RETROMANIA - Sentireascoltare
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Nei primi mesi del 2007 la metro di Londra è tapezzata di manifesti di<br />
questi ossuti ventenni carichi di occhiaie. Gli Horrors sono il gruppo del<br />
momento, quello che tutti vogliono vedere dal vivo e che nella capitale<br />
britannica riempie le pagine delle free press.<br />
L’entusiasmo dei molti va di pari passo allo scetticismo dei più. Non bisogna<br />
essere troppo smaliziati per capire che band così pesantemente connotate<br />
a livello di suono e immagine, si bruciano velocemente, facili prede di hype<br />
vampirici, di quelli che ti succhiano prospettive e forze e ti lasciano senza<br />
coscienza sul pavimento di una scena musicale cinica e iperscrutabile.<br />
Solo qualche mese prima un amico me ne parla in termini entusiastici<br />
in occasione della prima calata italiana: “Devi vederli, sembrano i Morlocks<br />
intenti ad eseguire il repertorio dei Jesus And Mary Chain”. Aggiunge che le<br />
ragazze che facevano la fila di fronte al camerino della band non erano esattamente<br />
(per quantità e qualità) quelle che alle nostre latitudini accolgono<br />
i negletti gruppi revivalisti.<br />
In effetti la pesante ombra del glamour li pedinava dalla loro formazione,<br />
avvenuta non molto tempo prima. Spider Webb (al secolo Rhys Webb)<br />
gestisce lo Junk Club di Southend e nonostante la giovane età, è un’autentica<br />
eminenza in campo 60s garage e freakbeat; oltre ad essere un fanatico<br />
collezionista di rarissimi 7’’, organizza serate a tema che diventano in breve<br />
uno degli appuntamenti più cool in città. E’ qui che inizia a fare comunella<br />
con quattro abituali frequentatori. “Joshua (Hayward, chitarrista) ed io lavoravamo<br />
da un macellaio - ricorda il cantante Faris Badwan - Joe (Spurgeon,<br />
batterista) e Tom (Cowan, bassista) lavoravano invece in un mattatoio.” Ecco<br />
in parte spiegata la natura efferata del progetto.<br />
Ad appena due settimane dalla nascita gli Horrors tengono il loro primo<br />
concerto. “Abbiamo eseguito cinque pezzi. Sapevamo a malapena suonare gli<br />
strumenti”. Due di quei cinque pezzi sono The Witch dei Sonics e Jack The<br />
Ripper di Lord Screaming Sutch, ma a colpire nel segno non è tanto la<br />
musica, quanto la compattezza di immagine per cui optano, qualcosa che li<br />
distingua immediatamente all’interno della congestionata scena britannica,<br />
una specie di versione gotica e vittoriana dei Music Machine. Le premesse<br />
per l’hype ci sono tutte. Ed è a questo punto che arriva anche la musica.<br />
Gli Horrors iniziano ad infilare una sequenza mozzafiato di singoli dal suono<br />
rovinoso: il fuzz arrugginito, le stilettate di Vox e i feedback a profusione<br />
generano un magma sonoro su cui Badwan urla come un orco delle fiabe<br />
sull’orlo di una crisi isterica. Per il primo Sheena Is A Parasite (centocinquanta<br />
secondi di chitarra che stride come le unghie di Freddy Krueger sul ferro)<br />
viene anche girato un video, affidato al regista Chris Cunningham, in cui il<br />
premio Oscar Samantha Morton è posseduta da fremiti soprannaturali che<br />
la scuotono al ritmo osceno del brano. Roba da brividi.<br />
Nei primi mesi del 2007 tutto sembra pronto per accogliere l’esordio della<br />
band più chiaccherata dal tempo degli Oasis. Possono le fantasie sinistre<br />
di un gruppo di giovani perpetuarsi per la durata di un intero LP? Strange<br />
House vince la scommessa anche se di misura. Come a voler chiarire da<br />
subito i propri intenti, i cinque aprono l’album proprio con Jack The Ripper<br />
e lo infarciscono di un garage rock da cavernicoli, gravido di atmosfere cimiteriali<br />
trascinatesi a noi dai recessi più oscuri dei 60s. Una carcassa sonora<br />
intrisa di incrostazioni wave, capaci di sedurre con le atmosfere decadenti<br />
dei Bauhaus e quelle dolenti dei Birthday Party.<br />
Lo scarto da tanti act revivalisti è affidato ad una produzione moderna,<br />
frutto del lavoro di ben cinque produttori (fra cui spiccano i nomi di Alan<br />
Moulder, Jim Sclavonous e Rick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs) e di un uso<br />
dello studio che fa tesoro della passione della band per la musica dance<br />
(“Nella nostra collezione troverai parecchia roba acid house e drum and bass”<br />
affermava in quei giorni Cowan). Non manca neanche l’eco del recente New<br />
Rave, grazie ad un organo Acetone usato come una vera e propria arma<br />
contundente.<br />
A rafreddare gli entusiasmi è una certa uniformità di fondo e la sensazione<br />
che quello degli Horrors sia un progetto studiato a tavolino. Sono loro<br />
stessi ad accorgersene con un filo di amarezza: “Pensiamo che la gente non<br />
riesca a credere che una band vestita così possa interessare qualcosa della musica”.<br />
Ecco allora che la trasformazione ha inizio.<br />
A marzo del 2009 sul sito degli Horrors fa la comparsa un video di austera<br />
bellezza diretto dall’ex Jesus And Mary Chain Douglas Heart. Sea Within A<br />
Sea mostra la band trasfigurata in un contesto da happening psichdedelico:<br />
è il nuovo inizio e al tempo stesso il superamento del discorso fin qui intrapreso<br />
dal quintetto britannico. Divisa rigidamente in tre sezioni (intro<br />
metronomico alla NEU!, parte centrale wave-gaze e coda electro pop), la<br />
canzone è un manifesto programmatico della durata di quasi dieci minuti<br />
che non ha ancora trovato eguali all’interno della discografia horrorifica.<br />
Dentro c’è tutta la smania art pop dei nuovi Horrors.<br />
Primary Colours, irrompe qualche mese più tardi con le sue folate chitarristiche<br />
che si innalzano come dense spirali di fumo, le tastiere boreali che<br />
saturano i colori e sfocano ritmiche e melodie. Si tratta del più entusiasmante<br />
mix fra post punk, psichedlia e kraut rock sia ascoltato da tempo, un suono<br />
emozionante e cerebrale che pretende di essere ascoltato e assimilato. Ci<br />
sono ancora sporadici assalti dal grottesco piglio horror (in particolare su<br />
New Ice Age) ma sembrano solo echi del recente passato. Il centro nell’album<br />
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