacità di ripresa, di recupero.<br />

Noi, esseri umani che viviamo in questo tempo, stiamo<br />

non soltanto sfruttando totalmente la capacità di<br />

recupero della Terra, ma anche quella parte che spetterebbe<br />

alle generazioni future.<br />

Questo accade, per di più, in un contesto nel quale<br />

una parte molto importante della popolazione del<br />

pianeta non ha acqua potabile né dispone di alimenti<br />

che coprano il minimo di calorie giornaliere necessarie<br />

per vivere. Siamo in una situazione in cui i calcoli<br />

mostrano come già da diversi decenni siamo passati a<br />

un gioco a somma zero: se stiamo utilizzando molto<br />

più di ciò che è disponibile, i ricchi diventano più<br />

ricchi, riducendo ovviamente le risorse destinate ai<br />

più poveri.<br />

Questa non è una predizione apocalittica di alcuni<br />

ambientalisti fanatici, ma una constatazione inoppugnabile.<br />

Tuttavia, se le cose stanno così, perché continuiamo<br />

a vivere come se ciò non stesse accadendo?<br />

Perché continuano i negoziati del WTO [Organizzazione<br />

<strong>mondiale</strong> del commercio], le politiche pubbliche in<br />

funzione di sviluppo, progresso e industrializzazione,<br />

224<br />

Caracas, Venezuela<br />

come se questi fossero problemi altrui? La realtà ci<br />

indica che uno dei limiti principali per trasformare la<br />

società «molto oltre i limiti che pongono il potere,<br />

o le classi dominanti, o le multinazionali, o l’opposizione<br />

della destra nel caso di riforme costituzionali»<br />

sta appunto nelle nostre stesse teste, in un pensiero<br />

legato alla riproduzione dell’esistente, nella nostra<br />

debole capacità di immaginare altre forme di intendere<br />

le cose.<br />

Le discipline nelle quali siamo formati, in particolare<br />

l’economia, sono eurocentriche, coloniali;<br />

frazionano la vita in frammenti e, in modo arbitrario,<br />

assegnano gli uni o gli altri come loro oggetto.<br />

L’economia si riduce a una visione molto particolare,<br />

ereditata dalla «società di mercato» della tradizione<br />

liberale - purtroppo fatta propria in una forma relativamente<br />

acritica finanche dalla tradizione marxista<br />

socialista, in svariati sensi.<br />

Così, ciò che viene inteso come «ricchezza», la<br />

sua quantificazione, la definizione di ciò che misura<br />

oppure no, possiede uno strumento di base mediante<br />

il quale si valuta tutto l’ambito economico: i bilanci<br />

dello Stato. Però questi misurano alcune cose e non<br />

altre. Non tengono conto della capacità produttiva<br />

della vita, di tutta la capacità di sussistenza che non<br />

implichi interscambio commerciale, tutto l’ambito<br />

- ampiamente esteso a tutto il pianeta - del lavoro<br />

delle donne in casa come condizione della riproduzione;<br />

misurano solo una porzione di un processo molto<br />

più vasto. Allo stesso tempo non tengono conto dei<br />

processi distruttivi, in presenza dei quali molte volte<br />

appare come «accumulo di ricchezza» ciò che in realtà<br />

è un «processo sistematico di impoverimento collettivo»,<br />

perché si stanno distruggendo le condizioni<br />

che rendono possibile proprio quello che chiamiamo<br />

ricchezza.<br />

In questo senso continuare a pensare in termini<br />

economicistici e antropocentrici l’idea di «risorse naturali»<br />

presuppone che l’acqua, la terra e le foreste...<br />

siano risorse per la produzione economica. In termini<br />

simbolici questo agisce nella stessa forma che le

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