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RETROMANIA - Sentireascoltare

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Canta Lechuza è il nuovo disco di Roberto Carlos Lange, un ragazzo che<br />

tra gli svariati alias si fa chiamare Helado Negro e suona come se avesse<br />

passato la giornata a mangiare calippi di glo-fi e granatine di bossa nova in<br />

una spiaggia affollata del Sud America.<br />

Il missato suona fresco, lontano dalle candeggine pop del 2009 che oggi<br />

sarebbero improponibili. Dietro ci senti lo stile e l’esperienza di chi ha lavorato<br />

sodo per portare a casa un risultato personale, lontano dall’hypsteria e<br />

dalle mode. E’ il motivo principale per cui lo abbiamo contattato telefonicamente<br />

nella sua casa di Brooklyn in un pomeriggio caldissimo, con in<br />

testa le note di un cangiante mondo sonico capace di spaziare tra hip-hop,<br />

avanguardie varie, installazioni, ambient e art-pop.<br />

rooTs<br />

Roberto è subito accomodante e chiacchierone al telefono, quasi come se<br />

fosse lì con te a sorseggiare una limonata con zucchero e Martini bianco. Ci<br />

racconta di essere nato da genitori equadoregni che amavano la musica ma<br />

di essere cresciuto in Florida, a Miami. La musica che lo ha accompagnato<br />

lungo tutta l’infanzia è quella del suo Paese d’origine. Ce l’ho nel sangue, fa<br />

parte delle mie radici, afferma subito, aggiungendo che il padre faceva molto<br />

spesso delle feste a casa e invitava diversi musicisti a suonare cover o canzoni<br />

folk. I suoi genitori non erano musicisti, ma la musica equadoregna era parte<br />

della famiglia. Quando diventa adolescente, inizia però a rifiutare le radici.<br />

I Lange stanno a Miami, mica in Sud America, e nella città gira un sacco di<br />

musica elettronica, si iniziavano a sentire pezzi con le drum machines, sintetizzatori<br />

e campionatori. Quella roba, ci racconta, la passavano pure alla radio.<br />

E’ stata una grossa influenza.<br />

I primi passi Lange li muove in un misto di folk, anni Ottanta e macchine<br />

cheap, influenze che vengono riprese e traslate nei primi dischi a nome<br />

Boom & Birds (l’EP Confetti del 2004 e il full Camino de manos chuecas del<br />

2005): suoni hip-hop tagliati con l’elettronica intimista quasi viennese di<br />

Kruder & Dorfmeister (che avevano iniziato a sfondare con l’idea del downtempo<br />

di qualità bossato quasi un decennio prima). Il tutto abbastanza derivativo,<br />

ma comunque godibile. Un sound che nell’EP si collega anche alle<br />

atmosfere dei Tortoise (Sometimes Too Lucky) e nel full trova coerenza e<br />

compatta le idee di una stagione abbozzata, spunti e lampi di inizio millennio<br />

che scaldano le mani del ragazzo, derivati in gran parte dalle giustapposizioni<br />

di un altro mago dell’homemade electro: Luke Vibert.<br />

Bbreaking e tagli elettrici sono il pane quotidiano di una carriera<br />

all’insegna dei continui traslochi: Crescere in Florida ha influenzato le mie<br />

produzioni, ammette, ma è ad Atlanta dove ho imparato i fondamenti del soul<br />

e dell’r’n’b. Lì c’è un background black immenso e la comunità musicale nera<br />

è molto solida. Ho iniziato a collezionare dischi,campionarli, approfondito le<br />

mie conoscenze musicali sulla musica americana in genere dal blues al jazz.<br />

Roberto è orgoglioso di aver frequentato il Sud degli States e aggiunge<br />

una riflessione: molte volte a New York o Chicago si dice ci siano queste scene,<br />

ma i musicisti che le fanno provengono principalmente del Sud. Sun Ra era<br />

dell’Alabama, John Coltrane del North Carolina.<br />

epsTein<br />

A cavallo del nuovo millennio il ragazzo aveva già iniziato a pubblicare demo<br />

e tracce a nome Epstein. Il disco che raccoglie le prime registrazioni della sua<br />

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