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RETROMANIA - Sentireascoltare

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maria minErVa - CabarEt CixouS (not not Fun, agoSto 2011)<br />

Genere: weirDness Disco-pop<br />

L’universo delle musiche weird aggiunge ogni mese nuove latitudini alla sua caleidoscopica geografia.<br />

Stavolta tocca all’Estonia, una tra le più piccole repubbliche baltiche dell’ex URSS, mostrarci i suoi<br />

gioielli. Maria Minerva, all’anagrafe Juur, è una piacente 23enne trapiantata a Londra dove comincia a<br />

trafficare, complice l’attività di stagista da Wire, con musiche “altre” tanto che tempo qualche mese ce<br />

la ritroviamo a pubblicare addirittura con Not Not Fun, l’isola più freak dell’arcipelago weird di questo<br />

scorcio di millennio.<br />

Cabaret Cixous non è in realtà l’esordio tout court, perché sempre per NNF la nostra ha rilasciato la tape<br />

Tallin At Down, mentre l’outfit 100% Silk marchiava un 12” dal titolo Noble Savage. Roba al confine tra<br />

disco e weirdness psych con un retrogusto da “famolo strano”, per formati, artwork, immaginario, giustamente<br />

trattata nel nostro spazio Gimme Some Inches.<br />

Ora la bella stagista si presenta con questo full-length vinilico e rinnova la<br />

tradizione del clash culturale della label con un riuscito mix di cultura pop<br />

alta e bassa in nome di disco-music bislacca, psichedelia soffusa e reverie<br />

post-hypnagogic. Sì, perché la chiave di lettura delle musiche contenute in<br />

Cabaret Cixous è proprio quel senso di torpore e di sfocata percezione che<br />

abbiamo avuto modo di notare spesso ultimamente, soltanto applicato qui<br />

ad una forma avant-pop, accattivante e ricercata, della disco-music. Ne esce<br />

una sensuale mistura di spectral disco, beat sostenuti e fumose ambientazioni, tutto fatto in casa, nella<br />

cara cameretta-simulacro dell’under-25 medio. Roba in apparenza sciatta ma che invece riluce come le<br />

strobo o la mirrorball del nostro immaginario a furia di raga spacey increspati da dubbose cavernosità<br />

(Once Upon), acid-jazz etno-sensuale (Ruff Trade), new-age electro tutta bagliori e oblio (Lovecool), postchill-out<br />

ritmato (I Luv Ctrl), quasi tutti impreziositi dalla voce sensuale e provocante di Maria (vedere/<br />

ascoltare il censurato video del numero soft-disco-porno Soo High per la riprova).<br />

Nel mixtape per Fact Mag c’è modo di entrare un po’ più nel profondo nel background di una tipa abbastanza<br />

agguerrita, che a citare tutto ciò che viene in mente non basterebbe un articolo. Qualcuno ne<br />

ha parlato, e non a torto, come se i Throbbing Gristle o Chris & Cosey avessero fatto il loro album r’n’b<br />

del XXI secolo. D’altronde, it’s the “net generation”, baby. Prendere o lasciare.<br />

