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RETROMANIA - Sentireascoltare

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Cant - drEamS ComE truE (Warp rECordS,<br />

SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: Dream pop<br />

Nei Grizzly Bear, Chris Taylor è il personaggio più Gus<br />

Van Santiano. Senza di lui non esisterebbero né i magici<br />

cori né le basi di basso ma soprattutto i ragazzi dovrebbero<br />

trovarsi un nuovo produttore e missatore.<br />

Label owner da un paio d’anni, apprendiamo ora che il<br />

fosco biondo ha sempre avuto nel cassetto il sogno di<br />

fare il songwriter e che però scrivere canzoni non è mai<br />

stato la sua specialità. Di sicuro, nei Bear, con Ed Droste e<br />

Daniel Rossen (Department of Eagles), non lo avrebbe<br />

realizzato facilmente e dunque ecco CANT, la sfida alla<br />

cronica incapacità nel completare i brani, un progetto<br />

nato dopo un tour con i Radiohead e i complimenti<br />

di Johnny Greenwood per i quali s’esaltò, interviste alla<br />

mano, soprattutto lui.<br />

Pubblicato in Europa da Warp e in USA per la sua Terrible<br />

Records (con la quale esordì con un primo 7 pollici sotto<br />

CANT, nel 2009, con Ghosts), il producer pubblica ora un<br />

dieci tracce pesantemente influenzate dallo streaming<br />

sonico di Thom Yorke & Co., in piccola misura dal Peter<br />

Gabriel solista agli esordi, e senz’altro dagli eighties di<br />

Forget firmato da George Lewis Jr. (Twin Shadow) di<br />

cui Taylor è stato, a sua volta, il produttore.<br />

La presenza di Lewis influenza parecchio gli smalti dayglo<br />

di Believe o l’ancora più 80s The Edge quando il cuore<br />

dell’album diluisce l’eredità dei Bear (le folk song in riva<br />

al mare BANG, She’s Found A Way Out, una lo-fi al piano<br />

Breicht) in una serie di contraltari per drum machine,<br />

bassi profondi e altri trick che abbiamo più volte incontrato<br />

nel catalogo contaminato ed eterogeneo della<br />

Warp dei 00s (vedi anche Answer).<br />

A mancare, in queste strutture aperte, sussurranti e potenzialmente<br />

infinite, è proprio il featuring di una personalità<br />

forte come Thom Yorke che sappia intersecarsi nei<br />

piani elettronici. L’album gioca consapevolmente con i<br />

propri limiti e conserva un suo fascino a patto che non<br />

rischi nelle citazioni (il piano di Rises Silent in evitabilissimo<br />

stile Pyramid Song). Dignitoso side project ma<br />

niente di più. Per ora.<br />

(6.8/10)<br />

Edoardo bridda<br />

CaShiEr no.9 - to thE dEath oF Fun (bElla<br />

union, agoSto 2011)<br />

Genere: inDie pop<br />

Una nota stampa che cita gli Stone Roses impone per<br />

lo meno di drizzare le orecchie al passaggio di questo<br />

gruppo di Belfast.<br />

In realtà, i rivoli di crema psycho folk che i Cashier<br />

No.9 riversano sull’ascoltatore incontra i temi floreali<br />

dei mancuniani solo nei suoi momenti più spediti, vuoi<br />

per una certa somiglianza del singer con le tonalità più<br />

alte della voce di Ian Brown, vuoi perché l’andamento<br />

soave e trasognato (al netto del groove danzereccio)<br />

dell’opener Goldstar ricorda il tema di Waterfall.<br />

Per il resto la grandeur un pò sognante, l’opulenza dei<br />

suoni (che porta ad esempio ad un utilizzo generoso di<br />

rulli di tamburi, xilofoni e synth a profusione) è quella di<br />

chi ha fatto propria la concezione barocca di Brian Wilson,<br />

Scott Walker e Phil Spector, seppur applicandola a<br />

melodie dal sapore West Coast e dall’appeal immediato<br />

(Lost At Sea, Goodbye Friend).<br />

