25.02.2013 Views

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

te la via di fuga più facile, senza accorgersi che invece i<br />

dieci brani di questo Vol. 1 avrebbero avuto la caratura<br />

per meritare un trattamento diverso. Ce lo suggeriscono<br />

certi testi misto di immediatezza, quotidianità ma anche<br />

brillanti intuizioni e una scrittura ricca di citazioni scollegate<br />

dall’estetica di riferimento. Materiale che si posiziona<br />

decisamente su un altro livello rispetto a produzioni<br />

analoghe per stile e attitudine.<br />

Alla fine non si tratta solo di canzonette, anche se chi<br />

suona sembra far di tutto per farle passare come tali.<br />

Rischiando così di catalizzare l’attenzione di un pubblico<br />

che forse non le apprezzerà fino in fondo, rapito invece<br />

dagli aspetti più glamour ed esteticamente riconoscibili<br />

di una formula che banalizza (un po’ come fa la bic in<br />

copertina) le buone cose contenute in questo esordio.<br />

Tra queste il DNA melodico nostrano rubato agli anni<br />

Cinquanta già de I Cosi in E allora viva! o Il Marinaio, le<br />

cadenze western sdoganate dagli ultimi Baustelle di La<br />

mano sinistra del Diavolo, l’Ivan Graziani traviato dai Libertines<br />

di E menomale e in generale un’anima autoriale<br />

nascosta tra batterie sincopate e chitarrine stropicciate.<br />

C’è di rallegrarsi, insomma, ma anche di che riflettere.<br />

L’impressione comunque è che da queste parti possa<br />

accadere qualcosa di importante.<br />

(6.8/10)<br />

Fabrizio zampighi<br />

tigEr & WoodS - through thE grEEn<br />

(running baCK, maggio 2011)<br />

Genere: Disco<br />

Il dj-set al MeetInTown di Roma è stata l’occasione ideale<br />

per toccare con mano lo spirito dei Tiger & Woods, misterioso<br />

duo comparso praticamente dal nulla quest’anno<br />

e gettatosi nella mischia con l’acclamatissimo singolo<br />

Gin Nation (che ricuce con maestria Music And Lights degli<br />

Imagination) ed un album, questo Through The Green, che<br />

gronda disco-boogie americana anni Ottanta da tutti i pori.<br />

Di Larry Tiger e David Woods si continua a sapere pochissimo,<br />

nonostante se ne sia fatto un gran parlare: voci di<br />

corridoio ipotizzano la comparsata di Marco Passarani<br />

alla cabina di regia; noi possiamo solo dirvi che si son<br />

presentati due ragazzi cool in tenuta sportiva e cappellino<br />

di fronte agli occhi.<br />

La loro musica, invece, si apre lampante già dal primo<br />

ascolto: il sound gioca tutto su groove pulitissimi, saldamente<br />

piantati su synth possenti, e loop vocali a stretto<br />

giro che erigono un monumento alla ripetitività come<br />

perno fondante della dance del loro stile oltre il tempo.<br />

Un richiamo neanche tanto velato per la strategia di<br />

marketing e musicale alla visione Daft Punk / DJ Sneak<br />

(amico in evidenza sulla loro pagina myspace), richia-<br />

mando opportunamente in Time tutto il gusto sampledelico<br />

di Discovery con qualche arco in più e in El Dickital<br />

la magia dei filtri french.<br />

La ricetta è di quelle che, anche se non promuovono<br />

alcuna novità, possono risultare esplosive, soprattutto<br />

a ritmo spedito: il top è raggiunto negli intrecci ipnotici<br />

di voce e ritmo di Don’t Hesitate, Dr. Burner o Love In<br />

Cambodgia, che centrano in pieno il cuore della faccenda<br />

dance riscoprendone dal passato i risvolti più gioiosi<br />

e solari. Il vero problema dell’album però sta nel fatto<br />

che è, appunto, un album: questa musica può offrire il<br />

meglio in pista, dove ciclicità e tempi lunghi sono una<br />

scommessa vinta in partenza, mentre il formato d’ascolto<br />

evidenzia tutti i limiti del mezzo, attenuati solo in<br />

parte da espedienti come il soul in potenza di Curb My<br />

Heart o il cut’n’paste d’antan di Gin Nation. Il caldo suggerimento<br />

è di buttare via le cuffie e andarveli a godere<br />

direttamente alla consolle. Il disco giusto per il prossimo<br />

party in piscina. Durerà anche dopo l’estate?<br />

(7/10)<br />

Carlo aFFatigato<br />

tiny tidE - thErE’S a girl that nEVEr goES<br />

out (KingEm, SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: shoeGaze pop<br />

