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RETROMANIA - Sentireascoltare

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highlight salmente tocca proprio ad un brano intitolato La Noia<br />

Cut handS - aFro noiSE (SuSan laWly, luglio 2011)<br />

Genere: afro-harsh-noise<br />

E così, mentre un Bennett - Tony - compie operazioni di necrofilia scorretta riesumando la salma/voce<br />

di Amy Whinehouse a nemmeno un mese dal trapasso, un altro Bennet, molto più efferato e privo di<br />

umana compassione (così come di meri istinti economici), compie una operazione di necrofilia corretta.<br />

Assonanze Bennett-Whinehouse / Bennett-Whitehouse a parte, la distanza tra i due mondi è a dir poco<br />

siderale. Mr William Bennett aka Whitehouse, smette i panni del violentatore<br />

sonico col quale si mostra da decenni sul panorama harsh-industrial<br />

e power-electronics mondiale per indossare quelli a nome Cut Hands. Efferato<br />

lo stesso, a ben vedere, ma lievemente più intelligibile e piuttosto<br />

sorprendente se non si conosce la vita recente del solitario noiser inglese.<br />

Afro Noise mette infatti le asperità Whitehouse al servizio dell’afro-sound<br />

percussivo di cui ultimamente, vedi alla voce Congotronics, il mondo occidentale<br />

ha conosciuto il valore primordiale, la profondità ancestrale e<br />

l’assoluto fascino a fronte di una povertà di mezzi (produttivi, oltre che di<br />

materie prime) incredibile. Bennett sposta l’attenzione non solo sul Congo ma anche sul Ghana e sui suoi<br />

funeral drumming per innescare una bomba ritmica a metà tra l’analogico e il digitale. Vera e propria<br />

tempesta di percussività primordiale che assume le forme della ossessiva reiterazione ritmica (l’opener<br />

Welcome To The Feast Of Trumpets), della techno terzomondista (Stabbers Concpiracy), della poliritmia<br />

(Shut Up And Bleed) non disdegnando efferatezze harsh (le lancinanti scudisciate di Munkisi Munkondi o<br />

i sibili stracciaorecchie di Nzambi Ia Lufua) e squarci di stasi synthetica (++++ Four Crosses).<br />

Non una novità questi contatti con mondi “altri”. Bennett ne ha recentemente dato prova in composizioni o titoli<br />

come Munkisi Munkondi (da Bird Seed del 2003), Nzambi Ia Lufua (in Cruise del 2001) e Bia Muntati (da Racket)<br />

tutte presenti in Afro Noise così come in quella opera di rielaborazione del Bennett-pensiero che fu Whitehouse<br />

Electronics ad opera del collettivo Zeitkratzer. Così come è una sorpresa scoprire che ci sia proprio lui dietro la<br />

compilation Estreme Music From Africa del 1997, una delle prime testimonianze della musica off africana.<br />

Whitehouse goes to Africa? Noi apprezziamo, pur rimanendo sempre più perduti nelle pieghe del suono<br />

di un progetto tra i più avanguardistici di sempre.<br />

(7.3/10)<br />

StEFano piFFEri<br />

Però, che vi devo dire: a me questo programmino dal<br />

tiro ragguardevole, prodotto con la sagacia del caso, fa<br />

un po’ l’effetto di un panino dopo un’anatra all’arancia.<br />

Va bene giusto per completare il ciclo dell’appetito.<br />

(6.6/10)<br />

StEFano SolVEnti<br />

diliS - nulla da CapirE (SEahorSE<br />

rECordingS, SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: cantautorato rock<br />