I Cashier, peraltro, il loro Phil Spector lo hanno trovato<br />

nella figura del produttore David Holmes. E’ lui ad allestire<br />

una moderna versione del wall of sound, ricoprendo<br />

le melodie zuccherine di una patina opalescente che ne<br />

esalta la luminosità. Un gioco di riverberi che campisce<br />

ogni spazio donando ai brani quello stupore psichedelico<br />

che fa spiccare loro il volo.<br />

(6.9/10)<br />

diEgo ballani<br />

CauSa Sui - pEWt’r SESSion 2 (El paraiSo<br />

rECordS, luglio 2011)<br />

Genere: psicheDelia<br />

Avranno di che essere soddisfatti i patiti delle jam psichedeliche<br />

dilatate allo stremo con il volume 2 delle<br />

Pewt’r Session dei danesi Causa Sui. Lunghe improvvisazioni<br />

che passano in rassegna tutto il campionario<br />

pischedelico, dalle espansioni a la Grateful Dead fino<br />

allo space rock matrice Hawkwind, condito da abbondante<br />

salsa krauta. Quello che ricordano di più i Causa<br />

Sui sono gli Amon Dull II privi della carica misteriosa ed<br />

esoterica da sabba dei boschi mitteleuropei.<br />

L’apertura di Garden Of Forking Paths si apre con un<br />

andamento jazzato per poi sfociare in un profluvio di<br />

effetti wah e saliscendi chitarristici. Gelassenheit ricalca<br />

l’incedere di Hallogallo dei Neu! sbrodolandolo in una<br />

furia impro che perde le coordinate. La finale Brassica<br />

Blues mette i Led Zeppelin sotto codeina sfilacciando<br />

un hard blues per undici minuti. Pewt’r Session 2 è un<br />

disco più che dignitoso ma in cui alla fine a prevalere<br />

sono la caccia alla citazione e un’improvvisazione che<br />

sfocia sempre in suoni già noti.<br />

(6.3/10)<br />

FranCESCo aSti<br />

Chllngr - haVEn (grEEn oWl, luglio 2011)<br />

Genere: Dub-soul<br />

C’è chi con un sol disco battezza il suono del momento<br />

anticipandone i risvolti che verranno, e chi si limita a<br />

inserirsi in un continuum consolidato cavalcando l’onda<br />

del tempo. C’è un anno, questo 2011, che verrà ricordato<br />

per la tonificante irradiazione soul che ha ridisegnato<br />

gli equilibri evolutivi, illuminando con un raggio trasversale<br />

le mosse migliori in campo dub, r’n’b e dance.<br />

E infine c’è un producer danese, CHLLNGR, che arriva<br />

esattamente a metà dei dodici mesi e debutta con un<br />

album, Haven, che funge da perfetto riassunto di quanto<br />

recentemente detto nei vari avvicendamenti step da<br />

James Blake in avanti.<br />

Sarebbe stato il momento più favorevole per aggiungere<br />

altri elementi di novità, ma Haven non vuole partecipare<br />

alla competizione: sceglie invece di ripartire da<br />

tesi classicamente Burial (Ask For, Haven) per mettere di<br />

nuovo al centro la questione soul, secondo schemi già<br />

collaudati da Jamie Woon (i risvolti rhythm-and-dub di<br />

Sundown e Dark Darkness) e SBTRKT (le beat-illusioni<br />

di Dusty e May 3). Un occhio dunque che guarda deciso<br />

agli ambienti caldi di Londra, ma uno stile che mantiene<br />

comunque una propria freddezza climatica. Il disco piuttosto<br />

si adagia sulla tipica desolazione dub, che risorge<br />

dalle ceneri e si riscopre intimista e gelosa dei propri<br />

contenuti.<br />

CHLLNGR va in controtendenza: mentre tutt’intorno<br />

le voci si sovrappongono cercando di affermarsi sulle<br />

altre, lui si muove con passo felpato e carattere timido,<br />

non punta ad imporsi ma propende ad una partecipazione<br />

passiva. Fosse arrivato con nove mesi di anticipo<br />

avrebbe fatto il botto, oggi invece si attesta come disco<br />