Ormai è chiaro che si tratta di una patologia. Di quelle<br />

sane, se mi passate l’ossimoro. Sia chiaro, la malattia di<br />

Mark Zonda è una di quelle che augureremmo ai nostri<br />

più cari amici. I sintomi: s’innamora perdutamente di situazioni<br />

pop disparate, con ovvia predilezione per quelle<br />

che vedono protagoniste figure femminili. Gli effetti<br />

collaterali: produce musica a ritmo continuo, roba che<br />

nemmeno nei fibrillanti anni Sessanta. Gettando il cuore<br />

oltre l’ostacolo dei non trascendentali mezzi a disposizione.<br />

Ma tanta è la fregola, e così ampia e dettagliata,<br />

che porre l’argine sarebbe deleterio.<br />

Insomma, ancora devo riprendermi dalle buone sensazioni<br />

suscitate da Plato’s Summer Stars, successore del<br />

buon Febrero uscito appunto lo scorso febbraio, ed ecco<br />

seguire a ruota il qui presente There’s A Girl That Never<br />

Goes Out, nel quale si celebra appunto la “popfilia” del<br />

leader dei Tiny Tide. Dieci tracce di pop gasato shoegaze<br />

e glassato synth-wave, in (dis)equilibrio sul crinale tra<br />

gioco e abbandono, tra sogno e struggimento. Come potrebbe<br />

un Patrick Wolf immerso in caligini My Bloody<br />

Valentine e colto da sparsi spasmi Elvis Costello, tremori<br />

Scott Walker e persino certe impalpabili languiderie<br />

Brian Wilson. Altrettanti frutti di ossessioni declamate,<br />

dalla Nina Persson dei Cardigans di Short Stories ‘Bout<br />

Nina alla Yuka Honda (delle Cibo Matto) di Thinking<br />

‘Bout Yuka, da Charlotte Hatherley (ex-chitarrista degli<br />

highlight<br />

tinariWEn - taSSili (CoopEratiVE muSiC, agoSto 2011)<br />

Genere: Desert sounD<br />

Proprio quando si poteva temere una caduta nel clichè, questi magnifici rivoluzionari con le chitarre ci<br />

sorprendono nuovamente. Ammesso e non concesso che il loro stile - attenzione: nuovo solo per noi<br />

occidentali - tra John Lee Hooker e dei Grateful Dead più asciutti possa aver stancato (non lo ha fatto,<br />

no), spetta a Tassili esplicitare una vivida volontà di sperimentazione. E, per la<br />

solita questione di prospettive, per costoro significa anche contaminare quanto<br />

gli viene naturale con l’occidente che li ammira. Difficile pertanto trovare<br />

un atto di “ribellione” più sensato che far convivere radici e futuro. Questo il<br />

significato ultimo di registrare nel pieno del deserto invitando ospiti d’eccezione<br />

e qualità che si integrano perfettamente; e, nel frattempo, approfondire<br />

i toni meditativi attraverso chitarre più del solito acustiche e un pugno di<br />

malinconiche “ballate”.<br />

Facendo così anche quadrato di fronte alla dipartita di Abdallah Catastrophe,<br />

prossimo all’esordio solista, nello stesso momento in cui Kyp Malone e Tunde Adebimpe dei TV<br />

On The Radio ipotizzano un Peter Gabriel che negli ’80 elegge il Sahara a teatro delle sue indagini in<br />

Tenere Taqhim Tossam, Nels Cline presta con gusto e discrezione le corde alla tesa Imidiwan Ma Tenam<br />

e la Dirty Dozen Brass Band ondeggia tra errebì atavico e free jazz nell’abbagliante Ya Messinagh.<br />

Assi calati in apertura di un lavoro il cui cuore si rinviene però in radici che, ridotte all’essenziale, pulsano<br />

vive e più che altrove nel traslucido, struggente raccoglimento di Asuf D Alwa, Walla Illa e nel commiato<br />

Iswegh Attay/Takest Tamidaret. Segnali di un costante movimento, tipico dei classici conclamati da<br />

prendere a fulgido esempio.<br />

(7.6/10)<br />

gianCarlo turra<br />

Ash) di Haterley a Marina Diamandis (AKA Marina And<br />

The Diamonds) di A Diamond For Marina.<br />

Non di solo cantantesse si compone però l’iperuranio<br />

sentimentale di Zonda, che anzi si concede escursioni<br />

nella fiction - vedi Come Along Pond, dedicata all’assistente<br />

di Doctor Who Amy Pond, e Rachel Green, ovvero il<br />

personaggio di Friends interpretato da Jennifer Aniston -<br />

e nell’immaginario fumettistico (dall’anime Katsuragi, It’s<br />

Me... agli ineffabili nonché intramontabili Peynet Lovers).<br />

Amori impossibili - come recita il sottotitolo - che si agitano<br />

travolgenti dietro la cortina fumogena del rumore,<br />

emblema di peculiarità emotiva ed esistenziale che va<br />

a confessarsi nella conclusiva Blinded By The Pop Stars,<br />

ritornello vagamente rubacchiato al Billy Idol di Dancing<br />

With Myself e la parafrasi smithisana che dà il titolo<br />

all’album come una tenera, meritata catarsi. L’ispirazione<br />

non è sempre al top, ma l’ascolto non è mai meno che<br />

gradevole. E l’insieme vale più della somma.<br />

(7/10)<br />

StEFano SolVEnti<br />

tiny tidE - plato’S SummEr StarS (KingEm,<br />

agoSto 2011)<br />

Genere: Dream pop lo-fi<br />

Sei mesi dopo il buon Febrero, ecco puntuale la nuova<br />

prova firmata Tiny Tide. Ovvero, l’ennesimo frutto<br />

della irrefrenabile ossessione che muove il cesenate<br />

Mark Zonda. Il pop come una onnipresente vibrazione<br />

sognante e scabra, cortina fumogena ideale su cui proiettare<br />

le circostanze emotive ed i palpiti mnemonici.<br />

Undici tracce che sbocciano dalla scorza straniante della<br />

bassa fedeltà, tutto un aleggiare di vampe deragliate e<br />

impeto traslucido, melodie che rotolano tenere e febbrili<br />

in un formidabile precariato sonoro che chiama a<br />

testimoniare l’art-wave primordiale di Brian Eno, caligini<br />

allucinate Teenage Fanclub, la languida protervia dei<br />

Morrissey e dei John Lennon, certe fatamorgane 4AD<br />

come se le sognassero quei malandrini della Elephant<br />

6, e via discorrendo.<br />

I cromatismi sghembi di Nimesulide EG, il tumulto farraginoso<br />

di Shoes Got An Hold Me, la bambagia radiante<br />

112 113

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!