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RETROMANIA - Sentireascoltare

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continuo e incontrastabile, c’è chi pensa ai violini, chi ai cori, chi perfeziona gli<br />

arrangiamenti, chi si concentra sulla melodia. Tutti vivono e si occupano di qualcosa<br />

di diverso nelle proprie vite, poi nei Deus tutto torna allo stato brado, tutto<br />

è diversificato prima, eppure accomunato poi. Non pensiamo alla riuscita finale<br />

delle canzoni, a come devono suonare. Tutto va oltre l’umore del momento. Le<br />

canzoni nascono assieme se c’è questo sintomo: le stesse sensazioni, la stessa<br />

predisposizione, poi la musica rifletterà esclusivamente la nostra condivisione,<br />

null’altro, niente di personale.<br />

Anarchia e famiglia, condivisione e movimento definiscono il processo; il<br />

come dei dEUS rappresenta l’essenza della creatività, tutto, il fine ultimo<br />

della loro ricerca. Pawlowski nel corso dell’intervista usa continuamente le<br />

parole exciting e brilliant, non bisognose di traduzione. Il cerchio si chiude<br />

e così l’obiettivo diventa la ricerca della bellezza, senza dimenticare l’eccitazione<br />

e il movimento, dopo tutto siamo una rock band - l’agitazione è nella<br />

nostra natura – diventata famiglia, vista la regolarità con cui sono usciti gli<br />

ultimi album. La band diventa ossimoro, viene alla mente la canzone Slow<br />

come manifesto del nuovo corso, un elegia dell’agitazione: piace pensarla<br />

come il movimento della lentezza.<br />

la perFezione o la provvisorieTà<br />

Il pomeriggio è assolato, a risuonare c’è solo asfalto; l’epica live dei dEUS<br />

non ne risentirà nonostante il pubblico di granito. Keep You Close è un album<br />

ampiamente metabolizzato dai componenti della band, a sostenerlo<br />

il fine lavoro di rifinitura, a definirlo nell’ultimo anno, una sottile manualità<br />

da cesellatore, una sorta di (ri)definizione post live. Un’influenza importante<br />

sulla resa definitiva dei pezzi l’ha avuto la dimensione live, non in termini di<br />

cambiamento effettivo, e cioè una sorta di ripensamento sulle dinamiche che<br />

costituiscono i pezzi, tutto ciò in base alla reazione del pubblico, ma dal punto<br />

di vista dell’approccio nella registrazione del disco, il feeling tra noi e il pubblico<br />

è stato fondamentale, ha trasmesso freschezza ed eccitazione alle registrazioni.<br />

Una sorta di prova generale, quindi. Sì, le volevamo suonare live prima di<br />

finirle. Un test in bilico tra la sensazione di perfezione che ti trasmette il disco<br />

e la provvidenziale provvisorietà del live, un gioco di rimandi che si rifletteva<br />

esclusivamente sul nostro mood, una sorta di condivisione ben diversa dal rinchiudersi<br />

per un anno nel nostro studio di registrazione, una sorta di bunker<br />

gradevole, tra fiori di plastica e famiglie al seguito.<br />

Mettersi in gioco e ritirarsi a meditare. Il nuovo disco è pronto, definitivo,<br />

non ci possono essere ripensamenti e così la scaletta del concerto di Gugliasco<br />

è incentrata soprattutto sui pezzi più antichi, calcando una sorta di best<br />

of, inframmezzata da piccoli inserti dal nuovo repertorio. E così, all’ombra del<br />

gigantesco centro commerciale, Slow riempie di groove e impulsi la scena,<br />

Tom Barman indiavolato con la chitarra saccheggia la folla. Sun Ra e Instant<br />

Street sono terreno di Pawlowski, a rilanciare ricami chitarristici per i cori dei<br />

mille di Gugliasco. La già citata Constant Now risuona già come un classico,<br />

pop e danzereccia al punto giusto, all’apparenza un outtake di Vantage Point<br />

in sostanza il nuovo singolo della band di Anversa; tutt’altro discorso per<br />

Ghosts (è solo la seconda volta che la suoniamo, quasi si giustifica Barman),<br />

fiacca e ridondante, ancora bisognosa di attenzioni in chiave live. Tra i bis,<br />

la tribalità diventata assordante di Dark Sets In, uno dei pezzi di punta di<br />