di rappresentanza del sound dell’anno, a cui però manca<br />

il guizzo per distinguersi. Ma si sa, l’esordio in sordina è<br />

il miglior presupposto per stuipire al ritorno...<br />

(6.8/10)<br />

Carlo aFFatigato<br />

ClamS CaSino - rainForESt Ep (tri anglE,<br />

giugno 2011)<br />

Genere: hip hop / Downtempo<br />

Di Clams Casino, negli ultimi mesi, abbiamo parlato parecchio,<br />

ed ecco finalmente il suo nuovo attesissimo EP:<br />

Rainforest, seguito di quell’Instrumental Mixtape che l’ha<br />

fatto conoscere al mondo come uno dei beatmaker più<br />

interessanti in circolazione (anche grazie alla prolifica<br />

collaborazione con Lil B, il freak numero uno del rap<br />

statunitense oggi).<br />

Cinque tracce che confermano quanto di buono avevamo<br />

scritto sul suo conto. Il giovanissimo producer<br />

del New Jersey, infatti, è un grandioso talento dell’era<br />

Internet, fautore di paesaggi sonori dal notevole impatto<br />

emotivo, racchiusi in strumentali hip hop dal gusto<br />

classico ma contemporaneamente ipermoderno. Natural<br />

è un trip emozionale con pitch rallentato; Treetop<br />

si staglia su un sample chitarristico e field recordings;<br />

Waterfalls riprende le intuizioni dei brani precedenti e<br />

le estremizza; Drowning è come un mantra per nativi<br />

digitali; Gorilla chiude il pacchetto con un gran gioco<br />

di piatti e riverberi.<br />

Un altro strike, quindi, nell’attesa del nuovo album ufficiale<br />

di Lil B, intitolato I’m Gay, in cui si spera che la<br />

combo che ha dato vita ad un capolavoro come I’m God<br />

si ripeta su quei livelli. Aspettiamo fiduciosi.<br />

(7.4/10)<br />

Filippo papEtti<br />

Clap rulES - goldEn handS (bEar FunK,<br />

luglio 2011)<br />

Genere: Disco-electro-pop<br />

Quando, nel 2009, erano saliti alla ribalta con i 12’’ Old<br />

Sequencer e Buio Omega, i Clap Rules erano andati giù<br />

di nu-disco grintosi e svergognati, mirando con decisione<br />

a far ballare senza perdersi in divagazioni nobili.<br />

Quest’anno l’italianissimo trio composto da Fabrizio<br />

Mammarella, Andrea Gabriele e Massimiliano Leggieri<br />

approda sulla lunga distanza e sposta l’accento su un<br />

piano parallelo: tono ritmico alleggerito, ispessimento<br />

della densità electro e aderenza al formato pop, vale a<br />

dire più cura verso l’orecchio e un certo distacco dalla<br />

pista.<br />

In Golden Hands prevalgono dunque sound di maniera e<br />

formule collaudate, vedi la leggiadria Junior Boys di Oh<br />

Uiba e Silver Mountains o l’incedere dritto house-electro<br />

di Pericoloso e Approccio. Tra i momenti più riusciti il vocoder-pop<br />

di Get Excited, a metà tra i primi Daft Punk e<br />

l’ultimo Squarepusher, le movenze 4/4 ambient di Azzardo<br />

e una breve parentesi (Golden Hands) di quella<br />

space disco che trova oggi piena espressione con Massimiliano<br />

Pagliara. Nel complesso non ci sono grossi<br />

appunti da muovere, ma rimane la sensazione che i tre<br />

nostrani abbiano potenzialità maggiori di quelle effettivamente<br />

espresse sul disco. Fine lavoro di produzione e<br />

sound piacente che accontenta tutti, ma il groove killer<br />

dov’è finito?<br />

(6.1/10)<br />

Carlo aFFatigato<br />

Colin l. orChEStra - inFinitE EaSE / good<br />

god (northErn Spy rECordS, luglio 2011)<br />

Genere: neo-country<br />

Ne parlavamo in occasione della fine-corsa targata Usa<br />

Is A Monster, di cui Colin Langenus era la metà esatta.<br />

Ora le prime release della propria personale orchestra<br />

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