RETROMANIA - Sentireascoltare
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houSEmEiStEr - muSiC iS aWESomE (boyS<br />
noizE, maggio 2011)<br />
Genere: electro-house<br />
Una delle ipotesi probabili è che quel matto di Housemeister<br />
abbia finalmente capito l’importanza di una<br />
struttura portante solida. Una questione che finora il<br />
ribelle producer berlinese non sembrava essersi posto:<br />
prima in Enlarge Your Dose (2006, voto: 6.4/10) e poi nel<br />
successivo Who Is That Noize (2008, voto: 6.1/10) a tenere<br />
banco erano state le sue ossessioni anarchiche, volte<br />
a mettere ogni cosa in discussione, sovrapporre stratificazioni<br />
ed esagerare la complessità. Un gusto nerd che<br />
pagava il prezzo dell’artefazione, trasformando un mix<br />
potenzialmente giocoso e naif in eccentriche operazioni<br />
a rischio autoreferenzialità.<br />
Music Is Awesome non stravolge il metodo, sia chiaro: le<br />
sferragliate electro sputano ancora sopra al ritmo mirando<br />
alla dissonanza noise (vedi The Little Robotman<br />
o nBaxx, insieme al compagno di follie Boys Noize) e i<br />
trattamenti 8bit rimangono la soluzione privilegiata per<br />
agevolare il groove (nella giusta misura, come in Feed<br />
The Robots o Clarisse). Eppure questa volta Martin Böhm<br />
lascia intendere di voler rinunciare in parte all’immagine<br />
spiritata per angolare efficacemente la fruibilità d’ascolto.<br />
Ne derivano piccoli ma importanti spiragli di novità,<br />
come un più equilibrato rigore electro-house che non<br />
forza il lato rave (una Rapide risulta affine a certe proposte<br />
di Mathew Jonson), una certa cura per le irrinunciabili<br />
simmetrie dance (Schnee Von Gestern) e un rallentamento<br />
dei ritmi mentre si studia l’approccio al nu-rave (Music Is<br />
Awesome sta bene dietro ai Digitalism).<br />
Non sarà esattamente una rivoluzione, ma una buona<br />
sorpresa sicuramente sì.<br />
(6.6/10)<br />
Carlo aFFatigato<br />
houSSE dE raCKEt - aléSia (KitSuné muSiC,<br />
agoSto 2011)<br />
Genere: pop rock<br />
I francesi Housse De Racket arrivano al secondo album,<br />
e la faccenda si sposta di poco rispetto al precedente<br />
Forty Love del 2008. Confermato quel giocoso indie-rock<br />
da autoradio facilmente godibile per chi già apprezza<br />
nomi come Kooks e Phoenix, con la hit Roman che non<br />
sfigura di fronte alla precedente Oh Yeah. Gli inserti elettronici<br />
sono previsti dalla ricetta anche perché fan tanto<br />
pop (Human Nature, Château) e qualche traccia di neopsichedelia<br />
light (Ariane) non ostacola le ambizioni del<br />
gruppo: Mtv li ha già adocchiati, ora tocca al marketing...<br />
(6/10)<br />
Carlo aFFatigato<br />
hudSon mohaWKE - Satin panthErS Ep<br />
(Warp rECordS, agoSto 2011)<br />
Genere: wonky<br />
Ross Birchard torna a pubblicare e lo fa con un EP veloce,<br />
colorato, hi-energy: in una parola, estivo. Enfant<br />
prodige della scena wonky, HudMo si mantiene fedele<br />
ai propri elementi di riconoscibilità (l’enfasi sul ritmo,<br />
la tavolozza di colori smaltati, il clash di elementi) declinando<br />
adesso l’amore per i breakbeat e per i sample<br />
vocali spezzati e pitchati in salsa più marcatamente footwork.<br />
Cinque pezzi per un quarto d’ora di durata totale,<br />
in free streaming sul canale Youtube dell’artista fino al<br />
giorno dell’uscita fisica del disco (qui invece la snippet<br />
preview, ancora disponibile).<br />
Octan è la intro, sfarfallio spacey alla Xevious ad libitum;<br />
Thunder Bay il singolo di cui avevamo già dato notizia,<br />