(7.4/10)<br />

StEFano piFFEri<br />

tali), sia sempre più spesso la sensibilità dell’artista a<br />

fare la differenza.<br />

(7.4/10)<br />

StEFano piFFEri<br />

onE Sixth oF tommy - EVErything\’S oK<br />

(hElium, SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: pop folk<br />

Oramai va così, anche nel mondo del folk: ci si fa notare<br />

a un talent show (vedi il compagno di scuderia Sam<br />

Brookes) oppure ci si incontra a un workshop nel fine<br />

settimana. Gli insegnanti ti chiedono per esercizio di<br />

scrivere una canzone. A loro pare funzionare davvero<br />

e la spediscono a un’etichetta: eccoti servita la nuova<br />

band pop-folk pronta a infrangere i cuori dei maschietti,<br />

composta com’è da sole ragazze.<br />

Tutte polistrumentiste e tutte autrici, Jordan Martin,<br />

Jorja Bates e Joanna Grennan vengono dalla countryside<br />

inglese, ma il loro sound affonda le radici nel cantautorato<br />

americano in salsa folk, declinandolo in fresche<br />

tonalità pop da tune radiofonico. Le tre si muovono<br />

con discreta disinvoltura tra il suono tardo 90s di Lene<br />

Marlin (The Pact), pruriti springsteeniani (Not Listening)<br />

filtrati Arcade Fire e Tegan And Sara, ballate soffuse<br />

(I’m Still Yours, For Always) che ricordano Emiliana Torrini<br />

e Polly Paulusma, midtempo solari (The Pact) e<br />

sottolineati da armonie vocali sempre delicate e aeree<br />

(Cotton Pockets).<br />

Canzoni semplici e caramellose basate su pianoforte e<br />

chitarra acustica, giusto un po’ sporcate di sintetizzatori,<br />

perfette per prolungare l’estate di qualche mese. Difficile<br />

che ce ne ricorderemo a primavera.<br />

(6.4/10)<br />

marCo boSColo<br />

orEn ambarChi/Jim o’rourKE - indEEd<br />

(mEgo, giugno 2011)<br />

Genere: experimental<br />

Oren Ambarchi e Jim O’ Rourke ci devono aver preso<br />

gusto a lavorare assieme. Dopo Tima Formosa di un<br />

anno fa, i due si ritrovano per dar vita a Indeed. Sebbene<br />

Ambarchi abbia dimestichezza con i suoni pesanti<br />

per la sua ormai consolidata collaborazione con i Sunn<br />

O))) e O’ Rourke abbia attraversato fasi noisy, sembra<br />

che fosse Keiji Haino l’elemento perturbatore nel disco<br />

precedente.<br />

In Indeed Ambarchi e O’ Rourke lavorano tutto di silenzi<br />

e di vuoti a imbastire flebili tessiture su spazi bianchi. La<br />

prima facciata (il disco è disponibile solo in vinile) inizia<br />

con lapilli eruttivi di synth e chitarra che si spengono<br />

lentamente in un placido stagno in cui gocciolano note<br />

lievi e soffuse. Il secondo lato prosegue sulla falsariga<br />

del primo alzando a tratti le frequenze atmosferiche su<br />

tuoni acuti e disarmonici. Pur non essendo un disco per<br />

tutte le orecchie, l’oltre mezz’ora di sperimentazione di<br />

Indeed risulta fruibile ad un pubblico più vasto dei soli<br />

appassionati del genere. Un lavoro che non sorprende<br />

ma in grado comunque a tratti di catturare.<br />

(6.8/10)<br />

FranCESCo aSti<br />

paul KalKbrEnnEr - iCKE WiEdEr (paul<br />

KalKbrEnnEr muSiK, giugno 2011)<br />

Genere: berlin techno<br />

Visti con gli occhi del presente, i dischi dell’ascesa Zeit e<br />

Self suonano tanto come l’affilatura preparatoria delle<br />

armi techno e minimal. Quelli erano gli anni dei “lavori<br />

di ottima qualità”, ma la dimensione da star di cui gode<br />

oggi Paul Kalkbrenner è esplosa di fatto con il riuscitissimo<br />

progetto Berlin Calling, il film diretto da Hannes<br />

Stöhr che lo ha visto nel ruolo di protagonista principale<br />

(un dj berlinese che cerca di sfondare) e soprattutto autore<br />

della (lo diciamo a denti stretti) strepitosa colonna<br />

sonora. Tralasciando il privilegio di esser stato scelto tra<br />

tanti per un’opportunità tanto ambiziosa e stimolante<br />

(conquista ottenuta per merito: Stöhr era stato conquistato<br />

proprio da Self), il film aprì al grande pubblico<br />

un ampio squarcio del mondo clubbing berlinese, e la<br />

soundtrack fu il picco irripetibile con cui Kalkbrenner<br />

vergò la lettera d’amore per la propria città, realizzando<br />

il mix perfetto di malinconia deep ed entusiasmo notturno<br />

peculiare dell’ambiente tedesco.<br />

Dopo averne sollevato il coperchio, oggi il dj tedesco è<br />

determinato a dar fondo alla pentola d’oro (sarebbe stato<br />

sciocco non farlo) e le nuove produzioni della neonata<br />

Kalkbrenner Musik vanno proprio in questa direzione:<br />

il 2010 - A Live Documentary, registrato nei backstage<br />

delle tappe del suo ultimo tour, e il nuovo lavoro in studio<br />

stanno puntando tutto a disegnarsi come oggetti<br />

di culto della techno germanica. Icke Wieder vuole dunque<br />

bissare il successo di Berlin Calling giocando sugli<br />

stessi punti di forza: livelli di produzione da urlo, rifiuto<br />

di formule di ascolto articolate o innovative e brani a<br />

presa immediata, pescati a mani nude dalla club culture<br />

metropolitana e precisi tanto nel trasmettere la sadness<br />

cittadina quanto nell’esaltarne la piega dancey.<br />

Difficile negare come un’apertura come Boexig Leise, coi<br />

suoi 4/4 di decadenza autunnale, sia esattamente quello<br />

che il pubblico si aspetta da Kalkbrenner. E anche brani<br />

come il singolo Jestruepp o Sagte Der Baer incarnano il<br />

volto più elegante e suggestivo della techno made in<br />

Berlin, in cui durezza industriale e assetto geometrico<br />

rispondono in assonanza alle esigenze liberatorie della<br />

metropoli moderna. Quella di ripetere un capolavoro<br />

forgiandone un gemello è però impresa (quasi) impossibile,<br />

e il risultato è che il disco si imbatte a tratti in<br />

pantani di manierismo, soprattutto nel suo versante<br />

techno-core: con Schnakeln o Des Stabes Reuse l’ascolto<br />

inciampa su combinazioni semplici e statiche, in cui<br />

l’assenza di una spinta creativa mette in risalto l’animo<br />

poco coraggioso dell’album. Sono imperfezioni che è<br />

possibile mimetizzare in opere di fattura impeccabile<br />

(e Icke Wieder rientra in questa categoria) ma che non<br />

si possono eliminare totalmente.<br />

In una strada battuta da tutti in lungo e in largo ci sono<br />

solo due modi per mettersi in vista: cercare la novità, o<br />

perfezionare uno stile già formato. Negli ambienti techno<br />

teutonici, della prima via si sta occupando Kadebostan;<br />

Kalkbrenner ha scelto la seconda e merita ancora<br />

grande rispetto, a patto che si fermi prima di toccare il<br />

fondo della ripetitività. Lui ha la nostra fiducia a tempo,<br />

noi un altro disco da tenere in loop perpetuo.<br />

(7/10)<br />

Carlo aFFatigato<br />

primuS - grEEn naugahydE (ato, SEttEmbrE<br />

2011)<br />

Genere: crossover<br />

Una dozzina di anni senza brani nuovi per Les Claypool,<br />

se è della sua “creatura” più nota e geniale che parliamo.<br />

98 99

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