E’ di una leggerezza quasi irritante il nuovo disco dello<br />

stabiese Dilis, moniker dietro al quale si nasconde<br />

Pietro Di Lietro, già cantante e chitarrista dei La Condizione<br />

Danzante. Dal titolo vagamente de gregoriano,<br />

Nulla da capire è un lavoro omogeneo, ben curato,<br />

piacevole fin troppo. Chitarre acustiche ed elettriche<br />

sono più che sufficienti all’artista campano per disegnare<br />

carezzevoli e struggenti melodie in un folk altisonante,<br />

ricco di fascino e gusto. Nick Drake, Jeff<br />

Buckley, Damien Rice rappresentano quasi dichiaratamente<br />

i punti di riferimento: rincorsi, riletti, cercati,<br />

celebrati.<br />

E in parte il gioco riesce pure. Il vero limite - da prendere<br />

ad ogni modo con i guanti trattandosi di un lavoro che<br />

nel complesso supera ampiamente la sufficienza - sta<br />

nei testi poco convincenti, distonicamente lontani, a<br />

loro modo ripetitivi nel descrivere una condizione di<br />

precarietà interiore o relazionale ben inquadrata in Fatti<br />

distanti. Ci si muove poco e male, sicuramente non all’altezza<br />

delle più che buone soluzioni armoniche. Parados-<br />

il compito di dare una ventata di risveglio ad un lavoro<br />

che rischia di far fatica a catturare l’attenzione dell’ascoltatore<br />

per la sua intera durata. Un album che rimane<br />

comunque suonato molto bene e che strumentalmente<br />

ha delle perle da non trascurare (la titletrack, Ti Mostrerò,<br />

la fiammeggiante Kaos Kafè): idee interessanti che con<br />

testi più variegati e un cantato meno ammiccantemente<br />

sussurrato, potrebbero raggiungere risultati notevoli.<br />

Le qualità non mancano di certo. La rabbiosa, conclusiva<br />

e sferzante Diventiamo Cattivi ne è la riprova, andandosi<br />

a posizionare esattamente all’interno di questo solco:<br />

meno sdolcinato e più romantico, meno sussurrato e più<br />

onirico, meno ermetico (sic!) e più vissuto. Ti vogliamo<br />

più cattivo, Pietro. Speriamo di averti fatto arrabbiare<br />

abbastanza.<br />

(6.6/10)<br />

gianluCa lambiaSE<br />

diStanCE (uK) - dubStEp allStarS - Vol. 8<br />

(tEmpa, SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: Dubstep<br />

Greg Sanders aka Distance, ovvero, dell’oscurità e<br />

dell’atmosfera, il lato più riffettoso e pro-club della<br />

scuola dubstep, la scienza del basso tremolante roboassistito,<br />

il boomerang che raggiunge Scorn e torna in<br />

mano.<br />

Il prime mover della scena dubstep, tempo fa DJ per l’ex<br />

radio pirata Rinse FM (oggi convertita in passaparola<br />

pseudo-commerciale del genere), firma l’ottavo capitolo<br />

della saga più famosa e rappresentativa delle collane<br />

del dubstep con una combriccola del blasco formata<br />

da, tra gli altri, Benga, Cyrus, Tunnidge e naturalmente<br />

Pinch, personaggio di culto con il quale l’uomo divide il<br />

progetto Deleted Scenes (resuscitato per l’occasione).<br />

18 su 25 sono tracce esclusive, dubplate che il dj e<br />

producer custodiva gelosamente. Ben otto sono sue.<br />

E’ l’impronta, forte e coesa, di una tracklist che pivota<br />

sci-fi (la sua Knowing) e una generosa manciata di coriacei<br />

giri di wobble-dub cartilaginosi (Troubles, ancora<br />

di Distance) dove non c’è scampo se non accendendo<br />

la vista al calore.<br />

Circondato da bestie aliene, rettili (Out Of Reach di<br />

V.I.V.E.K) e cyborg di carne e circuiti (una bomba a mano<br />

come Ultimate Moment di Deleted Scenes), Sanders è<br />

entrato nel cono d’ombra. Gli electro headz modaioli<br />

gli preferiranno il pop (James Blake, Magnetic Man,<br />

Katy B.), l’intellighenzia europea il mash live di Roska<br />

o Kode9 ma appunto per questo l’ortodossia è importante.<br />

Chiamiamolo Predator-step, quando l’half step<br />

di gente come Kryptic Minds (la citata Transcendent)<br />

ne è l’aspetto più audiofilo. In entrambi i casi, si scava<br />

in profondità. Fin che ce n’è.<br />

(7/10)<br />

Edoardo bridda<br />

dJ ShadoW - i’m ExCitEd Ep (iSland, luglio<br />

2011)<br />

Genere: rockinG beats<br />

Shadow aggiunge al già buono I Gotta Rokk EP una<br />

seconda preview dell’album che uscirà il prossimo settembre.<br />

Quattro brani che spaziano dal rocking-ghetto<br />

‘molto’ M.I.A. di I’m Excited (con il featuring di Afrikan<br />

Boy), alla sperimentazione doom-elettronica della stupenda<br />

Banished And Forsaken, che ricorda le atmosfere<br />

più intimiste e ambient dell’esordio, tagliando con vocals<br />

ereditati direttamente da film horror che rimandano<br />

alle visioni più cupe della Londra underground e aggiungendo<br />

pure qualche rasoiata industrial e qualche<br />

colpo percussivo kraut.<br />

Nel ‘lato B’ c’è poi la visione rock psichedelica e profondamente<br />

californiana di Come On Riding, con classici<br />

riff e backing vocals à la Eagles che distende gli<br />

animi e prepara per la conclusiva Let’s Get It, miscuglio<br />

di assoli trash metal, hip-hop, folk e bbreaking<br />

elettronico dove ovviamente Shadow si accasa più<br />

facilmente.<br />

Le tracce di questo EP - a sentire il blog della crew<br />

Solesides - dovrebbero tutte comparire nell’album,<br />

ma per non sbagliare è meglio accattarselo. L’uomo<br />

si assesta su una buona media e ha qualche picco di<br />

eccellenza, che speriamo venga bissato su più episodi<br />

nel full. Una buona prova di resistenza sul campo per<br />

Josh.<br />

(6.8/10)<br />

marCo braggion<br />

domEniCo lanCEllotti - CinE priVê<br />

(malintEnti diSChi, agoSto 2011)<br />

Genere: new brazilian sounD<br />

Dopo aver trascorso gli anni zero ad azzardare rock<br />

sperimentale nei Mulheres que dizem sim e scozzare<br />

samba, psych e funk nei Domenico +2 (assieme ad<br />

Alexandre Kassin - già collaboratore di Arto Lindsay - e<br />

Moreno Veloso, figlio di Caetano), e dopo essersi fatto<br />

conoscere dalle nostre parti per aver partecipato alla<br />

rilettura della celentanissima Svalutation operata dai<br />

siciliani Akkura, il carioca Domenico Lancellotti - suo<br />

padre è il compositore di origine calabrese Ivor Lancellotti<br />

- giunge oggi all’esordio solista con questo Cine<br />

privê, da lui stesso prodotto mentre al missaggio ha<br />

pensato un pezzo da novanta come Mario Caldato Jr.<br />

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