un frullato irresistibile di Timbaland, Flying Lotus, Supermario,<br />
nu-rave e footwork appunto; Cbat è un interludio<br />
ragga strumentale che fa pensare a A Milli di Lil<br />
Wayne, rullante secco e campanellino in levare; All Your<br />
Love punta agli anni Ottanta, opportunamente dopati<br />
alla sua maniera con una tastieraccia house stonata e<br />
tom tom tribali in primo piano; Thank you, ancora su<br />
breakbeat footwork, con dentro un tripudio di rullante<br />
che manco una marching band e inciso aperto con intrico<br />
di tastiere.<br />
(6.9/10)<br />
gabriElE marino<br />
idaho - you WErE a diCK (talitrES rECordS,<br />
SEttEmbrE 2011)<br />
Genere: slow-core<br />
Malgrado una carriera quasi ventennale, Jeff Martin ancora<br />
non ha il riconoscimento di cui dovrebbe godere.<br />
Perché è vero che si tratta dell’ennesimo songwriter - un<br />
californiano di studi classici nascosto dietro uno tra i più<br />
quieti stati dell’unione - a elogiare la lentezza, pure resta<br />
degno di interesse uno stile personale anche a fronte<br />
di evidenti somiglianze con Mark Eitzel (però meno<br />
sofferto e drammatico) e ai meno esangui Red House<br />
Painters (in ogni caso degli Idaho pressoché coevi).<br />
Come che sia, Jeff pare contento del riconoscimento<br />
puramente underground garantito da una decina di<br />
apprezzabili dischi giocati tra passi rallentati e chitarre<br />
meste (eccezione il più muscolare Three Sheets To The<br />
Wind del ’98), echi di Neil Young e ballate pianistiche<br />
raccolte senza disperazione.<br />
Malinconia di fine estate che scalda cuore e mente tramite<br />
canzoni da camera e cameretta che occasionalmente<br />
escono a dare un’occhiata al mondo e che all’appello<br />
mancavano da The Lone Gunman, primo frutto del<br />
contratto con la Talitres risalente a sei anni fa. Nulla di<br />
cambiato frattanto, se non che maturità e classicismo<br />
raffinano viepiù uno slow core romantico e avvolgente<br />
da artigiano colmo di classe e gusto. Ti scopri a farlo<br />
girare più volte, a lodarne la compattezza d’insieme e<br />
centellinare l’acidula title-track, gli acquerelli The Happiest<br />
Girl, Reminder e Flames, la raffinatezza dolente di<br />
Weigh It Down e quella invece briosa in Waited For You<br />
o Up The Hill, l’intimismo che sorregge The Setting Sun.<br />
Da tenere a portata di mano.<br />
(7/10)<br />
gianCarlo turra<br />
impoSSibili - SEnza ritorno<br />
(autoprodotto, giugno 2011)<br />
Genere: punk<br />
Per chi avesse voglia di gustarsi un punk di quelli senza<br />
pretese, suonato con distorsioni a manetta e i più<br />
semplici giri armonici, il nuovo disco dei veterani del<br />
punk milanese Impossibili fa più che al caso loro. Senza<br />
ritorno è un lavoro che venti anni fa avrebbe raccolto<br />
sicuramente consensi maggiori. Oggi dire qualcosa di<br />
nuovo sul punk non è facile né gli Impossibili sembrano<br />
volerci provare, confezionando, piuttosto, un album<br />
che dal vivo potrebbe regalare una divertente serata<br />
agli aficionados ma nulla più. La furia rabbiosa di brani<br />
come Utopia, Paura di reagire, Multinazionali, hanno il<br />
sapore della nostalgia più che dell’invettiva. Nostalgia<br />
per un mondo, una generazione, che sapeva veicolare<br />
attraverso un genere il rifiuto di regole, limiti, stereotipi<br />
e quant’altro. Ma il mondo e le generazioni sono<br />
cambiate.<br />
Ci si arrabbia con molto meno e forse non ci si arrabbia<br />
neanche più. Un punto senza ritorno, per l’appunto, ma<br />
tant’è. Molto affascinante invece il trittico dedicato alla<br />
