25.02.2013 Views

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

di rumore high-energy e questa atmosfera apocalittica e rivoltosa. Un approccio<br />

al suono molto punk, un ruggito a medie-frequenze. L’hardcore rave<br />

accolse proprio questo aspetto del rap di fine anni Ottanta: vedi le cose più<br />

uptempo, riff-oriented e sonicamente stridule come It Takes Two di Rob Base<br />

e Dj EZ Rock, le produzioni di Marley Marl, le prime cose della Def Jam. Penso<br />

che quando l’hip hop si è ammorbidito ed è diventato conscious, dal 1989 in<br />

avanti, e ha preso questa direzione del sample ricercato (del crate-digging)<br />

e del boom bap strumentale, molti b-boy inglesi non abbiano apprezzato<br />

questo cambiamento. Era gente che aveva ascoltato l’acid house, che era<br />

una roba maledettamente futuristica, e il cui metabolismo era su di giri a<br />

causa l’ecstasy; così presero i beat che apprezzavano di più dell’hip hop - i<br />

break beat, i sub-bassi, i sample stridenti, lo scratching, il rapping che agitava<br />

le folle di MC lanciatissimi come Flava Flav - e cominciarono a combinarli<br />

con la house. In America la “hip house” - i Jungle Brothers che rappano sopra<br />

pezzi di Todd Terry - fu una moda passeggera, mentre in Inghilterra presero<br />

la cosa molto sul serio. Terry, la cui versione newyorkese della house era<br />

inzuppata di attitudine hip hop, molto più sampledelica della house classica<br />

di Chicago, era considerato un dio all’interno della scena rave UK.<br />

La mia idea generale sulla questione è che non esista soltanto il boom bap<br />

nella storia dell’hip hop. Ci sono molti altri percorsi all’interno dell’hip hop<br />

e dello stesso rap. La linea che unisce l’electro anni Ottanta e gli stili Dirty<br />

South come il bounce e il crunk, per esempio. In ogni caso, le mie due fasi<br />

preferite del rap sono quella della seconda metà degli anni Ottanta (Def Jam,<br />

Marley Marl, Salt N’Pepa, Erik B & Rakim, Public Enemy, ecc.) e gli ultimi anni<br />

Novanta/primissimi Duemila (quello che chiamo street rap: Cash Money,<br />

Ludacris, Ruff Ryders and DMX, Lil Jon, ecc.). Mi piacciono anche alcune cose<br />

del filone conscious, groove-oriented e boom bap (J Dilla è uno dei miei<br />

favourites), ma in definitiva, il mio rap preferito è quello chiassoso, aggressivo,<br />

aspro, spesso futuristico, non propriamente groovy. [22 giugno 2011]<br />

public enemy<br />

la Tavolozza onnisCienTe<br />

QUesTioni CenTrali, marginali e aCCessorie<br />

aspeTTando ‘reTromania’<br />

di Stefano Solventi<br />

Da queste parti attendiamo ogni nuovo libro di Simon Reynolds come<br />

un piccolo grande turning-point. Il giornalista e scrittore londinese è uno<br />

dei pochi in grado di storicizzare il passato prossimo connotandone in alta<br />

definizione le isobare stilistiche e le forze vettoriali, dettagliandole con gustosa<br />

maniacalità. Con la fragranza schietta e forbita d’una visione che è assieme<br />

dall’alto e dal basso, lo sguardo espanso del satellite e quello orizzontale di<br />

chi annusa il vento e la qualità delle nuvole. Stavolta, per quanto mi riguarda,<br />

l’attesa è anche maggiore. Stando infatti alle anticipazioni, ampiamente confermate<br />

dalla nostra intervista, Retromania tratterà argomenti che su questa<br />

webzine abbiamo spesso avuto modo di affrontare. E abbiamo fondati motivi<br />

per ritenere che lo farà con una lucidità che a noi - ahinoi - è mancata (ci consoliamo<br />

con la soddisfazione di averci provato). All’inizio fu con un articolo<br />

- correva l’anno 2004 - su quello che ci piacque definire emul-rock, ispirato<br />

allo sciame di band di smaccata ispirazione new wave (nei suoi vari aspetti,<br />

compresi prodromi e succedanei) che ebbe il merito di riaccendere gli entusiasmi<br />

delle allibite generazioni post-undicisettembre. Quell’effervescenza<br />

stradaiola, scafata, sia pure sbruffoncella (come spesso il rock ama essere), ci<br />

sembrava significare anche qualcos’altro: ci sembrava indicare una modalità<br />

espressiva inedita, una nuova mappa di riferimenti stilistici, emotivi, culturali.<br />

Un’atomizzazione estetica che oltrepassava d’amblé le tradizionali specificità<br />

culturali, geografiche e generazionali. Perché i nuovi soggetti rock quelle barriere,<br />

semplicemente, sembravano ignorarle. Cosa era accaduto?<br />

Azzardiamo una risposta: si stava affacciando alla ribalta la generazione<br />

delle band di “nativi digitali”, per i quali tutta la storia del rock - anche quella<br />

meno accessibile, più “esoterica” - era una enorme tavolozza disponibile e<br />

simultanea. Esperienza e conoscenza, frutto di annosa dedizione e ricerca,<br />

smettevano di essere patrimonio esclusivo e denotativo di appassionati<br />

all’ultimo stadio per divenire un gesto di pura e semplice condivisione (via<br />

web, naturalmente). L’ultimo degli sbarbatelli poteva permettersi di godersi<br />

i gioielli scabri della scena proto-punk californiana e discettarne pure, alla<br />

stessa stregua del ribaldo cinquantenne incanutito. E magari poteva persino<br />

saperne di più, averne un quadro prospetticamente più strutturato. Tutto<br />

ciò valeva - ormai da qualche anno - per i semplici appassionati. Ma chi più<br />

appassionato di un (sia pure aspirante) musicista rock? Naturale perciò che<br />

questo nuovo stato delle cose riverberasse nelle nuove proposte musicali.<br />

Pensateci: il ventaglio di possibilità stilistiche dal quale pescare la propria<br />

calligrafia musicale - sul quale strutturare il proprio background - si presentava<br />

d’un tratto pressoché sterminato. E sommamente slegato da qualsivoglia<br />

istanza - diciamo così - momentanea e territoriale. Una sorta di onniscienza<br />

iper-globalizzata. Detto altrimenti, in ogni luogo ed in qualsiasi condizione<br />

socio-politica poteva verificarsi una qualsiasi fenomenologia musicale frutto<br />

di qualsivoglia incrocio di modelli e reminiscenze. Rendendo di fatto possibile<br />

lo sbocciare di innumerevoli revival contigui, consecutivi, sovrapposti,<br />

contemporanei. Uno stato di revival permanente.<br />

Presto fu chiaro che la riarticolazione dei tanti, tantissimi “passati” del rock<br />

diventava un intercalare sempre più diffuso, e non certo tra i soli debuttanti.<br />

48 49

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!