Keep You Close, futuri cori casalinghi a casa Pukkelpop, il tutto a lanciare<br />

l’apoteosi serpentina di Bad Timing e l’inno a sudare, l’immancabile Suds<br />

and Soda. Un’esibizione frastornante, kitsch, a rasentare l’esibizionismo più<br />

sofferente. L’ennesima dicotomia.<br />

A ben vedere, dalle premesse pomeridiane dell’affabile Pawlowski, una<br />

dimensione che ci ha contagiato, consentendoci un approccio più caldo nella<br />

scrittura dei testi e della musica di Keep You Close. Il risultato? La conferma<br />

della nostra indole, della nostra doppia anima. L’album può essere paragonato<br />

The Ideal Crash, con cui condivide lo stesso produttore, David Bottrill,<br />

e lo stesso taglio emozionale, come testimoniano la similarità delle due<br />

copertine del disco. Piccoli esempi, particolari che diventano associazioni.<br />

Pensavamo che una vecchia foto inglese – a ritrarre due scienziati intenti ad<br />

analizzare un fossile (il loro passato, ndr) - fosse semplificativa del nostro nuovo<br />

corso, smettiamola con queste inutili fotografie rock’n roll! Sono alla ricerca del<br />

passato, loro come noi, e quindi dell’armonia antica.<br />

non è Un paese per giovani<br />

Molte sono le suggestioni – se non le divagazioni – che dipingono e costituiscono<br />

il mondo dEUS. Il cinema (Any Way The Wind Blows) di Tom Barman.<br />

L’amore per la letteratura (amo alla follia il genio di David Foster Wallace) di<br />

Pawlowski, vedi i suoi viaggi in Italia con la meglio gioventù letteraria del Belpaese<br />

(Sandro Veronesi, Francesco Pacifico, Caterina Bonvicini, Paolo Giordano).<br />

A livello prettamente musicale, a testimoniare tutta quest’effervescenza<br />

belga, ci pensano i continui rimandi e le immancabili collaborazioni. Spicca,<br />

nell’ultimo album, la rivolta sentimentale di Twice, dove le voci di Barman e<br />

Greg Dulli diventano letteralmente tutt’uno. La differenza è indefinibile, il<br />

tutto raccolto da un epica senza possibilità. Tom e Greg Dulli si sono cercati e<br />

annusati a lungo. Poi per caso, l’incontro durante una pausa del tour con i Gutter<br />

Twins, inevitabile la proposta di collaborare nel nuovo disco, ai cori in Twice e in<br />

Dark Sets In. Il tutto è stato molto naturale, la sua grande voce ha fatto il resto.<br />

Il tutto si è risolto in paio d’ore di lavoro, molto intense e brillanti.<br />

Il discorso scivola inevitabilmente su Mark Lanegan, qualcosa sembra accomunare<br />

alcune delle sue atmosfere devastate con la direzione amara e<br />

predestinata (verso il buio) di Keep You Close. Pawlowski sorride, hai colto<br />

nel segno, lo ammiriamo molto, sarebbe molto interessante una collaborazione<br />

con lui. Riferimenti musicali inevitabili, e tra le possibili collaborazioni<br />

immaginarie e non? Tra i morti, senz’altro, James Brown e Fela Kuti. Tra<br />

i vivi, amo moltissimo il primo Franco Battiato, periodo Fetus, con lui sì, mi<br />

piacerebbe collaborare. Penso immediatamente all’immagine di un Battiato<br />

timorato che canta Energia durante la trasmissione RAI. Tutto è Pop. Il pop<br />

diventa maschera come il pubblico di Battiato, perso poi tra le divagazioni<br />

di Meccanica. Il pop ci mangia, e poi, ci digerisce? Siamo etichettati continuamente,<br />

ne siamo costretti e assuefatti da questa cultura. Siamo parte di un<br />

sistema senza giovani, sì, siamo costretti ad essere pop. C’è chi etichetta tutto,<br />

ma c’è chi non ne vuole fare parte.<br />

La bellezza è etichettabile? Sicuramente no, ma Il futuro dei dEUS è stato<br />

scritto, l’aspetto kitsch degli anni zero è stato ridimensionato, incastrato solo<br />

nel perimetro live, alla bellezza il resto.<br />

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