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RETROMANIA - Sentireascoltare

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cioè creato interamente nuove attività possibili o nuove forme artistiche, ma<br />

hanno semplicemente reso grandemente più facili le cose che facevamo già<br />

nell’era analogica. Per esempio, l’iPod è uno strumento molto più capace e<br />

flessibile del walkman; il filesharing è la drammatica espansione del circuito<br />

di tape-trading che esisteva già negli anni Ottanta; i blog sono fanzine che<br />

puoi pubblicare molto più frequentemente di quanto era possibile fare ai<br />

tempi della carta e dell’inchiostro e che puoi distribuire in tutto il mondo e<br />

a costo zero. Anche Youtube è paragonabile al mercato che i fan di un particolare<br />

artista mettevano in piedi per scambiarsi le copie dei video con le<br />

sue apparizioni televisive in giro per il mondo. Per quanto riguarda il musicmaking<br />

e il dj-ing, le tecnologie digitali per lo più eliminano tutta la parte<br />

legata alla fatica e all’abilità tecnica, che erano necessariamente richieste nei<br />

contesti analogici: tagliare e montare nastri è stato sostituito dai software di<br />

editing e molte delle operazioni di deejaying più complesse e difficili adesso<br />

possono essere fatte in automatico dai programmi.<br />

Quello che vale davvero la pena di osservare sono le cose che prima<br />

erano inconcepibili e che adesso il digitale rende possibili. Il fatto di rendere<br />

tutto mostruosamente più semplice ed economico non è necessariamente<br />

un bene per la musica, perché porta ad un flusso di sovrapproduzione. Il<br />

fatto che oggi siano richieste molte meno capacità per creare musica apre i<br />

giochi a un sacco di persone che un tempo sarebbero state scoraggiate dalle<br />

difficoltà tecniche di base o dalle abilità richieste che non possedevano o<br />

dal tempo e dai soldi necessari da investire. E scoraggiare molte persone dal<br />

fare un disco sarebbe effettivamente una cosa utile.<br />

Boom bap vs. Hardcore continuum? – Nel 2009, 2tall (Jim Coles) e Kper<br />

(Laurent Fintoni) hanno pubblicato un mega-mixtape chiamato A Boom<br />

Bap Continuum (http://www.aboombapcontinuum.com), con il quale<br />

intendevano sintetizzare 10 anni, 1999-2009, di estetiche hip hop, una<br />

“evoluzione in continuità”, da Lootpack, Company Flow, Sound Providers,<br />

Busta Rhymes, passando per la rivoluzione di J Dilla (e Dabrye, Prefuse73,<br />

Madlib), fino a produttori come Paul White, Dam-Funk, Hudson Mohawke,<br />

Nosaj Thing, Harmonic 313 e pezzi come Wind It Up di Pritchard e Om’Mas<br />

Keith dei Sa-Ra, includendo anche artisti chiave del dubstep/grime come<br />

Kevin Martin (The Bug, King Midas Sound), Joker e Loeafah. L’idea è<br />

che l’hip hop si sia evoluto da una forma dominata dalla figura dell’MC<br />

e incentrata quindi sul rapping a una forma strumentale con al centro la<br />

figura del producer, ma mantenendo sempre e comunque il focus sulle<br />

sue radici funk, al di là di tutte le etichette di genere che sono state coniate<br />

nel tempo come glitch, wonky, abstract ecc. Fin dal titolo, la compilation<br />

sembra polemizzare con il tuo hardcore continuum, suggerendo che<br />

tu non abbia sottolineato a dovere l’influenza dell’hip hop nell’elettronica<br />

popular inglese e affermando che l’hip hop, oltre le manifestazioni più<br />

appariscenti, oltre il mainstream dei rapper milionari che dominano le<br />

charts, sia ancora una forma vitale e produttiva. Che ne pensi?<br />

È una prospettiva interessante oltre che un buon mix. Ci sono tantissime<br />

altre narrazioni musicali all’interno della musica beat-based che possono<br />

co-esistere con l’hardcore continuum. Non sono in competizione tra loro.<br />

C’è il continuum della trance, quello del gabber/Euro-hardcore, quello della<br />

house e così via. E si intersecano in alcuni punti particolari: per esempio,<br />

l’hardcore belga dei primi anni Novanta si interseca con entrambi i continuum<br />

hardcore/jungle e gabber. Ma è possibile riconoscere e seguire una<br />

linea unica lungo tutta questa intricata proliferazione di suoni.<br />

Non penso che il trip hop sia parte dell’hardcore continuum, ci sono<br />

punti dove si intersecano, in figure come Roni Size, forse. Ma molto trip<br />

hop è stato comunque grandioso - particolarmente Tricky e i Massive Attack<br />

- e la sua collocazione più giusta è proprio nel boom bap continuum.<br />

Le forme strumentali di trip hop, come quelle di Dj Vadim o della Ninjatune,<br />

appartengono a questa linea evolutiva. Il boom bap è un tipo particolare<br />

di hip hop che punta più sul movimento della testa che sul ballo vero e<br />

proprio, e questo calza a pennello al trip hop, che è sempre stato un genere<br />

incentrato su un groove lento e che richiedeva una predisposizione stoned,<br />

immersiva e contemplativa alla musica.<br />

L’idea che io non abbia mai sottolineato l’influenza dell’hip hop<br />

nell’elettronica inglese è però sbagliata. Sono stato anzi il primo giornalista<br />

a mettere in evidenza la sterzata breakbeat nella rave music, dicendo che<br />

si trattava della cosa più avventurosa e fruttuosa che stava accadendo alla<br />

dance inglese e che avrebbe portato a esiti molto più validi della progressive<br />

house e della trance che all’epoca stavano ricevevano anche troppa attenzione<br />

e consenso critico. L’hardcore breakbeat e la jungle sono stati proprio<br />

una conseguenza dello scontro tra hip hop, house music e reggae. Ma, guardando<br />

all’essenziale, l’hardcore è stato soprattutto una questione di fast rap.<br />

I Public Enemy sono stati un’enorme influenza per tutti i b-boy inglesi che<br />

si stavano sintonizzando sulla acid house diventando dei raver. Agli Shut<br />

Up and Dance, pionieri dell’hardcore, piaceva definirisi “fast rap group”. E i<br />

Public Enemy non hanno mai fatto boom bap, erano più che altro una raffica<br />

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tricky

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