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RETROMANIA - Sentireascoltare

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R e a r v i e w M i r r o r<br />

— s p e c i a l e la mano del diavolo<br />

Forse perché in posizione minoritaria (non più del 10%<br />

della popolazione usa la mano sinistra) sono sempre stati<br />

considerati “altri”, e perciò temuti e messi ai margini. Di<br />

certo c’è che i mancini sono sempre stati storicamente<br />

considerati “diversi” e la storia è piena di pregiudizi, credenze<br />

e proibizioni relative all’uso della mano sinistra.<br />

La cosiddetta “mano del diavolo” era in passato quella<br />

associata agli “invertiti”, ai “rovesciati”, ad una devianza<br />

dagli schemi antropologici prestabiliti. A pensarci bene,<br />

anche l’etimo stesso del termine rimanda ad aspetti negativi,<br />

siano essi gli aspetti avversi o sfavorevoli, o come<br />

Starfuckers<br />

Sinistri per forza di cose...<br />

Una delle formazioni più ostiche e coraggiose della sperimentazione “rock” italiana<br />

torna con la ristampa del primo, lontano esordio. Ripercorriamone la storia<br />

con Manuele Giannini e Alessandro Bocci.<br />

Testo: Stefano Pifferi<br />

sinonimo di incidente, disastro, sciagura. In tempi recenti,<br />

però, i mancini hanno avuto la loro rivincita venendo<br />

rivalutati in maniera positiva come creativi e originali.<br />

Diversi, ma accettati.<br />

Non è pertanto un caso che sia proprio “sinistri” il termine<br />

che spesso e volentieri ha toccato trasversalmente<br />

la storia degli Starfuckers. Dal titolo del loro album del<br />

1994 che li consacrò come i più avanguardistici ricercatori<br />

sonori larvatamente rock presenti sul territorio italiano,<br />

fino alla decisione di ribattezzarsi definitivamente<br />

come Sinistri, con la maiuscola questa volta, avvenuta<br />

un decennio più tardi, quando l’ingresso in formazione<br />

del compianto Dino Bramanti ne spostava ancor di più i<br />

labili confini sonori verso l’elettronica di ricerca e la musica<br />

concreta…<br />

Una parentesi, quella a nome Sinistri, tra le tantissime<br />

che si sono sempre aperte e chiuse nella storia della<br />

band italiana, con un procedimento per sottrazione che,<br />

invece che impoverire ha arricchito lo spessore artistico<br />

e concettuale della parabola Starfuckers.<br />

Di queste ellissi è costellato un percorso discografico<br />

caratterizzato da un sentire musicale “altro” rispetto a<br />

canoni e definizioni comuni. Spazi (deformati e destrutturati)<br />

che sembrano chiudersi ma che si legano alle<br />

riaperture successive: il rock che vira verso la sperimentazione,<br />

la sperimentazione che muove verso la ricerca,<br />

la ricerca che si sposta verso la non-musica e il silenzio<br />

concettuale. Il tutto in maniera sempre coerente e coesa,<br />

apparentemente senza strappi, come se si potesse<br />

idealmente tirare un filo lungo tutta una discografia e<br />

scioglierla come farebbe un prestigiatore dopo averla<br />

annodata ritrovandosi tra le mani un percorso lineare<br />

ed unico.<br />

Ardore e irrequietezza nella ricerca sonora sono, insomma,<br />

le peculiarità del nucleo principale del progetto.<br />

Ma anche lucidità di intenti e programmatica ideologia<br />

vogliono la loro parte. Manuele Giannini (chitarre), Roberto<br />

Bertacchini (batteria) e Alessandro Bocci (elettro-<br />

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