figura della donna composto da Alice, Laura e Ilaria. Araya<br />
(voce, chitarra), Ale (basso, cori) e Davide (batteria)<br />
hanno indubbiamente personalità e esperienza da vendere.<br />
Trasuda tutto da questo disco, autoprodotto come<br />
ormai accade da diversi anni per uno dei più longevi<br />
gruppi del punk italiano. Ma il tentativo di rispolverare<br />
vecchi mood proto punk non basta allo storico gruppo<br />
meneghino per andare oltre una stentata sufficienza,<br />
meritata comunque per la costanza e la precisione mostrata<br />
anche in questo lavoro. Tutto però suona di già<br />
sentito, quando va bene, di vecchio, se va male. Poco<br />
convincente anche la cover di Voglio vederti danzare.<br />
Battiato è già di suo estremamente punk, perché provare<br />
a emularlo?<br />
(6/10)<br />
gianluCa lambiaSE<br />
Jim o’rourKE - old nEWS # 5 (EditionS mEgo,<br />
giugno 2011)<br />
Genere: elettroacustica<br />
Vive di opposti, Jim O’Rourke? In qualche modo, se una<br />
persona fa di tutto, tocca anche gli estremi, che rimangono<br />
sempre più impressi nelle menti più che gli altri<br />
punti del continuum. Jim ci ha abituato a un ritmo di<br />
lavoro e a una frequenza di pubblicazione molto alta,<br />
prima, a lunghe pause, nel mentre, e oggi a un ritorno<br />
sui giradischi degli appassionati del noise, dell’elettroacustica,<br />
della musica sperimentale in uscita dai Novanta.<br />
Old News # 5 è il primo capitolo, sebbene sembri il<br />
quinto, di una serie di uscite per l’austriaca Mégo, posizionato<br />
sull’altra faccia della luna rispetto a The Visitor,<br />
piuttosto volto a seguire un andirivieni nel passato e<br />
nel presente degli esperimenti sui nastri di O’Rourke.<br />
Quattro brani che viaggiano dalle recentissime produzioni<br />
fatte dalla nuova base di Tokyo del compositore<br />
fino a risalire ai primi anni Novanta. E la regola sembra<br />
essere l’attrazione e la valorizzazione reciproca dei contrasti.<br />
Zero compromessi in Detain the Man to Whom,<br />
del 1992, noise elettroacustico massimalista e diretto.<br />
Ma, prima ancora, Jim ci rapisce con un tocco di nastri<br />
che accenna vie di fuga tonali quasi da primi minimalisti<br />
(Pedal & Pedal), maturità da manuale e piacere puro per<br />
chi ama il genere.<br />
Mother and Who, la fibrillante traccia che chiude il disco,<br />
e copre l’intero lato D, inizia invece con un delirio alla Alvin<br />
Curran, con sottofondo di timbri acutissimi che perforano<br />
le orecchie di coloro che sono ancora in grado<br />
di udirli. Eppure ciò che ci aspetta è una suite di switch<br />
on / switch off tra una nota e il tema che si origina da<br />
essa. Perfetto correlativo oggettivo, in definitiva, della<br />
musica di O’Rourke, maestro di tecnica elettroacustica<br />
e padrone degli sbalzi. Cogliamo l’esca e attendiamo<br />
con buone aspettative le prossime puntate della serie.<br />
(7.2/10)<br />
gaSparE Caliri<br />
JoliE holland - pint oF blood (anti-,<br />
giugno 2011)<br />
Genere: folk, americana<br />
L’avevamo lasciata ben cinque anni fa Jolie Holland con<br />
un disco che prometteva bene. Oggi torna nello studio<br />
casalingo accompagnata dai Grand Chandeliers: gli amici<br />
di sempre Shazad Ismaily al basso e Grey Gersten alla<br />
chitarra e in più il cameo straordinario di Mark Ribot<br />
nel downtempo blues di The Devil’s Sake.<br />
Se ai primi ascolti il disco può sembrare un po’ troppo<br />
derivativo e formalmente statico, col passare dei minuti<br />
(e probabilmente dei loop), si scopre come la texana<br />
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